Il buono, il brutto e il cattivo della comunicazione interna

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Tavolo e sedie di una sala riunioni aziendale

A livello organizzativo, sia che si tratti di un’azienda o di un’associazione di volontariato, la comunicazione interna è l’unica attività in grado di creare una cultura di valori condivisi. Non ci sono aree smart che tengano, con tanto di biliardino, tavoli da ping-pong e attrezzi ginnici vari, per costruire una squadra è necessario incontrarsi, condividere, imparare. In una parola, comunicare.

Il brutto di tutta la faccenda è che, nella maggior parte dei casi, si considera la comunicazione interna (per essere più espliciti, le riunioni di staff) uno spreco di tempo. Una sorta di momento disfunzionale ai flussi operativi dell’organizzazione, sempre alle prese con una caterva di urgenze ed emergenze ormai considerate la normalità. Già questo modus operandi dovrebbe far scattare una serie di allarmi sul perché non si riesce mai a pianificare un fico secco. Del resto, è risaputo come sia molto più facile dare la colpa alla tirannia del tempo, piuttosto che alle proprie fallaci dinamiche funzionali.

Le riunioni interne vengono generalmente vissute in due modi differenti:

  • un’occasione per farsi gli affari propri (lo smartphone è sempre a disposizione), con tanto di coffee break gentilmente offerto dall’azienda;
  • un tempo, spesso indefinito, durante il quale non si decide nulla ed è assente qualsiasi traccia di resoconto su quello che si è discusso.

Per farla breve, l’impressione molto consolidata è che la riunione piaccia solo a colui o colei che l’hanno convocata. Amen.

Questo succede per svariati motivi, tutti presenti contemporaneamente. Ma la madre di tutte le battaglie (perse) è la sistematica mancanza di un ordine del giorno vero e proprio che, anche quando esiste, viene sguainato all’insaputa dei partecipanti. La tragica conseguenza è che alla fine ci si ritrova con una maggiore complessità. Come si dice, le riunioni interne fatte male hanno sempre un problema per ogni soluzione.

Poi, per non farsi mancare il tombolone finale, ecco arrivare l’alzata d’ingenio del voto. Come se, tirando una riga fra vincenti e perdenti, si potesse anche aumentare il senso di responsabilità individuale. Mettere al muro le persone, evitando così il confronto, fa solo degenerare il clima (probabilmente già pesante) che si respira in azienda.

Nessuno ha il coniglio magico da estrarre dal cilindro, pur tuttavia il riconoscimento del valore strategico delle riunioni interne è il primo passo verso una loro effettiva utilità.

La percezione del valore

Ma come si riesce a far percepire questo valore? Se ai collaboratori viene impedita – formalmente o informalmente – la possibilità di incontrarsi, contingentando, a volte, anche gli accessi al bagno, è del tutto naturale che poi le stesse persone siano irritate quando vengono “convocate” in una riunione. La conseguenza, anche questa naturale, è che poi si mettano “di traverso”, covando in maniera più o meno esplicita la vendetta.

È proverbiale come il pesce cominci sempre a puzzare dalla testa. L’immediata realtà di questo fenomeno è che le organizzazioni pullulano di capi e scarseggiano di leader. Complice la tecnologia che, per carità non ha nessuna colpa, oggi i manager sembrano inchiavardati alle loro scrivanie. Infatti, pochi sono quelli che, messa da parte la “comodità” delle mail, si alzano e vanno a parlare di persona con i loro collaboratori (anche superare l’etichetta di “dipendenti” crea valore).

Camminare all’interno dell’azienda era del tutto naturale in epoca pre-internettiana. Poi, la rete, ancorché invisibile, ha creato delle fortezze fisicamente difese da porte chiuse, presidiate da segretarie con l’ingrato ruolo di respingenti.

La cultura della “porta aperta”

Gli incontri estemporanei, invece, appartengono alla cultura della “porta aperta” che va di pari passo con lo sviluppo di un sistema collaborativo basato sulla conoscenza. La comunicazione, che lo si voglia o no, è sempre bidirezionale.

Iniziando dal presupposto, peraltro mai scontato, che a tutti sia noto il motivo per cui partecipano alla riunione, va da sé che anche gli aspetti organizzativi facciano parte della sostanza.

La mia modesta esperienza mi porta a dire che, soprattutto in contesti dove le riunioni (maldestre) hanno creato più danni che vantaggi, togliere le sedie e discutere stando in piedi, potrebbe aiutare a rivoluzionare il format della fantozziana sala riunioni e rendere questi incontri più produttivi. La novità è sempre un fattore che aumenta l’interesse.

A parte l’immediata entrata in campo di tutti e tre i livelli comunicativi, la percezione che si ricava è sostanzialmente una continuità con i presupposti della “porta aperta”, generando un meccanismo di dialogo più attivo e partecipato. Meno distrazioni, più concentrazione e maggiore condivisione.

Per farla breve, le connessioni fra le persone sono il cuore e l’anima di qualsiasi organizzazione. Se da un alto, l’ordine del giorno, preventivamente condiviso, rappresenta il timone formale della riunione interna, dall’altro, la replica di ciò che potrebbe verificarsi attorno alla macchinetta del caffè, abbassa le difese e apre a inedite linee di comunicazione.

E il meeting report? L’onnipresente lavagna a fogli mobili diventa la superficie di “dialogo” sulla quale, a più mani e a più menti, prendono vita le immagini, i pensieri e le risoluzioni adottate.

Foto di Benjamin Child

Sommario
Il buono, il brutto e il cattivo della comunicazione interna
Titolo
Il buono, il brutto e il cattivo della comunicazione interna
Descrizione
Senza comunicazione non esisterebbe nessuna organizzazione. Purtroppo, molto spesso le riunioni maldestre fanno più danni che altro.
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Sergio Gridelli Blog
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Categorie: Coaching

Di Sergio Gridelli

Sono nato e vivo a Savignano sul Rubicone (FC), una piccola città della Romagna attraversata dal fiume che segnò i destini di Roma. PERCHÉ LO FACCIO Ho sempre pensato che l’impronta di ciascuno di noi dipenda da un miscuglio di personalità e di tecnica. Se questi due ingredienti sono in equilibrio nasce uno stile di comunicazione unico, subito riconoscibile fra tutti gli altri. Perché in un mondo tutto marrone, una Mucca Viola si vede eccome! COME LO FACCIO Aiuto le persone a trovare le motivazioni che le rendono uniche. Non vendo il pane, vendo il lievito. COSA FACCIO Mi occupo di comunicazione aziendale e della elaborazione di contenuti per il web. Curo i profili social di aziende e professionisti. Tengo corsi sulla comunicazione interpersonale, il public speaking, il marketing digitale e su come realizzare presentazioni multimediali efficaci.

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