La scrittura non è più quella di una volta

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Una macchina da scrivere coperta da piante verdi.

Al netto di una miriade di altre faccende, la scrittura è quella cosa che, più di ogni altra, mi fa avvertire la distanza generazionale. Non mi riferisco tanto alla sponda professionale, quanto a quella che oserei definire “scrittura di sopravvivenza”, ovvero i testi del quotidiano, dal piccolo (sempre più piccolo) componimento scolastico alle mail aziendali.

Ormai da tempo immemore abbiamo elaborato il lutto per la scomparsa del congiuntivo, morto e sepolto soprattutto per causa della mancanza di ogni forma di dubbio (è sufficiente un giro sui social per rendersene conto), e oggi stiamo mandando in soffitta, se non direttamente in discarica, tutta la teoria della punteggiatura. Quando è stata l’ultima volta che nelle comunicazioni “di servizio” avete visto un punto e virgola o anche solo una virgola al posto giusto?

I nuovi strumenti sono istantanei, quasi un testa a testa con la velocità del pensiero. Si saltano in questo modo a piedi pari tutte le regole della parola scritta. Evidentemente, il buon vecchio scrivere è stato derubricato ad anticaglia da boomer.

Per queste ragioni, è deflagrato in un autentico boato di giubilo l’arrivo delle “nuove” intelligenze artificiali in grado di organizzare informazioni ed eseguire numerose attività di scrittura. Una manna dal cielo per coloro che ogni tre per due venivano traditi dal subdolo T9.

Il livello raggiunto dalle macchine che generano testi “dal nulla” è sbalorditivo e nemmeno io nascondo il mio stupore, intriso anche di preoccupazione per tutta una serie di professioni che potrebbero sparire da un giorno all’altro.

Tuttavia, ogni trasformazione, ancorché violenta e repentina, genera sempre dei contesti ibridi, in cui i vetusti residuati umanistici si meticciano con le nuove possibilità tecnologiche, dando così luogo a inediti territori da esplorare e da rimescolare a loro volta. Quindi, nessuna demonizzazione di ChatGPT, ma nemmeno il suo innalzamento a una sorta di moderno Oracolo di Delfi.

Allo stato delle cose, e per quanto ci è dato di conoscere, l’inimitabile imperfezione umana dovrebbe ancora garantirci per un po’ la possibilità di distinguere fra generazione automatica di un testo e la sua costruzione bio-elaborata.

È tutta una questione di sfumature

Se c’è una cosa che ha sempre distinto i robot dagli umani, è senza dubbio la generazione di emozioni. Forse, un giorno, anche questa barriera verrà infranta, ma per ora “tutti quei momenti che andranno perduti nel tempo, come lacrime nella pioggia” lasciamoli a Roy Batty, il replicante di Blade Runner.

Fin qui, lo ripeto, stiamo maneggiando intelligenze più simili a delle content factory che a sistemi sovrapponibili in tutto e per tutto all’empatia umana.

Ed è proprio quest’ultima che metterà alla prova le intelligenze sintetiche sulle dicotomie che tratteggiano, anche nelle costruzioni umane sgrammaticate, il significato di divertente rispetto a serioso, di superficialità in confronto a concretezza di rispetto in paragone a irriverenza.

È evidente che le IA potranno avvalersi di scale binarie per adattare il loro tono (stile compreso) a una situazione specifica, pur tuttavia sembra lontano il tempo in cui l’errore, non intenzionalmente prodotto, possa manifestarsi dentro o sopra le regole quelle regole algoritmiche.

Bisogna avere il caos dentro di sé per partorire una stella danzante”, Friedrich Nietzsche batte ancora (per il momento) il computer uno a zero.

L’output è nulla senza un input pensante

Per quanto potenti, le intelligenze artificiali lasciano giocoforza sullo sfondo l’esperienza. Cioè, quel miscuglio di storie, di sentimenti, di fallimenti, che costellano ogni esistenza umana.

In altri termini, quella risultante di valori comportamentali che differiscono da persona a persona, ovvero l’unicum che, allo stato delle cose, continua a fare la differenza fra una cellula biologica e un bit artificiale.

Foto di Shelby Miller

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La scrittura non è più quella di una volta
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La scrittura non è più quella di una volta
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Le nuove intelligenze artificiali stanno insidiando l'esistenza di professioni ritenute prettamente umane. Dobbiamo preoccuparci?
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Sergio Gridelli Blog
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Di Sergio Gridelli

Sono nato e vivo a Savignano sul Rubicone (FC), una piccola città della Romagna attraversata dal fiume che segnò i destini di Roma. PERCHÉ LO FACCIO Ho sempre pensato che l’impronta di ciascuno di noi dipenda da un miscuglio di personalità e di tecnica. Se questi due ingredienti sono in equilibrio nasce uno stile di comunicazione unico, subito riconoscibile fra tutti gli altri. Perché in un mondo tutto marrone, una Mucca Viola si vede eccome! COME LO FACCIO Aiuto le persone a trovare le motivazioni che le rendono uniche. Non vendo il pane, vendo il lievito. COSA FACCIO Mi occupo di comunicazione aziendale e della elaborazione di contenuti per il web. Curo i profili social di aziende e professionisti. Tengo corsi sulla comunicazione interpersonale, il public speaking, il marketing digitale e su come realizzare presentazioni multimediali efficaci.

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