Da qualche tempo, con intermittenze più che altro dettate dai miei sobbalzi emotivi, sono alla ricerca di una teoria che, dentro la formazione, tenga insieme la tecnica, l’attenzione e, soprattutto, la memoria.
Forse, mi rendo conto, è addirittura esagerato parlare di un sistema dottrinale compiuto. Tuttavia, quello che avverto è la necessità di una comunicazione “di profondità”, in grado di farsi persistente, e quindi attivarsi nel momento opportuno.
Certo, la formazione professionalizzante ha anche altre sfide più immediate da affrontare, come ad esempio il nuovo paesaggio di senso costituito dai corsi in remoto, ma il perno centrale (online e in presenza) è rappresentato dalle tracce che rimangono nella mente dei discenti dopo i nostri insegnamenti.
Perché, anche con tutte le attenuanti del mondo, la responsabilità dell’apprendimento è sempre in capo al docente. Non esiste dire “non mi hanno capito”, al contrario la domanda giusta e inevitabile è “ho fatto tutto il possibile per farmi capire?”.
E allora, se dopo 8 ore di corso l’aula si ricorda a mala pena solo il nostro nome, credo che abbiamo un problema molto serio, a meno che non vogliamo ridurre la formazione aziendale a un mero processo economico. Una sorta di paravento di un sistema che esiste solo per se stesso.
E così, dopo aver trasformato le teorie in giochi a interazione continua, mi sono reso conto che mancava ancora qualcosa. In un’economia del sapere, dove l’acquisizione rapida e continua di nuove competenze è il nuovo petrolio, è più che mai decisivo allenare la memoria.
Ripetere, ripetere, ripetere
Ho notato che, specie nei corsi che prevedono molte ore (oltre 20), la ripetizione degli argomenti da una sessione all’altra facilita “l’assorbimento” dei concetti cardine. Per questo motivo dedico sempre la prima mezz’ora – o più, secondo le necessità – di ogni tornata al dialogo con l’aula sugli aspetti salienti della volta precedente.
Così facendo, mi sono accorto che molte “schegge” di conoscenza rimangono, ma si presentano in ordine sparso. La ripetizione aiuta ad assemblarle in maniera più organica.
Il quarto d’ora finale
Se l’inizio di ogni lezione la dedico al ripasso, allo stesso modo lascio gli ultimi 15 minuti alla riflessione individuale. Ovvero, invito ciascuno dei partecipanti a scrivere almeno tre argomenti che li hanno incuriositi.
Oltre a lavorare sulla memoria (il mio pallino fisso), non è raro che da questo esercizio scaturiscano idee inedite o, che va bene ugualmente, critiche e perplessità.
Tutte le volte che costringiamo il cervello a “scavare” dentro i suoi anfratti più profondi, ecco che ci appaiono “magicamente” nuove connessioni.
Fammi capire, semplicemente
Il modo migliore per imparare e memorizzare qualsiasi argomento è riuscire a spiegarlo a qualcun altro.
Al termine di ogni concetto, chiedo sempre di suddividerlo nelle sue unità essenziali e di renderlo comprensibile anche a un bambino di 6 anni o a un extraterrestre che è appena arrivato sulla terra.
Quando dobbiamo farci capire senza equivoci dagli altri, non facciamo altro che rafforzare le nostre capacità di ritenzione mnemonica. In sostanza, la nostra memoria funziona bene quando “fa vedere” chiaramente i collegamenti fra i vari puntini che la compongono.
Quando la memoria mostra i suoi muscoli
È esperienza comune smettere di apprendere qualcosa, cui eravamo anche molto interessati, perché a un certo punto ci sfugge lo scopo.
Quante volte abbiamo iniziato un corso di inglese per poi desistere dopo poche lezioni? Sicuramente, ognuno di noi ha nella sua bacheca una bella serie di mezzi trofei.
Quando c’è uno scollamento fra la formazione e la sua applicazione pratica, succede che l’aula si trova immersa nella nebbia più fitta, senza più nessun punto di riferimento.
In questi casi, nella migliore delle ipotesi, gli studenti si fermano aspettando una schiarita che, non è difficile intuirlo, arriverà solo quando terminano le ore del corso.
Ecco perché è fondamentale che il trasferimento della teoria avvenga su un terreno noto a coloro che devono assimilarla.
Quanto sarebbe più efficace, riprendendo l’esempio appena fatto, imparare l’inglese studiando un manuale che tratta della nostra passione più grande (cucina, programmazione, running)?
Vuoi per routine o per esperienza, tutti hanno memoria del loro campo professionale. Allora, si tratta solo di innestare qui “nuove memorie” che, insieme a quelle già consolidate, fanno vedere con occhi nuovi ciò che si è sempre fatto, per farlo meglio.