Famiglia, salute, lavoro e tutto il resto. Per quanto ci impegniamo a “incasellarli” in una dimensione gestibile, non cessano mai del tutto di essere fonti di preoccupazione e ansia.
Praticamente, siamo sempre alla continua ricerca di un centro di gravità permanente che ci faccia ritrovare le stelle fisse del nostro faticoso cammino. Lo facciamo tutti, ma raramente troviamo la capacità di astrazione momentanea da quello che ci sta succedendo, per osservare con distacco la nostra traiettoria nel mondo.
Più facile a dirsi che a farsi. Occorrerebbe avere gli occhi di uno straniero e, con quelli, fermare il tempo di una realtà alienante che, a conti fatti, non ci appartiene nemmeno.
Tutte le preoccupazioni hanno un limite
Quando ci attende qualcosa che fa deragliare il nostro tran tran quotidiano (un esame, un impegno, una decisione) la preoccupazione si impossessa di noi e, come ben sappiamo, tendiamo a esagerare i possibili esiti negativi.
Nonostante, e sappiamo anche questo, l’apprensione che ci ha paralizzato per giorni si riveli molto spesso alquanto sovradimensionata. Ovvero, superato l’evento “angosciante”, ci accorgiamo che tutto sommato gran parte del nostro turbamento era ingiustificato.
In queste situazioni c’è solo una domanda che può sbloccare tutto: qual è il punto massimo della mia preoccupazione?
Dando un limite alla preoccupazione, ecco che improvvisamente si verifica una sorta di “riqualificazione” dei pensieri. È come se da quel momento la mente prendesse coscienza dell’esistenza di un perimetro con un dentro e un fuori.
In sostanza, c’è un’alternativa al continuare a scavare dentro il tormento che ci affligge. È un nuovo spazio che, spostando l’attenzione su altre cose, ci permette di preoccuparci meno o, se si vuole, in maniera più razionale.
Tutte le preoccupazioni si possono descrivere
Le preoccupazioni sono forti fino a quando rimangono rinchiuse dentro il nostro cervello. È come se, stando al suo interno, cercassimo la via d’uscita di un labirinto.
Quanto sarebbe più facile trovare il percorso giusto se potessimo osservare il labirinto dall’alto?
Nel nostro caso, elevarsi significa prendere carta e penna e (de)scrivere tutte le nostre inquietudini. Già pensare di fare questo esercizio, ci fa avvertire una specie di decompressione della mente, una sorta di leggerezza da svuotamento.
Ma non solo. Dare un nome e una dimensione alle preoccupazioni, costringe il cervello a uscire da quel perimetro in cui scaviamo e ci arrovelliamo. Si tratta di appunti che non dobbiamo condividere con nessuno, pertanto freghiamocene della “bella scrittura” e concentriamoci esclusivamente sul risultato.
In questo modo, avremo fatto un censimento “ragionato” delle preoccupazioni che non possiamo cambiare perché al di fuori del nostro controllo diretto (la minima parte) e di quelle che invece possiamo risolvere direttamente (la stragrande maggioranza).
Tutte le preoccupazioni hanno un tempo
Le preoccupazioni che ci accompagnano da molto tempo, soventemente sono il frutto della nostra inazione quotidiana.
“Vorrei dimagrire”. Bene! Comincia a consumare tutti i giorni dei pasti meno calorici.
“Mi sento appesantito”. Bene! Comincia a fare un paio di corsette alla settimana.
“Il mio lavoro non mi soddisfa”. Bene! Comincia a fare ordine nelle tue capacità e cerca da subito nuove opportunità.
I baobab prima di diventar grandi cominciano con l’essere piccoli.
È esatto! Ma perché vuoi che le tue pecore mangino i piccoli baobab?
Be’! Si capisce, mi rispose come se si trattasse di una cosa evidente.
E mi ci volle un grande sforzo d’intelligenza per capire da solo questo problema.
Anche le preoccupazioni nascono piccole, come i baobab de Il Piccolo Principe. Tutto sta nel cominciare ad affrontarle giorno dopo giorno, prima che si verifichi lo scenario peggiore.
Tutte le preoccupazioni sono circolari
Il criceto corre come un matto dentro la sua ruota, senza rendersi conto che si stanca tantissimo e non avanza di un centimetro. È vittima di un’illusione, la stessa che si impossessa di noi quanto percepiamo un tormento.
Ma noi, a differenza del piccolo roditore, possiamo decidere di muoverci anche in altre direzioni. Se la “nostra ruota” è il divano sul quale adagiamo le nostre ansie, per interrompere il ciclo non dobbiamo fare altro che alzarci. E per “alzarci” intendo letteralmente fare esercizio fisico, ma funziona anche la lettura di un buon libro o il rinnovato interesse per una nostra vecchia passione.
In ogni caso, tutto serve per allentare la tensione e aumentare il benessere. Ciò ci fa capire che possiamo avere il controllo dei nostri pensieri perché, come continua a ricordarci il buon Schopenhauer, la realtà è una forma di rappresentazione che ognuno di noi modella con i propri stati d’animo.