Quante email ricevete ogni giorno? Di queste, quante ne cancellate senza nemmeno aprirle? Tante o poche che siano, comportano comunque un dispendio di tempo. Un paio di anni fa, il giornalista di Panorama Ernesto Ciorra aveva empiricamente calcolato uno spreco di tempo pari a un’intera settimana lavorativa all’anno.
Al di là di un evidente problema di gestione/organizzazione di questo (ancora) usatissimo sistema di comunicazione, la domanda è perché cestiniamo valanghe di email senza nemmeno degnarle di uno sguardo?
Non bisogna avere studiato a Harvard per comprendere al volo come il primo responsabile sia l’oggetto stesso della email. Alla stregua del titolo di un articolo o di un post, l’oggetto di un messaggio di posta elettronica ha un solo compito: ottenere l’apertura della email, né più né meno.
1. Personalizzazione
Tutti i giorni, quanti messaggi impersonali riempiono la nostra casella di posta? Evidentemente, non sono queste le comunicazioni che ci fanno letteralmente sobbalzare sulla sedia. Anzi, con tutta probabilità, non esitiamo a mandarle alle ortiche in un battibaleno.
Al contrario, cosa succede se vediamo scritto il nostro nome nell’oggetto della email? Semplice, ci sentiamo in qualche modo al centro dell’attenzione e cresce in noi il desiderio di approfondire il contenuto.
2. Diamoci del tu
“Noi stessi” è probabilmente la cosa che ci interessa di più. Per questo motivo, tutte le volte che per vari motivi è impossibile inserire il nome del destinatario nell’oggetto, è preferibile adottare l’escamotage del “tu”. Alla stessa stregua, vanno valutate con molta attenzione le parole chiave da inserire nell’oggetto. Stante l’avanzamento degli e-commerce, i “vecchi” capisaldi della persuasione (“esclusivo”, “offerta”, “risparmio”), oggi si arrendono di fronte al micidiale “Consegna gratuita”.
3. Sesso, sangue e soldi
L’eterna legge delle tre “S” del giornalismo funziona anche quando dobbiamo confezionare un oggetto efficace per le nostre email. Sicuramente, per qualche ragione psicologica, gli esseri umani sono predisposti (alcuni, addirittura ossessionati) a prestare attenzione alle cattive notizie o, in subordine, a quelle che lasciano comunque presagire il peggio.
“È incredibile quello che è successo a…”, in termini di richiamo dell’attenzione dà il giro a “Grande notizia per…”.
4. Stai sul pezzo
Una maniera molto efficace per stimolare la lettura di una email è quella di raccontare una storia che è già nella testa del destinatario. Grossolanamente, è sufficiente monitorare le tendenze sui social media per costruire un oggetto di una email più performante rispetto a uno generico.
Tuttavia, se vogliamo essere ancora più “chirurgici” diventa inevitabile cogliere gli interessi specifici del nostro interlocutore. Più agevolmente che in passato, oggi possiamo farci un’idea di chiunque scandagliando gli hashtag che utilizza, i contenuti che condivide, i dibattiti cui partecipa.
Resta, in ogni caso, un lavoro complesso, ma si viene ripagati in termini di maggiore attenzione. Perché alla gente, come è facile sperimentare di persona, piace parlare delle cose di cui vuole parlare.
5. Fare le domande giuste
Il meccanismo della domanda è noto. Una frase (nel nostro caso, un oggetto) con un punto interrogativo innesca un processo mentale di “chiusura dell’anello”. Tuttavia, non tutti hanno il medesimo approccio motivazionale circa, per esempio, i contenuti di una newsletter. Ci saranno quelli spinti da un interesse professionale (“Sei in regola con la nuova normativa sulla sicurezza del lavoro?”), altri più orientati all’approfondimento (“Com’è cambiata la normativa sulla sicurezza del lavoro?”), infine a una parte interesserà l’aspetto dell’inchiesta (“Perché in Italia si muore ancora sul lavoro?”).
In questi casi, una mailing list aggiornata e mirata fa una grossa differenza per quanto riguarda i tassi di apertura.
6. Dove sei e cosa fai?
Certi momenti della giornata si dimostrano migliori rispetto ad altri per quanto concerne l’invio delle email. In base alle occupazioni professionali dei nostri interlocutori è buona norma prevedere un’adeguata “temporizzazione” degli invii. È vero che le email, a differenza dei post sui social, godono del favore della permanenza, ma se si ricevono decine e decine di messaggi ogni ora l’attenzione finisce per spostarsi inevitabilmente su quelli più “freschi”.
Ovviamente, se il nostro potenziale pubblico è distribuito su scala mondiale, anche il fuso orario va tenuto in debita considerazione.
7. Info chi?
In termini di personalizzazione, oltre all’oggetto, fa la sua parte anche l’intestazione del mittente. I vari “info”, “amministrazione” e “segreteria” chiocciolaqualcosa non reggono il confronto, in termini di empatia, con email aziendali costituite dal nome e cognome dei rispettivi responsabili di reparto.
A questo proposito, è interessante l’esperimento condotto da HubSpot. La company, che si occupa di analisi web e marketing online, ha testato l’invio del medesimo contenuto con due differenti tipologie di intestazioni: una generica aziendale, l’altra con il nome e cognome di un responsabile del team marketing. Nel primo caso, il tasso di click-through è stato dello 0,73%, mentre è salito allo 0,96% (+292 click) per la email con l’intestazione personalizzata.
8. Curiosi come scimmie
“Come fare per…” è sempre un buon incipit per dare soddisfazione alla continua ricerca di soluzioni tese a risolvere grandi o piccole sfide. Non è un caso che i vari consigli passo-a-passo siano fra i contenuti più condivisi in rete.
9. I numeri, ancora loro
Gli elenchi numerati sono irresistibili. E c’è una ragione precisa: comunicano al potenziale lettore cosa lo attende. In particolare, e questo è quello che a noi interessa, gli fanno percepire che l’apertura della email in questione non sarà per lui una scocciante perdita di tempo.
10. Tutti artisti (o quasi)
Un oggetto è per lo più confezionato utilizzando lettere e numeri. Esistono, tuttavia, anche una serie di simboli con i quali possiamo dare sfoggio alla nostra creatività. “Decorare” l’oggetto di una email con le frecce <>, le parentesi quadre [] o quelle tonde () non rappresenta un mero vezzo stilistico, al contrario determina una sorta di eccezionalità visiva che, nel mare dell’omogeneità, invita l’occhio a soffermarsi.
(Photo by Matti Mattila)