“Solo che oggi per me è una giornata particolare, lo sai? È come un sogno, quando… quando vuoi gridare e non… e non ci riesci perché ti manca il respiro. Poi hai voglia di parlare, parlare, parlare! Te ne accorgi, vero? (…) Senti, perché non ci ridiamo sopra? Piangere… si può farlo anche da soli, ma ridere… bisogna essere in due”. È il grido silenzioso che un magistrale Marcello Mastroianni (Gabriele) imprime alla rivoluzionaria pellicola di Ettore Scola.
Ogni giornata, in un certo senso, è particolare a modo suo. Ci sono quelle che capisci subito l’effetto che produrranno, e altre, forse la maggioranza, che se ne stanno lì buone buone in attesa che un presente, anche lontano di anni, si accorga di quella memoria mai del tutto sbiadita.
È in quel momento che la dittatura dell’io lascia il passo a una visione collettiva di noi stessi. Cioè, cessiamo di essere isole illusoriamente sufficienti, e diventiamo arcipelaghi di relazioni interdipendenti. Luoghi della mente che si traducono in esperienze nel mondo reale dei valori, delle discriminazioni, delle privazioni.
In tutto questo c’è sempre la mancanza di conoscenza a non farci comprendere l’effettiva portata delle trasformazioni che, per l’appunto, ignoriamo. Il sapere è quella cosa che ci permette di uscire dal nostro mondo “perfetto” e ci dà invece gli strumenti per vedere un altro mondo, quello di tutti.
Purtroppo, viviamo con il pilota automatico perennemente inserito. Ma le mappe si aggiornano di continuo, e se non ci siamo mai posti delle domande sulla geografia delle relazioni sociali, ecco che la “modalità predefinita” del pensiero ci fa smarrire. Così, finiamo per perderci dentro noi stessi, accontentandoci di non mettere più in discussione nessuna delle ipotesi a cui siamo tanto affezionati. Generalizziamo, semplifichiamo, naufraghiamo.
Che giornata sarebbe quella in cui all’improvviso sparissero tutte le parole? Particolare, di certo. Ma ci spingerebbe a mettere in discussione i limiti di pensare un certo tipo di mondo che, giocoforza, non sarebbe più solo quello esclusivamente nostro. In questo caso, avremo bisogno di rimparare a condividere e tenere conto di tutti i mondi. Chiamarsi fuori non servirebbe a nulla, tanto meno a noi.
Tutte le volte che rinunciamo al nostro ruolo di persone civili inserite nel complesso reticolo interconnesso delle relazioni sociali, perdiamo anche un pezzo della nostra libertà.
La storia ha sempre preso una brutta piega quando il diritto alla partecipazione è stato banalizzato, sbeffeggiato, eluso. Soprattutto quando a farlo sono stati gli stessi che avrebbero ottenuto i maggiori vantaggi per la tutela dei loro diritti.
“E gli alberi votarono ancora per l’ascia, perché l’ascia era furba e li aveva convinti che era una di loro. Perché aveva il manico di legno.” (Proverbio turco)
Foto di Eugene Lagunov