L’altra faccia (quella giusta) della formazione

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Negli ultimi giorni, complici le attività di volontariato cui dedico buona parte del mio tempo libero, mi sono ritrovato a tenere un corso di formazione sull’uso del computer a persone che non l’avevano mai visto prima di quel momento.

Inutile dire che nell’occasione la conoscenza preliminare del pubblico assumeva una grande importanza, se non addirittura un ruolo fondamentale per il buon esito di questa (per me) nuova esperienza in ambito formativo.

La prima cosa con cui ho dovuto fare i conti durante la definizione della traccia degli argomenti è stato il superamento della zona del “dare per scontato”. Facile dire “raccontalo come lo spiegheresti a un bambino”, ma più approfondivo i contenuti e più mi rendevo conto che, solo per fare un esempio fra i tanti, il doppio click non è assolutamente “naturale” e così facile da eseguirsi per chi non ha mai visto un mouse.

Dopo aver riempito un intero cestino con i miei schizzi appallottolati, ho capito che la chiave di tutto non era la tecnica. Chi si occupa di formazione ripete spesso una specie di mantra a se stesso e agli altri, salvo poi ingranare la quarta e fregarsene allegramente. Mi riferisco all’atteggiamento di assoluto rispetto che bisogna avere per il pubblico, non solo come espressione di buona educazione, ma soprattutto come faro per l’esposizione del proprio livello di conoscenze.

Non esistono cose facili e cose difficili, esistono cose che sappiamo fare e cose che non sappiamo fare (che però la curiosità ci stimola a imparare). Pertanto, dopo innumerevoli false partenze, preso per mano da Socrate, mi sono incamminato sulla strada del “so di non sapere”, nella consapevolezza che nemmeno il più grande dei luminari sa mai tutto di tutto.

Così, mi sono prefissato di creare una situazione fra pari in cui il mio saper “governare” le finestre del desktop aveva lo stesso valore di scambio del mio non sapere innestare un melograno o cucire una rete da pescatore.

Slide sì o slide no? Mi rendo conto di avere una deformazione che mi porta automaticamente a traslare qualsiasi contenuto in forma di immagini e titoli. Tuttavia, per la platea che mi sarei trovato di fronte poteva essere questo l’approccio giusto? Si sente dire spesso (e a ragione) che le slide devono emozionare, ma nel contesto in questione sarebbero state “un di più” poco efficace, dal momento che la vera emozione era lui, il computer in quanto tale.

Pertanto, ho deciso di adottare la modalità dell’imparare facendo. Non una relazione, piuttosto un dialogo (con le relative interruzioni) sui come e sui perché. In questo modo, le definizioni di hardware e software non sono state affrontate nella loro cifra tecnicistica, ma solamente per quelle cose importanti da sapere quando si va ad acquistare un computer.

Una scoperta fatta sul campo ha riguardato la superiorità del gioco nei meccanismi di apprendimento. Dopo aver illustrato e fatte provare le varie funzionalità del mouse (tasto sinistro, tasto destro, click singolo, doppio click, rotellina centrale, etc.) mi sono reso conto quanto fosse problematica la coordinazione mano-puntatore per la maggioranza dei presenti.

In effetti, il solo esercizio di spostare un’icona sul desktop non aveva in sé alcuna spinta motivazionale. Elemento, quest’ultimo, che invece è esploso lanciando la sfida con uno dei tanti solitari di carte. Lo scopo finale del gioco, conosciuto da tutti, si è rivelato come lo strumento più giusto per fare prendere dimestichezza con il mouse.

Questa situazione mi ha ricordato le mie prime impacciatissime lezioni a scuola guida. La gestione contemporanea del cambio, dei tre pedali, dei segnali stradali mi sembrava qualcosa di sovrumano e praticamente impossibile da imparare. Pur tuttavia, volevo assolutamente quella agognata patente e questo è stato sufficiente per trasformare la mia forte determinazione in risultati.

Cosa ho imparato da questa esperienza? Al di là di aver conosciuto delle persone speciali che probabilmente non avrei mai incrociato nelle mie usuali traiettorie professionali, ho colto il senso più autentico dei corsi di apprendimento. Per quanto possiamo essere preparati sui nostri argomenti, la formazione è sempre un’attività bidirezionale. È questo il luogo dove tutti imparano, anche chi pensa di essere lì solo per insegnare.

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Categorie: Coaching

Di Sergio Gridelli

Sono nato e vivo a Savignano sul Rubicone (FC), una piccola città della Romagna attraversata dal fiume che segnò i destini di Roma. PERCHÉ LO FACCIO Ho sempre pensato che l’impronta di ciascuno di noi dipenda da un miscuglio di personalità e di tecnica. Se questi due ingredienti sono in equilibrio nasce uno stile di comunicazione unico, subito riconoscibile fra tutti gli altri. Perché in un mondo tutto marrone, una Mucca Viola si vede eccome! COME LO FACCIO Aiuto le persone a trovare le motivazioni che le rendono uniche. Non vendo il pane, vendo il lievito. COSA FACCIO Mi occupo di comunicazione aziendale e della elaborazione di contenuti per il web. Curo i profili social di aziende e professionisti. Tengo corsi sulla comunicazione interpersonale, il public speaking, il marketing digitale e su come realizzare presentazioni multimediali efficaci.

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