“E d’un tratto capii che il pensare è per gli stupidi, mentre i cervelluti si affidano all’ispirazione…”. Il discutibile protagonista di Arancia meccanica, Alexander DeLarge, pare non avere dubbi: il colpo di genio è un elemento distaccato dal pensiero. Con tutto il rispetto per il compianto Stanley Kubrick e il suo film distopico, non credo che le cose stiano effettivamente così.
L’ispirazione, come del resto la capacità d’improvvisazione, viene sollecitata dalla conoscenza, non necessariamente accademica. Più cose sappiamo e più è facile che prendano vita percorsi, interconnessioni, mescolanze di saperi che si traducono (apparentemente in maniera istantanea) in intuizioni originali.
Probabilmente, è il suo manifestarsi esteriormente dal nulla che ci fa pensare (già, pensare) all’ispirazione come a qualcosa di extra-riflessivo.
Quando ammiriamo meravigliati la fluente capacità di taluni scrittori, ce li immaginiamo seduti distrattamente da qualche parte e appena la musa dà loro un colpetto sulla spalla, immediatamente imbastiscono trame fantasiose, creative, estrose.
Per questo motivo siamo portati a mitizzare chiunque abbia queste abilità. Pur tuttavia, gli scrittori mitici esistono solo in un luogo: nella nostra mente. I capolavori letterari, ma anche la meraviglia (e, talvolta, l’invidia) che proviamo di fronte all’attitudine di alcune persone di saper scrivere su qualsiasi argomento, sono nientemeno che il risultato di giacimenti di conoscenza sedimentati e continuamente arricchiti.
C’è un tratto comune che unisce lo scrittore professionista a colui che si limita a “giocare con le parole”: l’esperienza. Mio nonno sapeva raccontare, quasi fosse un romanzo, i giorni accecanti della guerra e io mi immedesimavo, ci vedevo dentro i miei eroi fantastici, costruivo nuovi paesaggi di senso. A parte la grammatica, in quel tempo ero anch’io uno scrittore ispirato.
L’ispirazione non è un’opzione. Certo, ci sono storie meglio riuscite di altre, ma dovendo scrivere tutti i giorni non si può pensare che ciò avvenga perché si accende autonomamente, e casualmente, l’interruttore dell’ispirazione. L’ispirazione va ricercata, immaginata e, per tutto quello detto finora, anche costruita.
Come gran parte delle faccende umane, anche l’ispirazione è figlia di un perché. Perché scriviamo? Le ragioni sono pressoché infinite, eppure siamo in grado di circoscriverle in tre grandi macro sistemi: per lanciare sfida (a noi stessi e agli altri), per raccontare una storia (la nostra o quella di tutti), per mettere a fuoco le idee (da quelle controverse a quelle che vorremmo conoscere).
Scrivere è come incontrare una persona. Le circostanze ne influenzano l’esito, soprattutto perché abbiamo sempre a che fare con due dimensioni cardine, ancorché mutevoli nella loro percezione nel corso dei secoli: il tempo e lo spazio.
Non potremmo dissetarci alla fonte dell’ispirazione se la nostra conoscenza non ci facesse attribuire al tempo l’esperienza dell’eternità, del ritardo, dell’attesa e, alla stessa maniera, non riuscissimo a concepire lo spazio in quanto immensità, limite, distanza.
Ecco perché la tanto bramata ispirazione ci può apparire in un luogo spazio-temporale silenzioso (di notte, in cima a una montagna) o chiassoso (a mezzogiorno, nel mezzo di un trafficato incrocio cittadino).
Anche quando si ha l’impressione di aspettare lo spunto che dà inizio a tutto, in realtà non siamo immobili. Migliaia di stimoli sono costantemente al lavoro per incrociare i nostri magazzini della memoria.
[bctt tweet=”L’ispirazione non puoi stare ad aspettarla. Devi inseguirla con un bastone. (Jack London)”]
Arnold Stephen Jacobs è uno scrittore eclettico, anche se sarebbe più giusto definirlo uno stuntman del giornalismo. La sua professione e la sua stessa vita si basano su una serie di esperimenti nei quali si immerge completamente.
Per esempio, nel 2003 si è impegnato nella lettura dell’Enciclopedia Britannica (33.000 pagine, 44 milioni di parole, 32 volumi) con lo scopo di diventare “la persona più intelligente del mondo”. Da questa operazione, tanto folle quanto intrigante, è scaturito il libro “The Know-It-All: One Man’s Humble Quest to Become the Smartest Person in the World”. Questa lettura immersiva ha ispirato in lui una miriade di collegamenti, a tal punto che nel libro i lemmi dell’enciclopedia si confondono con le vicende della sua vita.
Quindi, per trovare l’ispirazione giusta, tutti a leggere l’Enciclopedia Britannica? Non è necessario, ma quando sentiamo di essere prigionieri della fissazione su un argomento, potrebbe essere di stimolo cercare una voce a caso su Wikipedia o sul dizionario e poi saltare senza regole da un link (o da un lemma) all’altro. Scopriamo così le sostanze delle parole che, con i loro significati, si accostano alla realtà delle nostre esperienze.
L’ispirazione non è un fuoco sacro, indipendente da tutto e da tutti. Più viene alimentato, più brucia.