Sono spuntati i social

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Un distributore di palline a pagamento.

Quando un prodotto è gratis, il prodotto sei tu!”, è stato il ritornello che ci ha accompagnati nel rutilante luna park delle piattaforme sociali. Almeno, fin da quando abbiamo cominciato a chiederci quale fosse il modello di business di questi colossi.

In un certo senso, abbiamo finito per accettare di pagare il “passatempo” con la nostra attenzione e, soprattutto, con i nostri contenuti, tutta roba che fa molta gola agli inserzionisti. E poco importa se gli individui sono stati sostituiti dalle categorie merceologiche, l’importante è essere parte dello spettacolo.

Poi qualcosa si è rotto, il mercato pubblicitario ha iniziato a dare segni di cedimento e le restrizioni della privacy hanno cominciato a ostacolare il tracciamento degli utenti.

Vuoi giocare? Paga!

Allora, cosa si fa? Via libera al cosiddetto pay-to-play.

Dopo Twitter, la diabolica spunta blu a pagamento farà presto il suo esordio anche nell’universo Meta. Le motivazioni che stanno alla base del “grande passo” non differiscono un granché da quelle addotte da tutti gli altri player, ovvero “lo facciamo per te”, of course! In sostanza, vuoi che il tuo account venga verificato per scongiurare appropriazioni indebite da parte di terzi? Vuoi maggiore visibilità? Vuoi un supporto di qualità? Eccoti la soluzione, una bella medaglia Muttley edition.

A dire il vero, l’acrobatico Mark Zuckerberg, a differenza degli altri, ha cominciato a preparare il terreno già da un po’ di tempo. Qualcuno si è accorto che nel form di iscrizione al social blu il famoso e vanitoso claim “Facebook è gratis e lo sarà per sempre” è stato silenziosamente sostituito dal proclama tecnico “È veloce e semplice”? Non esattamente quisquilie e pinzillacchere, per dirla alla Totò.

Se da un lato, il piano di verifica e il miglior supporto a pagamento possono avere anche una loro giustificazione, trasformando comunque in un lusso ciò che peraltro Meta non ha mai fatto bene, dall’altro la maggiore visibilità darà senz’altro luogo a nuovi scenari, per il momento non del tutto prevedibili.

Dopo il crollo verticale della portata organica delle pagine di Facebook, la partita veniva giocata, volenti o nolenti, a suon di sponsorizzazioni. Ora, con “soli” 12 dollari al mese, Meta Verified offre un migliore posizionamento dei post rispetto a quelli degli utenti non paganti.

Magari chi fa un’attività professionale su Facebook e Instagram si sfregherà gioiosamente le mani, ma a mio avviso farebbe bene a chiedersi se a lungo andare non ci possa anche essere una compromissione dell’esperienza dei loro pubblici.

Quando il confine fra la pubblicità e i contenuti organici diventa sempre più invisibile (o equivoco), non è da escludere che molti decidano di uscire da questo “centro commerciale virtuale”. Perché un conto è vedere l’etichetta “annuncio sponsorizzato”, un altro paio di maniche è non capire se si vede quel contenuto per effetto degli oscuri calcoli dell’algoritmo o grazie ai dollari del conto corrente.

Nonostante il modello “social in abbonamento” stia muovendo così rapidamente i suoi primi passi, non ha preso di sorpresa nessuno. Del resto, era ampiamente prevedibile che quando i pesci non possono più scappare, presto o tardi arriva qualcuno che tira la rete.

Ma a fare i conti senza l’oste si rischia grosso. Creare artificiosamente dei livelli differenziati di utenti (chi paga e chi no) può dare luogo ad almeno due fenomeni, entrambi controproducenti per i padroni del vapore social:

  • diminuzione della condivisione dei contenuti
  • allontanamento dalla piattaforma

Nel primo caso, sia quelli che pubblicano le foto dei gattini che gli influencer di professione, costruiscono le loro reti di socialità sul principio di uguaglianza, pena la perdita del valore delle loro stesse condivisioni.

Nel secondo caso, anche per altri motivi, stiamo già assistendo all’allontanamento dei giovani dai social media, disconnettendosi completamente (il Log Off della studentessa Emma Lembke) o migrando verso alternative meno o per nulla commerciali.

Il bisogno di comunicare è una caratteristica intrinseca del nostro esseri umani, equiparabile alla necessità di respirare. E quando l’ossigeno comincia a scarseggiare, non ci pensiamo due volte ad andare a prendere una boccata d’aria fresca da un’altra parte.

Foto di Ekaterina Belinskaya

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Sono spuntati i social
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Sono spuntati i social
Descrizione
Su diversi social sono spuntate le spunte blu a pagamento. Una modalità di monetizzazione che crea notevoli disuguaglianze fra gli utenti.
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Sergio Gridelli Blog
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Di Sergio Gridelli

Sono nato e vivo a Savignano sul Rubicone (FC), una piccola città della Romagna attraversata dal fiume che segnò i destini di Roma. PERCHÉ LO FACCIO Ho sempre pensato che l’impronta di ciascuno di noi dipenda da un miscuglio di personalità e di tecnica. Se questi due ingredienti sono in equilibrio nasce uno stile di comunicazione unico, subito riconoscibile fra tutti gli altri. Perché in un mondo tutto marrone, una Mucca Viola si vede eccome! COME LO FACCIO Aiuto le persone a trovare le motivazioni che le rendono uniche. Non vendo il pane, vendo il lievito. COSA FACCIO Mi occupo di comunicazione aziendale e della elaborazione di contenuti per il web. Curo i profili social di aziende e professionisti. Tengo corsi sulla comunicazione interpersonale, il public speaking, il marketing digitale e su come realizzare presentazioni multimediali efficaci.

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