Social media manager è una professione (una professione davvero davvero?) relativamente complessa e ancora più complicata da spiegare. Quando ti chiedono che mestiere fai, invariabilmente succedono queste due cose:
“Faccio il social media manager”
“Ah, bello! – sguardo perso verso il soffitto – …ma cosa sarebbe di preciso?”
“Curo l’immagine delle aziende su Facebook, Twitter, Linkedin e altri social media”
“Ho capito – sorrisetto sardonico – cazzeggi su internet. Bella la vita, eh?”
Come per tutte le nuove occupazioni, specie per quelle che ruotano attorno alla rete, occorre tempo affinché si sedimentino nell’immaginario condiviso delle persone. Nulla di strano, è sempre successo.
Questa è la ragione per cui hanno campo libero le fantasie più bizzarre, le convinzioni più assurde e, come non dirlo, anche le parodie più strampalate. Con la quasi certezza di non convincere nessuno, tranne me stesso, mi cimento in questa impresa tra mito e realtà.
[bctt tweet=”Non c’è lavoro tanto semplice che non possa essere fatto male. (Arthur Bloch)” username=”giowile”]
1a) Il mito del social media manager
È un mestiere che ti permette di stare tutto il giorno in pigiama sul divano. Del resto, che fatica sarà mai quella di mettere due foto e un link su Facebook?
1b) La realtà del social media manager
I social media non sono tutti uguali, ognuno ha il suo pubblico e, di conseguenza, richiede un registro espressivo differente. Allo stesso modo, le aziende hanno una “voce” che le contraddistingue dalle altre, vengono percepite secondo cifre stilistiche ben precise (Nike non parla allo stessa maniera di Adidas), dialogano con pubblici che hanno fra loro aspettative culturali spesso lontanissime. In breve, se un contenuto va bene per tutti vuol dire che non va bene per nessuno.
Se ne ricava che la pubblicazione di un post è solo la parte visibile di un lavoro assai più articolato. Un insieme di attività che prendono in considerazione l’analisi del sentiment, la selezione dei feed più pertinenti, la gestione strategica della customer care.
Tutte attività che ciascuno può certamente svolgere dalla postazione che più gli aggrada (letto, divano, sopra un albero), ma ben sapendo che si tratta di un impegno in cui parole come weekend e ferie hanno contorni piuttosto sfumati.
2a) Il mito del social media manager
Lo può fare chiunque. Figurati, anche mia nonna è su Facebook!
2b) La verità del social media manager
La gestione professionale dei profili social comporta un complesso di conoscenze alquanto variegato. Allo stesso tempo, occorre essere copywriter, content editor, storyteller, designer, fotografi, videomaker, analisti, mezzi smanettoni e, per finire, molto curiosi di tutto.
Il flusso tipico delle pubblicazioni sui social media è un caleidoscopio i cui riflessi cangianti rimbalzano continuamente fra la sintesi in 140 caratteri, il bombardamento delle notifiche, le Gif animate e le Png del peso e della dimensione giusta per ogni piattaforma, la gestione dei commenti, oltre a tutto quello che arriva dalle messaggistiche istantanee.
È importante saper scrivere bene, raccontare le storie in maniera accattivante e fiutare le tendenze. Metà romanticismo e metà scienza analitica. Insomma, un “gioco” che senz’altro ha molto da imparare anche dalla nonna, ma che rifugge senza mezzi termini dall’improvvisazione.
3a) Il mito del social media manager
Dai, lo sanno anche i sassi che le pubblicazioni vengono programmate con largo anticipo. Basta un click e per una settimana puoi fare il turista dove e come ti pare!
3b) La verità del social media manager
Ci sono servizi che rendono la vita (anche quella sociale offline) del social media manager più facile, ma sul social web la vera differenza la fa il tempo reale. Stare sul pezzo non è solo un modo di dire, è il valore differenziale fra il pilota automatico e la guida manuale con la mente e il cuore.
Quella del 20 maggio 2012 non è stata una domenica come le altre. Il giorno prima una bomba esplode davanti a una scuola di Brindisi uccidendo una ragazza, all’alba del giorno dopo due violente scosse di terremoto seminano dolore e distruzione in Emilia. Nonostante ciò, l’editore Chiarelettere pubblica sul proprio profilo Twitter un post chiaramente schedulato giorni prima: “Buongiorno e buona domenica a tutti. I primi pensieri della vostra mattinata?”. C’è stato subito chi ha risposto: “A parte il terremoto?”.
I social media non dormono mai e una crisi può scoppiare a qualsiasi ora del giorno e della notte. Fortunatamente non è la norma, ma un buon piano editoriale può contribuire a intercettare molti imprevisti.