Farsi sentire in un mare di rumore

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rumore di martelli pneumatici

Il rumore è la costante del nostro tempo. Per mestiere o per puro divertimento, la giornata di molti è iniziata scorrendo freneticamente le bacheche di Facebook, di Twitter e di tutti gli altri social media.

Un autentico bombardamento di informazioni, al quale si sommano gli stimoli visivi che abbiamo incontrato nel nostro tragitto per arrivare sul luogo di lavoro.

Cosa ricordiamo di tutto questo rumore nel caleidoscopio dei messaggi?

Poco, molto poco. Di certo, è quasi pari allo zero la memoria che conserviamo dei cartelloni pubblicitari posti lungo le strade. Qual è il problema? Il rumore di fondo è così alto che qualsiasi contenuto impersonale svanisce senza lasciare alcuna traccia. Detto in un altro modo, ciò succede perché spessissimo si tratta di informazioni e non di comunicazioni.

[bctt tweet=”Molto rumore per nulla. (William Shakespeare)” username=”giowile”]

Riflettiamo

Il tabellone degli orari della stazione è chiaramente informazione, ma diventa comunicazione nel momento stesso in cui intercetta la nostra motivazione a prendere un treno. Che si tratti di pubblicità stradali o di un post sui social, per funzionare devono porsi l’obiettivo di cogliere un interesse, una necessità, una sensibilità. L’alternativa è la completa dispersione nel rumore assordante della folla.

Per quanto riguarda i social media, noto che nella stragrande maggioranza dei casi si tende a ignorare l’aspetto sociale del mezzo. A differenza degli old media, le piattaforme sociali portano questo nome proprio perché sono uno strumento per il dialogo fra le persone. Gli svariati post di brand, anche famosi, non incentrati sull’ascolto (“abbiamo fatto la…”, “compra il…”, “siamo stati i primi a…”) contribuiscono solo a innalzare il rumore e, pregiudicando pesantemente l’immagine del marchio, vengono percepiti dal potenziale target alla stregua di fastidiosissimo spam.

La sintonia interpersonale, fin dalla notte dei tempi, si basa su una lunghezza d’onda dove stanno in equilibrio l’autenticità della voce, il linguaggio assertivo e forti caratteri di personalità. Dal marchio non ci si aspetta la raffigurazione di un’etichetta (la conosciamo già!), ma la sua personificazione dialogante e rassicurante.

Cogliamo il social-attimo!

Lo so, l’ideale sarebbe pubblicare costantemente per tutto l’arco della giornata e commentare H24. Tuttavia, fra questa situazione, al limite dell’utopia, e inviare una raffica di venti post fra le 10 e le 10 e 5 esistono infiniti gradi intermedi.

Quindi, senza perdere di vista i presupposti del coinvolgimento, della condivisione e delle doverose risposte, l’inevitabile schedulazione delle pubblicazioni andrebbe sempre monitorata (un “Buona domenica” nel bel mezzo di un terremoto non è esattamente il miglior biglietto da visita per un brand) e, come regola generale, non fare mai ciò che non si farebbe nella vita “reale”.

Quando intavoliamo un dialogo con qualcuno (a questo servono i social media), attendiamo e mostriamo interesse per le eventuali considerazioni del nostro interlocutore, se non altro per ragioni di buona educazione. Se questo non succede, ogni nostro post diventa un minuscolo cartellone pubblicitario che ci sfreccia a lato senza suscitare nessun ricordo e, peggio, alcuna emozione.

Conosciamo il mezzo

Ormai, ma mai dare nulla per scontato, tutti sanno che ogni social media ha il proprio stile di comunicazione.

Facebook è a metà strada fra un luna park e un centro congressi durante il coffee break. La gente è ovunque: ha perennemente il megafono nella destra e la macchina fotografica nella sinistra. Il rumore è altissimo e assordante. Per farsi sentire e vedere è fondamentale avere qualcosa di interessante da dire, produrre immagini e video originali. In un mondo di mucche marroni, la folla (anche la più chiassosa) nota solo la mucca viola (cit. Seth Godin).

Twitter assomiglia più a una biblioteca ricca di stanze zeppe di libri sugli argomenti più disparati. Ci si incontra nei corridoi (unico luogo in cui è tollerato il rumore) con il blocco degli appunti in una mano e i Post-It nell’altra. Si appuntano delle note, si appiccicano nelle bacheche corrispondenti, si condividono con i frequentatori che hanno verosimilmente i nostri interessi. Ovviamente i brand non possono pretendere di essere ascoltati (e seguiti) sulla loro filosofia da pubblici che si interessano esclusivamente di fisica quantistica. La chiave è mettere l’emozione dentro la filosofia.

Instagram assomiglia al gruppo in vacanza. Magari sono le stesse persone che frequentano i luna park, i congressi e le biblioteche, ma sentono il bisogno di un periodo di (meritato) riposo. Manco a dirlo, l’unico strumento è la macchina fotografica e “i vacanzieri” la usano sia in senso artistico che per “parlare”. Complice (ancora) l’impossibilità di usare i link nei post, Instagram viene abbastanza snobbato dal marketing. Ma sono sicuro che prima o poi sul pullman che va al mare o in montagna salirà il venditore di pentole.

E Linkedin? E Google Plus? E Pinterest? Un brand, su quali social dovrebbe stare?

In tutta sincerità non lo so. Anzi, forse una cosa la so: deve andare dove si trova la sua gente e dove il suo prodotto può essere apprezzato e compreso. Non mi dilungo con gli esempi, ma mi pare abbastanza chiaro che se produco torte avrò più successo (e seguito) su Pinterest in alternativa a Linkedin.

Alla fine della fiera (altro luogo tipicamente rumoroso) o si supera la soglia dei decibel o, molto meglio, si parla (anche sottovoce) al cuore delle persone. Non può farlo un cartellone pubblicitario (per quanto grande sia) e nemmeno un social media manager privo di personalità (per quanto bravo sia).

Di Sergio Gridelli

Sono nato e vivo a Savignano sul Rubicone (FC), una piccola città della Romagna attraversata dal fiume che segnò i destini di Roma. PERCHÉ LO FACCIO Ho sempre pensato che l’impronta di ciascuno di noi dipenda da un miscuglio di personalità e di tecnica. Se questi due ingredienti sono in equilibrio nasce uno stile di comunicazione unico, subito riconoscibile fra tutti gli altri. Perché in un mondo tutto marrone, una Mucca Viola si vede eccome! COME LO FACCIO Aiuto le persone a trovare le motivazioni che le rendono uniche. Non vendo il pane, vendo il lievito. COSA FACCIO Mi occupo di comunicazione aziendale e della elaborazione di contenuti per il web. Curo i profili social di aziende e professionisti. Tengo corsi sulla comunicazione interpersonale, il public speaking, il marketing digitale e su come realizzare presentazioni multimediali efficaci.

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