Primi su Google, come si fa? Dopo la domanda fondamentale sulla vita, l’universo e tutto quanto, l’espediente per arrivare in cima alla prima pagina di BigG è il quesito più gettonato fra tutti quelli che bazzicano il web.
La risposta è naturale: non è possibile. Fermi tutti! Non ho fatto il furbetto con il solito titolo acchiappa click, la domanda è semplicemente mal posta o, se si vuole, parziale.
Il problema non è stare sulla vetta in senso generico, ma come arrivarci con parole giuste e specifiche. Anche qui la questione è più che evidente: se cerco punte da trapano per il fai da te, non me ne frega niente di vedere come primo risultato un’azienda che produce trivelle.
È chiaro che le parole devono essere il più possibile specifiche. Per fare un esempio, cercare di posizionarsi nelle ricerche come “esperto WordPress”, a parte il risvolto utopico dell’impresa, è sostanzialmente inutile perché “esperto” non è un plus che favorisce un eventuale contatto (Esperto? O sai fare o non sai fare!). “Personalizzare facilmente il template di WordPress” è già una chiave di ricerca più efficace e, se si vuole, di gran lunga più produttiva di quella precedente.
[bctt tweet=”Il motore di ricerca è un espediente tecnico che dà spessore sociale alle parole.” username=”giowile”]
Come tutti i miraggi, il desiderio di stare lassù in alto in prima pagina ha creato un mercato di professionisti bravi, ma anche di tanti che ancora fanno vedere l’accendino agli aborigeni, spacciandolo per un misterioso dono degli dei.
Sia chiaro, ben vengano le agenzie che fanno SEO, i budget sostanziosi su AdWords e le varie tecniche di web marketing, ma il segreto per iniziare la scalata è (un’altra volta?) semplice: scrivere!
Come vado dicendo ormai da un bel po’, il web è solo marginalmente un problema tecnico. Do per scontata l’ottimizzazione dei diversi parametri (velocità di caricamento delle pagine, il corretto puntamento dei link, le didascalie delle immagini, etc.) perché, al contrario, sarebbe come chiedersi se una bicicletta debba avere anche le ruote.
Un esempio? Facciamo il sito più colorato e spettacolare del mondo (Chi non lo sa fare?) e poi tutto si arresta quando arriva il momento di metterci dentro qualcosa. “Azienda leader di mercato” è la madre di tutti i contenuti più astrusi. E già, i contenuti.
“Ma noi non abbiamo un granché da scrivere” è il refrain che riecheggia nelle riunioni preliminari su come impostare il sito. Sbagliato! Dentro ogni azienda ci sono una miniera di storie, di aneddoti, di esperienze che sono già gran parte delle risposte che i potenziali clienti cercano sui suoi prodotti. In questi casi, riflettere su sé stessi sposta la leva dalla frustrazione di non sapere come raccontarsi verso la direzione dell’ispirazione.
Scrivere, scrivere, scrivere
Ovviamente, non è un esercizio da fare per il solo gusto di farlo. Approfondire la discussione su un aspetto che riguarda il nostro ambito professionale, intuire di che cosa potrebbe interessare ai nostri (potenziali) clienti, suscitare nuovi bisogni al confine con le richieste standard, sono traiettorie narrative che aggiungono significato alla nostra attività e, di converso, si trasformano in risorse per chi è sintonizzato (e quindi sensibile) su quei temi.
La chiave per avere successo nelle ricerche è il valore. Se pensiamo di aggirare Google sul terreno della furbizia, fermiamoci subito e cambiamo sport.
Quel parcheggio abbandonato chiamato sito
Se diamo uno sguardo veloce a quello che dovrebbe essere il biglietto da visita di un’azienda, notiamo che invariabilmente i siti hanno più o meno tutti la medesima struttura:
- Chi siamo;
- Notizie (spesso le più recenti risalgono al mese prima);
- I nostri prodotti (con o senza immagini);
- Dove siamo (con o senza mappa di Google);
- Contatti.
Insomma, un pugno di pagine che, quando va bene, vengono aggiornate ad ogni morte di papa. Senza fare complicati calcoli sul posizionamento, sarebbe sufficiente pubblicare almeno un nuovo contenuto a settimana per incrementare significativamente gli indirizzi unici di quel sito. Se aggiorniamo il sito regolarmente, Google se ne accorge e ci premia. A patto che gli argomenti siano pertinenti al nostro ambito di business e/o di interesse.
Tuttavia, per non lasciarsi andare a facili entusiasmi, la scalata del rank è come Roma, non l’hanno fatta in un giorno. Però, una cosa è chiara: se non siamo costanti nelle pubblicazioni, ridiscendere negli inferi delle Serp è questione di un attimo.
Quelli che hanno sempre il coniglio nel cilindro
Lo accennavo all’inizio, ci sono in giro tantissimi sedicenti guru della SEO che promettono “Primi su Google in una settimana!”. Google non è scemo, nel senso che aggiorna continuamente il suo algoritmo, e non ci mette molto a capire che i link in entrata sono solo dello squallido spam.
Primi su Google, ricapitolando
Per salire le posizioni, occorre:
- scrivere, anzi scrivere molto e bene;
- predisporre un piano editoriale delle pubblicazioni;
- permettere ai visitatori di condividere agevolmente i contenuti sui social;
- proporre continuamente contenuti di valore per venire percepiti come un’autorità all’interno di un ambito specifico.