Sto dalla parte della gomma, anche se amo perdutamente la penna

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Gomme da cancellare a forma di ananas e delle penne

Il primo libro sarebbe meglio non averlo mai scritto. Finché il primo libro non è scritto, si possiede quella libertà di cominciare che si può usare una sola volta nella vita.” (Italo Calvino, Il sentiero dei nidi di ragno, 1947).

Si inizia a scrivere un po’ per gioco, anche per rendersi conto dove si è arrivati. Ma una volta lasciato andare l’inchiostro, si capisce subito che nulla sarà più come prima. Da una parte, appena preso l’abbrivio, si vedono le tracce del percorso, dall’altra, con crescenti segnali di smarrimento, ci si interroga insistentemente sulla coerenza dei propri pensieri, su qualche tipo di utilità e, non da ultima, sulla cifra che, sebbene in misura infinitesimale, è andata ad aumentare l’entropia del sistema.

Complice il periodo, intriso di lucette intermittenti e di bilanci aziendali ed esistenziali, anch’io mi sono ritrovato (o perduto, che è uguale) a interrogarmi se rifarei tutto nella stessa maniera. Cioè, l’impostazione del blog, il taglio delle pubblicazioni, la priorità del testo rispetto ad altre forme espressive.

La scrittura ci cambia

Con il significato che ognuno vorrà riconoscere, la scrittura ha trasformato la mia vita. O meglio, per non dare eccessiva corda al romanticismo, diciamo che mi ha dato gli strumenti per riuscire a cambiare il punto di osservazione sulle cose. Così come esiste una differenza abissale fra leggere un libro e studiarlo, mettere “nero su bianco” un’idea non è la stessa cosa che lasciarla vagare senza meta nella propria mente.

Sono convinto da sempre che anche la saggistica, compresa quella molto tecnica, conservi al suo interno una contaminazione autobiografica dell’autore. Nel trattato di anatomia e nel meno impegnativo “qualcosa da dire” esiste un territorio che non si può isolare dalla scrittura, ovvero la comunicazione di se stessi.

Mentre parliamo non facciamo molto caso alle parole che utilizziamo e spesso ci aiutiamo con l’intonazione e i gesti, ma quando decidiamo di congelare il nostro pensiero sulla carta, ecco che andiamo a cercare le sfumature cristallizzate dentro i vocaboli. A questo livello non possiamo più essere neutri o, se si vuole, asettici.

Se decidiamo di usare “babbo” al posto di “padre”, “regalo” in luogo di “gratis”, “vedere” invece di “guardare”, stiamo esprimendo quella nostra sfera sensibile che poco ha da spartire con l’interscambiabilità dei (quasi) sinonimi. E con le stesse dinamiche, anche le parole che non si scrivono parlano di noi.

Comunichiamo anche ciò che non scriviamo

Rispetto a quando ho cominciato a scrivere in maniera costante, mi accorgo che cancello meno. Ciò non è dovuto, come sarebbe logico supporre, ad una migliore fluidità nella trasduzione del pensiero in un segno comprensibile agli altri, ma da una specie di “filtro” che via via ha sempre più stretto le sue maglie.

Se prima cancellavo e riscrivevo più volte lo stesso pezzo e, comunque, l’insoddisfazione non svaniva mai del tutto, ora lo stesso tempo lo impiego per darmi una risposta convincente sul perché potrebbe avere senso scrivere qualcosa su un determinato argomento.

È quello che accade dentro la mia testa, la narrazione interna, che mette già in fila le parole nel miglior modo possibile. Nella stragrande maggioranza dei casi vanno già bene così perché risuonano con la mia storia, indipendentemente dal tema trattato.

Forse, fra tutte, la vera magia della scrittura è proprio questa, lo stimolo a riflettere. Quel momento in cui devi decidere se scrivere “egregio” o “pregiatissimo”, se fare quel commento in calce a un post, se è meglio un approccio diretto o in terza persona. E allora, appena realizzi che hai fermato il tempo, ti rendi conto del peso delle parole e di come, a volte, finiamo solo per lanciarle contro qualcuno come fossero pietre.

Foto di Jess Bailey Designs

Sommario
Sto dalla parte della gomma, anche se amo perdutamente la penna
Titolo
Sto dalla parte della gomma, anche se amo perdutamente la penna
Descrizione
La scrittura è sempre la forma più esplicita per comunicare noi stessi. Anche quando l'intento è neutro, dentro le parole ci siamo noi.
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Sergio Gridelli Blog
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Categorie: Scrittura

Di Sergio Gridelli

Sono nato e vivo a Savignano sul Rubicone (FC), una piccola città della Romagna attraversata dal fiume che segnò i destini di Roma. PERCHÉ LO FACCIO Ho sempre pensato che l’impronta di ciascuno di noi dipenda da un miscuglio di personalità e di tecnica. Se questi due ingredienti sono in equilibrio nasce uno stile di comunicazione unico, subito riconoscibile fra tutti gli altri. Perché in un mondo tutto marrone, una Mucca Viola si vede eccome! COME LO FACCIO Aiuto le persone a trovare le motivazioni che le rendono uniche. Non vendo il pane, vendo il lievito. COSA FACCIO Mi occupo di comunicazione aziendale e della elaborazione di contenuti per il web. Curo i profili social di aziende e professionisti. Tengo corsi sulla comunicazione interpersonale, il public speaking, il marketing digitale e su come realizzare presentazioni multimediali efficaci.

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