Non riuscirò a scaldarti se il tuo sguardo è spento

Pubblicato
Una sedia vuota sopra un palcoscenico

Per effetto dalla notevole accelerazione impressa dalla pandemia, la formazione da remoto ha assunto un ruolo via via sempre più dominante. Dalla soluzione emergenziale alla consuetudine operativa è stato un attimo.

Ciò che fino a qualche anno fa era derubricato a pura fantascienza, nonostante le infrastrutture tecnologiche fossero già ampiamente disponibili, dopo l’entrata in scena della pandemia, tutto il sistema della formazione (e non solo) è andato a carte quarantotto. Ma superato l’impasse iniziale, la nuova modalità di erogazione della formazione da remoto è diventata la prima opzione.

Abbastanza velocemente, i minori costi e la maggiore flessibilità hanno convinto anche le strutture più refrattarie ad aderire a questa nuova naturale progressione. Quindi, tutto bene? Nemmeno per sogno! Pur vivendo nella civiltà dei selfie e dell’esposizione socialmediatica 24/7, le webcam dei partecipanti ai corsi di formazione rimangono nella maggior parte dei casi spente per tutta la durata della lezione. E ciò si traduce in uno stato di profonda frustrazione per i docenti.

La soluzione più semplice sarebbe senza dubbio quella di introdurre l’obbligo normativo a tenere la webcam accesa durante i corsi professionalizzanti finanziati con risorse pubbliche, pena la perdita del riconoscimento della partecipazione e dei vantaggi correlati, ma sappiamo che questi processi si muovono su terreni estremamente paludosi. Ci arriveremo, ma sicuramente non nell’immediato.

Peraltro, quando si arriva all’obbligo significa aver già gettato la spugna sul fronte dell’educazione e del dialogo. Poi, col tempo ci si stupisce che sia servito addirittura un atto d’imperio per obbligare le persone a tenere determinati comportamenti. Per fare un esempio, si pensi solo a cosa succederebbe oggi se si concedesse di fumare nelle sale cinematografiche e negli altri luoghi pubblici.

Per queste ragioni, mi entusiasma molto di più indagare le motivazioni che portano i discenti a tenere le webcam oscurate e partire da qui per trovare una soluzione condivisa fra tutti i soggetti coinvolti.

La fiducia in noi stessi

Ricordo, quando da bambino mi nascondevo per non farmi vedere da tutti quelli che capitavano in casa (parenti inclusi). Ho superato questo cortocircuito solo quando ho cominciato a chiedermi da cosa stavo scappando.

A quel punto, la questione non dipendeva più dagli altri, ma dalla difficoltà di mettere a fuoco me stesso. È cominciato così il lavoro di introspezione che mi ha portato a individuare le paure che molto spesso non erano altro che l’altra faccia delle convinzioni autolimitanti che mi bloccavano.

Partire dal perché fa sempre venire in superficie le ragioni più nascoste dei comportamenti umani. Una volta che abbiamo individuato la causa possiamo anche dare un nome al problema. Perché (of course!) non si può combattere ciò che non ha un nome (Ulisse docet).

Comprendere ciò che ci sembra assurdo

Facciamo una gran fatica a entrare nella testa delle altre persone. E sovente la scorciatoia che adottiamo è quella della semplificazione fino alla sua estrema banalizzazione: “Non sei normale”.

Prima o poi, ognuno di noi è costretto a fare i conti col proprio passato. C’è chi affronta questo viaggio in autonomia e chi, invece, ha bisogno di un Virgilio che lo prenda per mano nella prima parte di questa avventura.

Facendo attenzione a non farci prendere dal bisogno di giudicare, pratica in cui siamo bravissimi nei confronti degli altri e, di contro, delle schiappe assolute quando il lavoro lo dobbiamo fare su di noi, possiamo adottare il gioco del grandangolo.

Questa lente ci dà una visione distaccata della realtà. È come se fossimo tutti spettatori e guardassimo le cose che sono accadute da una prospettiva per niente intima. Non parliamo più delle “nostre paure”, ma “delle paure” di tutti. Così facendo si scoprono schemi ricorrenti, contesti che sentiamo familiari senza la necessità di esporci in prima persona, esperienze generalizzate che ci portano a esplorare gli angoli più oscuri dei nostri comportamenti.

Lontano dagli occhi, lontano dal cuore

Siamo esseri connessi, in tutti i sensi. In questo intreccio di collegamenti biologici e cognitivi, il contatto con gli occhi è ciò che abbiamo di più potente per arrivare direttamente al cuore delle persone.

Lasciando sullo sfondo l’educazione e le netiquette, comunque importanti, tutta la faccenda delle webcam spente si traduce in una fuga dai propri fantasmi, una sorta di chiamarsi fuori non solo dal mondo, ma da se stessi. Non farsi vedere per non vedersi.

Solo lo sguardo, ancorché mediato da un mezzo tecnologico, ci permette di vincere la diffidenza fra le persone. Perché ci sono degli abbracci così stretti e inclusivi che solo gli occhi, con la loro forza, possono fare.

Foto di Marcelo Jaboo

Sommario
Non riuscirò a scaldarti se il tuo sguardo è spento
Titolo
Non riuscirò a scaldarti se il tuo sguardo è spento
Descrizione
Fra le tante distorsioni presenti sulla rete, c'è quella di tenere le webcam spente durante i corsi di formazione. Una "moda" che va indagata.
Autore
Pubblicato da
Sergio Gridelli Blog
Logo

Di Sergio Gridelli

Sono nato e vivo a Savignano sul Rubicone (FC), una piccola città della Romagna attraversata dal fiume che segnò i destini di Roma. PERCHÉ LO FACCIO Ho sempre pensato che l’impronta di ciascuno di noi dipenda da un miscuglio di personalità e di tecnica. Se questi due ingredienti sono in equilibrio nasce uno stile di comunicazione unico, subito riconoscibile fra tutti gli altri. Perché in un mondo tutto marrone, una Mucca Viola si vede eccome! COME LO FACCIO Aiuto le persone a trovare le motivazioni che le rendono uniche. Non vendo il pane, vendo il lievito. COSA FACCIO Mi occupo di comunicazione aziendale e della elaborazione di contenuti per il web. Curo i profili social di aziende e professionisti. Tengo corsi sulla comunicazione interpersonale, il public speaking, il marketing digitale e su come realizzare presentazioni multimediali efficaci.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *