Esiste il post perfetto?

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I giornali ci hanno insegnato che quando un titolo termina con un punto di domanda la risposta è (quasi) sempre no. Ne deriva che anche questo quesito sull’esistenza del post perfetto non trasgredisce la regola.

Tuttavia, senza voler nulla togliere all’impresa ben più ardua di Diogene, qualche buona pratica, suffragata dall’esperienza e dalle statistiche, può indicarci la strada.

Cosa, come e quanto scrivere sui social media è una questione che prima o poi tutti si pongono. Che si tratti di fare incetta di “Mi piace” per bullarsi con la propria cerchia di amici o più pragmaticamente per incrementare l’engagement della pagina aziendale che gestiamo, un post efficace (dal momento che quello perfetto in senso assoluto non esiste) richiede comunque la conoscenza di alcuni concetti.

[bctt tweet=”Nessuno è perfetto. Per questo motivo le matite hanno la gomma.”]

Nel caso dei professionisti dei social media non è ammissibile fare un post a caso alla “come va va”. Ci sono in ballo le strategie di marketing, la reputazione dell’azienda e, non da ultimo, le relazioni con i clienti che sempre più utilizzano i social media alla stregua di un customer care. Sottolineo questo aspetto perché con l’aumento vertiginoso delle nuove professioni digitali, molti si appiccicano le mostrine da soli, con il risultato che parecchie aziende affidano questo delicato ambito della comunicazione al nipote o al cuggino del titolare che notoriamente sono dei “maghi di Facebook”. Poi, alla prima crisi da gestire (non necessariamente delle proporzioni di quella che ha travolto la Volkswagen) tutto crolla.

Personalmente, sono dell’idea che le abilità tecniche si collochino in secondo piano rispetto a tutto il resto. Tuttavia, questo non dispensa nessuno dalla comprensione degli aspetti di base.

1) Conoscenza della SEO

SEO e social media si nutrono di contenuti. I contenuti sono la pietra angolare della strategia SEO e colui che gestisce i post sulle piattaforme sociali è il fautore di una grossa fetta di questi. Pertanto, avere presente l’ottimizzazione dei contenuti per indirizzare il traffico dai social media verso il sito web fa la differenza fra un post efficace e uno che passa inosservato.

2) Conoscenza dei social media

È meno scontata di quanto si possa pensare. Ogni piattaforma ha il proprio pubblico di riferimento e, se si vuole, anche un tono e uno stile differenti. Se da un lato stiamo assistendo a una sorta di convergenza (Twitter sta diventando sempre più simile a Facebook e quest’ultimo ammicca agli strumenti di pubblicazione di Linkedin), dall’altro possiamo ancora asserire con certezza che una foto spiritosa, condivisa e apprezzata su Facebook, difficilmente potrà avere lo stesso impatto su Linkedin.

3) Conoscenza dei consumatori

Per le aziende, i social media si stanno imponendo sempre più come una canale privilegiato di relazione con i clienti. Pubblicare costantemente citazioni e immagini dei prodotti ignorando completamente i commenti, porta inevitabilmente alla rottura del patto fiduciario con il target. Anzi, proprio per la velocità (quasi istantanea) del mezzo, il cliente social si aspetta una risposta entro massimo un’ora da quando ha posto il quesito.
Il social media manager è la faccia del marchio. Dare una voce e delle orecchie a un logo è uno degli scopi principali di questa professione.
Sotto l’aspetto più strategico, la legge 80/20 (80% messaggi sociali collegati tematicamente all’ambito dell’attività e 20% relativi al promo dei prodotti) è un buon compromesso per mantenere un dialogo efficace con il proprio pubblico.

Se la tecnica si impara, a patto di impegnarsi un po’, un percorso ben più lungo riguarda il fronte della creatività.

1) Conoscenza del copywriting

Data per certa l’abilità di scrivere in maniera chiara e senza errori grammaticali, una marcia in più deriva dall’uso creativo delle parole. Saper elaborare frasi fulminanti e precise cambia la percezione (e il successo) di un post. Ogni messaggio si può sempre comunicare in almeno due modi diversi, e spesso utilizzando un cospicuo numero di parole in meno.
A questo proposito, fra i professionisti del settore c’è concordanza circa l’efficacia dei testi brevi: 250 parole al massimo (su Facebook andare oltre significa vedersi spezzare il testo con i puntini di sospensione), ma meglio ancora se si riesce a stare sotto le 80.
Buone performance si ottengono inserendo nel post un hashtag, un punto esclamativo o quello interrogativo.
Sull’utilizzo delle domande nei post il dibattito è sempre aperto. La mia esperienza mi porta a dire che i quesiti a risposta chiusa (Sì o no? Bianco o nero? Samsung o iPhone?) hanno una percentuale di commenti superiore a quelli che consentono di articolare le disquisizioni (Perché? Come? Quando?). Probabilmente, la spiegazione risiede nel fatto che in quest’ultimo caso è richiesta un’attività cognitiva più complessa e, cosa certa, l’interazione con i contenuti è una gara di velocità.
Recentemente, si è imposto nel business anche l’uso delle emoticons. Stando alle rilevazioni di AMEX open forum, si potrebbe dire che non sono più una modalità di comunicazione riservata solo agli adolescenti. Infatti, il tasso di coinvolgimento determinato dalle faccine aumenterebbe di un terzo in termini di commenti e condivisioni.

2) Conoscenza della grafica

Anche se gran parte dell’attività di un social media manager è fondata sulle parole, una buona dose di strategia visiva permette di abbinare al testo quella particolare foto che farà condividere il post migliaia di volte anziché solo qualche decina.
Secondo Kissmetrics, le immagini ottengono il 53% in più di “Mi piace”, il 104% in più di commenti e l’84% in più di click sui link rispetto ai messaggi costituiti da solo testo.
Va da sé che l’immagine deve essere di qualità e rispettare le dimensioni richieste da ciascun social media. Non c’è niente di più sgradevole di un’immagine in cui si contano i pixel e così malamente tagliata da pregiudicarne il significato.

[bctt tweet=”Non dobbiamo essere perfetti per tutti. Basta essere speciali per qualcuno.”]

3) Conoscenza della psicologia umana

Niente di accademico, ma solo quegli accorgimenti necessari per formulare in maniera adeguata i messaggi. Per esempio, le parole “evento” e “vincente” sono più entusiasmanti di “concorso” e “promozione”.
Infine, ogni post deve avere uno scopo o, per dirla in maniera più “tecnica”, deve convertire. Se la presenza di un link rappresenta un invito all’azione piuttosto chiaro (comunque, sono da evitare gli inguardabili “clicca qui per saperne di più”), meno percettibile è il post senza collegamenti ipertestuali (una citazione, un’immagine emblematica, una riflessione). In questi casi è la coerenza a far crescere il tasso di fidelizzazione.
Mi spiego. Pubblicare contenuti in linea con il brand che si rappresenta o affini alla nostra connotazione identitaria, determina un effetto persistente sulle rispettive reputazioni. E sappiamo che la reputazione è amica stretta della credibilità.

Di Sergio Gridelli

Sono nato e vivo a Savignano sul Rubicone (FC), una piccola città della Romagna attraversata dal fiume che segnò i destini di Roma. PERCHÉ LO FACCIO Ho sempre pensato che l’impronta di ciascuno di noi dipenda da un miscuglio di personalità e di tecnica. Se questi due ingredienti sono in equilibrio nasce uno stile di comunicazione unico, subito riconoscibile fra tutti gli altri. Perché in un mondo tutto marrone, una Mucca Viola si vede eccome! COME LO FACCIO Aiuto le persone a trovare le motivazioni che le rendono uniche. Non vendo il pane, vendo il lievito. COSA FACCIO Mi occupo di comunicazione aziendale e della elaborazione di contenuti per il web. Curo i profili social di aziende e professionisti. Tengo corsi sulla comunicazione interpersonale, il public speaking, il marketing digitale e su come realizzare presentazioni multimediali efficaci.

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