Durante questi due anni e passa di pandemia e, recentemente, con il carico da undici calato da una guerra dagli esiti più che mai incerti, abbiamo toccato con mano tutte le contraddizioni di un sistema che, almeno nelle sue dinamiche essenziali, davamo per scontate.
All’improvviso, anche i più distratti, si sono accorti del grande valore incastonato in un abbraccio divenuto impossibile e della precarietà di un pensiero che, dopo gli orrori del Novecento, ci faceva ritenere la pace assolutamente inviolabile.
Adesso, eccoci qui a cercare di riparare il sistema. E qual è la prima cosa che ci è venuta in mente? Aumentare la produttività. Anche le parole utilizzate per enfatizzare il più importante strumento che abbiamo a disposizione (il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) sembrano anticipare nuovi e migliori stili di vita.
L’idea che sia ineluttabile aggiungere “peso” al sistema, anziché sottrarlo, mi fa pensare ai quei viaggi organizzati dove in mezza giornata ti fanno visitare il castello, il museo, l’artigianato tipico, per concludere con la cena tradizionale e lo spettacolo degli artisti locali. Tombola!
Alla fine vediamo molte cose, ma non ne ricordiamo nessuna di particolarmente interessante. È il paradosso della produttività a tutto campo che dimentica il tempo di vivere. Cioè, si perde di vista il cosiddetto “tempo vuoto” in cui non facciamo apparentemente nulla, ma prendiamo consapevolezza della nostra (piccolissima) dimensione di esseri umani che respirano l’aria dello stesso (piccolissimo) pianeta.
Una prova di forza contro noi stessi
L’etica, che dovrebbe rappresentare il principale contrappeso del Prodotto Interno Lordo, è relegata a un dibattito del tutto marginale, riservato a sognatori “sconnessi dalla realtà”. Ma chi se ne frega!
La cosa importante è “far girare l’economia” a prescindere dal fatto che a girare, molto spesso, è anche altro. L’ipotesi di fare un passo indietro non fa parte del piano.
In questo contesto, incuranti che stiamo tagliando il ramo sul quale siamo seduti, cerchiamo di sanare il sistema utilizzando la stessa cura che lo ha fatto ammalare. La natura, solo per citare la vera protagonista della “vita, dell’universo e di tutto quanto”, non impegnerebbe mai tutte le sue risorse per accordare il pianoforte del salone delle feste del Titanic.
Non ci sono soluzioni al di fuori di una strategia culturale
Possiamo insegnare a qualcuno come realizzare un’animazione figherrima in PowerPoint, ma non andrà molto lontano se non gli diamo anche gli strumenti per comprendere perché si fa una presentazione con le slide.
Ecco, quello che osservo oggi è che siamo sommersi da tecniche sconnesse da una strategia di respiro multi-generazionale. Facciamo cose senza domandarci quale sia la direzione verso cui siamo diretti. Per dire, nel 2022 ha ancora senso produrre armi per distruggere i nostri simili?
L’impressione è che ogni volta si ricominci dalla tabellina del due, ignorando che da secoli conosciamo anche i risultati di quella del nove.
Detto in maniera più aderente allo stato dei fatti, pur conoscendo i risultati di alcune tattiche (inquinamento, conflitti, fame) perseveriamo nel riproporle tali e quali.
La fine delle cose è il loro fine
Le novità ci eccitano, ma quando si ripetono per un milione di volte uguali a se stesse, perdiamo l’interesse e scattiamo subito alla ricerca di qualcos’altro di più entusiasmante, eccitante, audace.
Siamo prigionieri della ricerca infinita del “più”. Questa è la logica che ci porta a pensare di crescere (in maniera sostenibile, come no!) oltre ogni limite in un ambiente (la Terra) che ha oggettivamente dei limiti.
Tutto, prima o poi, finisce. Finiscono le cose, finisce la vita. Ma avendo smarrito il significato della parola “abbastanza”, ci comportiamo come se fossimo immortali. Del resto, i cimiteri sono pieni di persone che si credevano indispensabili.
Abbiamo bisogno di trovare, ognuno alla sua maniera, un punto di arrivo dove la misura non è ancora colma, ma la saggezza ci consiglia di goderci ciò che abbiamo ottenuto.
“La felicità è come una farfalla: se l’insegui non riesci mai a prenderla, ma se ti metti tranquillo può anche posarsi su di te.” (Nathaniel Hawthorne)
Foto di Sarah Kilian