Meglio tardi che mai, ecco spuntare il public speaking! Con la consueta lentezza che contraddistingue l’apparato scolastico italiano, si è finalmente capito che sapere le cose e non riuscire a comunicarle in maniera efficace è quasi come non aver imparato niente. È questo il senso del recente accordo fra il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e il TED (Technology Entertainment Design).
Perché il nuovo approccio didattico vada a regime ci vorrà sicuramente del tempo, ma il cambiamento prospettato rientra di diritto fra quelli che potremmo definire epocali. Non c’è in ballo solo l’introduzione di una nuova materia, peraltro non obbligatoria. Senza esagerare, questo nuovo livello di apprendimento andrà a intaccare il concetto fossilizzato del “pezzo di carta”, inteso ancora oggi nella sua esclusiva accezione di viatico per il mondo di lavoro.
Se osserviamo attentamente le persone dotate di una fluente e robusta ars oratoria ci rendiamo immediatamente conto che la dialettica non esprime il loro posto di lavoro. All’opposto, racconta la loro passione, il loro modo di narrare la conoscenza, la loro capacità di essere persuasive.
Hai una passione? Raccontala
Nelle scuole si insegna a studiare, quando va bene, per prendere un voto. Quasi sempre è esclusa la componente fondamentale della comunicazione: come presentare efficacemente la conoscenza. Il percorso ipotizzato dal protocollo MIUR-TED punta a far acquisire le necessarie abilità oratorie. Senza attendere la prevedibile e lunga teoria di circolari, comunicati e riorganizzazione dei palinsesti scolastici, fin da ora si possono imparare molte cose seguendo i talk del TED. Gli interventi di Amy Cuddy, Ken Robinson e Keith Barry sono solo alcuni esempi che dimostrano come il sapere sia una storia fatta di cuore, energia e passione.
[bctt tweet=”Sono le passioni e non gli interessi che governano il mondo. (Émile-Auguste Chartier)”]
Sai tanto? Parla il giusto
Il più sta nel meno. Dire molto non significa comunicare molto, anzi è proprio vero il contrario. Nel caso in cui si utilizzino le presentazioni multimediali, mai fare l’errore di inserire più concetti (e, peggio, diversi fra loro) nella stessa slide.
Nella medesima situazione, cancelliamo dalla nostra testa la convinzione che la presentazione sia fatta dalle slide. La presentazione siamo noi. Quindi, mai perdere di vista l’uso appropriato dei gesti, il contatto visivo con il pubblico, il dosaggio delle pause.
Perché i talk del TED durano mediamente solo 15/20 minuti? Perché questo tempo rappresenta il limite massimo della concentrazione umana.
E se devo esporre argomenti che richiedono ore? In questi casi, in accordo con quanto appena detto, ogni dieci minuti occorre “alleggerire” l’esposizione con una interazione con il pubblico (le domande dirette risvegliano l’attenzione), un video divertente, una pausa di discussione informale.
[bctt tweet=”La cosa più importante nella comunicazione è ascoltare ciò che non viene detto. (Peter Drucker)”]
Sai leggere? Non farlo
Mai, e dico mai, leggere un discorso. La cantilena del foglio scritto è la nemica principale del linguaggio del cuore. Ormai, la teoria dello storytelling ce la ritroviamo in tutte le salse. Che si tratti di una moda o di un metodo efficace, resta il fatto che la storia dell’eroe (il nostro prodotto) e del cattivo (la concorrenza) funziona sempre. A patto che venga raccontata a braccio, così come si narrano le favole.
[bctt tweet=”Sii breve, che un discorso lungo non può mai dar piacere. (Miguel de Cervantes)”]
In fondo, i discorsi che più ci sono piaciuti rimangono nella nostra mente perché ci hanno offerto un’esperienza. Dimentichiamo in fretta le nozioni, ricordiamo per sempre le sensazioni che abbiamo provato ascoltando un bravo oratore.