Sappiamo contare fino a dieci?

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Quando si tratta di premere il tasto Invio diventiamo i più veloci del West. Dimenticandoci, o fregandocene, che da quel momento tutte le nostre pubblicazioni se ne andranno in giro per il mondo e vi rimarranno per sempre.

Sono “leggerezze” che si pagano, quando va bene, con situazioni estremamente imbarazzanti, mentre nei casi più gravi il ricorso al giudice è ormai diventato roba corrente.

I social media ci hanno permesso di condividere i nostri pensieri, le nostre idee e le nostre opinioni in maniera facile e istantanea. Probabilmente, è questa estrema rapidità che, in più occasioni, ci fa perdere di vista il fatto che “là fuori” ci sono milioni di sconosciuti virtuali.

Il bottone Pubblica, come le sirene di Ulisse, ci ammalia e noi ne siamo irresistibilmente attratti. Tuttavia, per non doverci rammaricare in un secondo tempo, prima di pubblicare (o condividere) qualsiasi contenuto, facciamo un respiro profondo e contiamo fino a dieci.

[bctt tweet=”L’unico vero errore è quello da cui non impariamo nulla. (John Powell)”]

1. Sto offendendo qualcuno?
L’elenco dei messaggi ingiuriosi è pressoché infinito. Insulti a sfondo razziale, gossip costruiti ad arte e bufale sesquipedali sono solo alcuni dei contenuti che ci passano sotto gli occhi tutti i giorni. Non dico che tutto debba essere rigorosamente politically correct, anzi la grassa battuta o un’immagine equivoca, in certe circostanze, possono essere utili per smorzare la tensione e recuperare il volto umano della discussione, ma valutiamo sempre le nostre azioni in termini di consapevolezza e rispetto. Nel dubbio, evitiamo di pubblicare.

2. Discuto le opinioni o le persone?
Quando pensiamo di essere stati feriti nelle nostre convinzioni, impulsivamente ci sentiamo autorizzati a sfogare la rabbia sui profili social. Ciò crea immediatamente due tipi di problemi:
– Saltiamo a piedi pari la questione e andiamo dritti sulla persona che ha criticato la nostra opinione.
– Quando portiamo il presunto disonore all’attenzione pubblica, non facciamo altro che metterci in cattiva luce da soli (indipendentemente dalla gravità, vera o presunta, del torto subito).
Rovesciamo il punto di vista: daremmo credito e fiducia a una persona che non si fa problemi a mettere “in piazza” le sue vicende private?

3. È mio o è tuo?
È opinione molto diffusa che internet sia una sorta di terra di nessuno. Ti serve un’immagine, scaricala! In realtà, la stragrande maggioranza dei contenuti ha un autore cui riconoscere l’attribuzione o, in altri casi, pagare i relativi oneri di copyright. Tutte le volte che pubblichiamo qualcosa, teniamo presente che “l’ho trovata su internet” non regge come discolpa nel caso di azioni legali per l’uso improprio di immagini, citazioni o idee originali.

4. E se il mio capo non lo sopporto più?
C’è da dire che da quando hanno cominciato a fioccare le sentenze (e i licenziamenti), è aumentata l’attenzione a pesare maggiormente le parole all’indirizzo di capuffici, colleghi e dipendenti.
È diventato “storico” lo scambio di tweet fra Cella, una ragazza texana (“Domani inizio questo fottuto lavoro.”) e il suo futuro datore di lavoro Robert Waple, proprietario di una pizzeria (“E invece no, non inizierai quel fottuto lavoro domani. Ti ho appena licenziata. Buona fortuna senza lavoro e senza soldi.”).
Pertanto, al di là delle conseguenze legali ed economiche, questi “slanci” non depongono favorevolmente per una buona reputazione, non solo in rete.

5. Siete invidiosi che andiamo in vacanza, eh?
Quante foto abbiamo visto di allegre famigliole che si selfano con la macchina stracolma di valigie e l’immancabile “Finalmente si parteeee…”? Perché non scrivere anche che la chiave della cassaforte è dietro al quadro in cucina? Capisco l’entusiasmo e la voglia di far sapere a tutti che dopo un anno di fatiche andiamo una settimana al mare, ma il problema è che non possiamo mai sapere chi c’è “dall’altra parte”.
Al ritorno, ci sarà tutto il tempo per condividere urbi et orbi i nostri favolosi ed emozionanti scatti.

6. Devo chiedere il permesso?
Ci arrivano una mail o un messaggio privato talmente fighi che non vediamo l’ora di condividerli pubblicamente. Un battito di ciglia e zac, tutto sparato online! Abbiamo fatto la cosa giusta? Forse, il nostro interlocutore desiderava che solo noi potessimo vedere quel contenuto. Per evitare di creare malintesi e figuracce chiediamo sempre l’autorizzazione prima di condividere contenuti privati e/o personali.

7. Giallo paglierino?
Essere autentici è un comportamento che sui social media paga sempre. Anche se siamo dei professionisti e pubblichiamo prevalentemente informazioni relative al nostro ambito di riferimento, sconfinare di tanto in tanto nella nostra vita privata non è peccato, anzi ci fa percepire reali e genuini. Ovviamente, è sempre una questione di equilibrio e di buon senso. Far sapere a che ora andiamo in bagno la mattina non entusiasma nessuno.

8. Metto o non metto Mi Piace?
I post controversi e sensazionalistici sono sempre molto seducenti. Nella maggioranza dei casi esiste una correlazione diretta fra la “grossa sparata” e la falsità. Non è vero che un Mi Piace o una condivisione non costano nulla. Quando le notizie sono assolutamente paradossali e senza uno straccio di riscontro, la loro condivisione è un giudizio su noi stessi. Infatti, finiamo per apparire ingenui, approssimativi e, in taluni casi, addirittura complici di truffe.

9. Ti cito o non ti cito?
Su Facebook ci sono quasi un miliardo e mezzo di profili. Questo potrebbe fare pensare che tutti sono sul social media dei social media, ma non è così. Chi ha deciso di rimanerne fuori, magari non approva che qualcuno, a sua insaputa, pubblichi una sua foto o lo citi in un commento. Tutte le volte che pensiamo di geolocalizzare qualcuno, di taggarlo in una foto o di scrivere dove si trovava il tal giorno, è sempre meglio chiedere il suo permesso (anche se è iscritto a Facebook).

10. Da qui all’eternità?
Proprio così, ogni volta che pubblichiamo qualcosa sui social media dobbiamo sapere che ci rimarrà per sempre. Anche se lo cancelliamo subito, da qualche parte nel mondo la potente arma dello screenshot ha già premuto il suo grilletto.
Quindi, prima di pubblicare contiamo fino a dieci e chiediamoci: “Questa roba voglio che rimanga online per sempre?”. Se la risposta è no, stacchiamo la mano dal mouse e passiamo ad altro.

Photo by Hans Braxmeier

Di Sergio Gridelli

Sono nato e vivo a Savignano sul Rubicone (FC), una piccola città della Romagna attraversata dal fiume che segnò i destini di Roma. PERCHÉ LO FACCIO Ho sempre pensato che l’impronta di ciascuno di noi dipenda da un miscuglio di personalità e di tecnica. Se questi due ingredienti sono in equilibrio nasce uno stile di comunicazione unico, subito riconoscibile fra tutti gli altri. Perché in un mondo tutto marrone, una Mucca Viola si vede eccome! COME LO FACCIO Aiuto le persone a trovare le motivazioni che le rendono uniche. Non vendo il pane, vendo il lievito. COSA FACCIO Mi occupo di comunicazione aziendale e della elaborazione di contenuti per il web. Curo i profili social di aziende e professionisti. Tengo corsi sulla comunicazione interpersonale, il public speaking, il marketing digitale e su come realizzare presentazioni multimediali efficaci.

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