Se vuoi sfondare devi pitchare duro

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Un pugile che si allena con un sacco da boxe.

L’elevator pitch è una presentazione molto (ma molto molto) breve in grado di attirare l’attenzione. E quest’ultima è finalizzata solo all’ottenimento di una cosa: vendere!

Ora, la “vendita” va intesa nel suo significato più ampio, comprendendo anche la descrizione che facciamo di noi stessi durante un colloquio di lavoro. In questo caso, evidentemente, lo scopo è quello di far apprezzare (e quindi vendere) le nostre capacità.

Ma qual è il trucco per mantenere alta l’attenzione per far innamorare le persone di un’idea, di un progetto, di un’abilità?

Dopo innumerevoli fallimenti “sul campo”, sono giunto alla conclusione che occorre prestare la massima attenzione a questi tre aspetti fondamentali:

1. il pubblico che abbiamo di fronte non ha nessuna voglia di pensare, quindi diamogliela già cotta, se non addirittura pre-digerita;

2. ritenere che le nostre conoscenze siano note a tutti, circa l’idea che andiamo a presentare, è una pia illusione, quindi non commettiamo l’errore di dare per scontato anche ciò che a noi sembra banale;

3. è naturale dilungarsi sulle caratteristiche del nostro progetto (alla fine, per noi è quasi un figlio), ma è bene sapere che al pubblico non è questo che interessa.

Allora, cosa appassiona il nostro interlocutore (investitore, recruiter, giuria di un contest per startup)?

Non mi stancherò mai di ripeterlo, “Partire dal perché” di Simon Sinek è più di un libro, è una vera e propria mappa operativa che ispira al successo attraverso un approccio invertito. Nella nostra testa è presente una sequenza che riteniamo del tutto naturale, ovvero ci concentriamo prioritariamente su ciò che facciamo e su come lo facciamo, dimenticandoci il perché lo facciamo. Questo è il modo più semplice per annoiare chi invece deve credere in noi.

Il pitch che funziona è quello che capovolge il consueto approccio paradigmatico del cosa e del come.

Pertanto, iniziamo subito col dire perché abbiamo fatto ciò che abbiamo fatto. Quali sono state le motivazioni profonde che ci hanno spinto a concretizzare la nostra idea? La risposta che il pubblico si aspetta è una sola (anzi due): il problema che cerchiamo di risolvere e quante persone hanno quel tipo di problema.

Come la nostra idea risolve il problema. Evitiamo la “trappola” di vantarci di essere i soli al mondo ad avere avuto quel tipo di approccio al problema (una rapida ricerca su Google ci sgama in meno di un secondo). Piuttosto, raccontiamo come abbiamo ottimizzato il processo ricombinando in maniera diversa alcuni elementi. Come dire, c’è stato il genio che ha inventato la ruota e poi è arrivato quello che ha aggiunto le altre tre. Ecco, noi siamo quelli di questa seconda fase.

Cosa facciamo, tenendo in considerazione la sostenibilità del progetto e il suo eventuale impatto ambientale. A questo punto, la semplificazione è d’obbligo. E non c’è niente di meglio di una metafora per farsi capire da tutti, ma proprio tutti.

Ad esempio, potremmo essere in grado di spiegare anche a un bambino di tre anni che cos’è una lavatrice: “è un drago di metallo che si mette in bocca i vestiti sporchi e li sputa fuori puliti”.

Venendo alla questioni più pratiche, ci sono una serie di domande “classiche” che ci devono trovare non solo pronti, ma anche molto reattivi (le mitragliate di mmh, ehm, uhm, non hanno mai entusiasmato nessuno):

  • Siete in grado di dimostrare con un esempio quello che avete appena detto?
  • Quanti soldi occorrono per industrializzare il prodotto e in quanto tempo è possibile recuperare il capitale investito?
  • Come pensate di intercettare i potenziali clienti?
  • Da cosa si capisce che l’idea e/o il prodotto sono innovativi?
  • Qual è la dimensione stimata del mercato di riferimento?
  • Cosa vi differenzia dai vostri concorrenti?
  • Perché il vostro team è affidabile?

Ogni idea è potenzialmente buona, ma nella maggior parte dei casi è come viene presentata a decretare il suo successo o il suo fallimento. E qui entra in gioco la capacità di farsi ricordare, ovvero quel “perché” che ci rende distinguibili da tutti gli altri.

La maggior parte delle persone prova repulsione alla vista degli scarafaggi, ma non è così per la coccinella. Evidentemente, è uno scarafaggio che sa come presentarsi.

Foto di Antoni Shkraba

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Se vuoi sfondare devi pitchare duro
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Se vuoi sfondare devi pitchare duro
Descrizione
L'elevator pitch è una presentazione breve e coinvolgente che attira l'attenzione degli ascoltatori fin dal primo istante.
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Sergio Gridelli Blog
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Di Sergio Gridelli

Sono nato e vivo a Savignano sul Rubicone (FC), una piccola città della Romagna attraversata dal fiume che segnò i destini di Roma. PERCHÉ LO FACCIO Ho sempre pensato che l’impronta di ciascuno di noi dipenda da un miscuglio di personalità e di tecnica. Se questi due ingredienti sono in equilibrio nasce uno stile di comunicazione unico, subito riconoscibile fra tutti gli altri. Perché in un mondo tutto marrone, una Mucca Viola si vede eccome! COME LO FACCIO Aiuto le persone a trovare le motivazioni che le rendono uniche. Non vendo il pane, vendo il lievito. COSA FACCIO Mi occupo di comunicazione aziendale e della elaborazione di contenuti per il web. Curo i profili social di aziende e professionisti. Tengo corsi sulla comunicazione interpersonale, il public speaking, il marketing digitale e su come realizzare presentazioni multimediali efficaci.

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