Parlare in pubblico: 5 cose scomode da fare per avere successo

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Oratore con microfono in mano

Parlare in pubblico provoca sempre un certo disagio, anche agli oratori più consumati. Ansia, paura e preoccupazione sono gli elementi tipici dell’uscita dalla zona di comfort. Già, perché questo comporta parlare davanti a un pubblico.

Ma cos’è esattamente la zona di comfort?

Per gran parte della giornata eseguiamo operazioni di routine che riducono al minimo lo stress e, per certi versi, i rischi. Sappiamo a che ora passa il tram che ci porterà in ufficio, conosciamo i nostri collaboratori, abbiamo ben presente la sequenza delle procedure che dobbiamo eseguire. Tutto questo determina in noi uno stato di sicurezza mentale o, per dirla in maniera più aderente al tema, ci troviamo tutto sommato in una zona di felicità, ansia bassa e stress ridotto.

Quando si verifica una deviazione dalla norma, ecco allora che ci vediamo costretti a gestire alla bell’e meglio il “punto di rottura”. È il caso tipico del parlare davanti a una platea. Si tratta di una situazione di stress superiore alla norma, ma non per questo necessariamente paralizzante. Anzi, la cosiddetta “ansia ottimale” è fondamentale per massimizzare il successo della prestazione oratoria.

L’ansia ottimale

L’abbandono della zona di comfort è qualcosa di innaturale (a tutti piace stare sereni, rilassati e tranquilli), ma al tempo stesso spingersi un poco oltre il limite può consentirci di ottenere risultati sorprendenti.
La buona notizia è che ci si può allenare per favorire questa attitudine. Come? Semplicemente cominciando a modificare alcune delle nostre abitudini quotidiane: percorrere un’altra strada per andare al lavoro o a fare la spesa, sperimentare per un giorno (o per una settimana, o per un mese) una dieta di tipo vegetariana o vegana, utilizzare un nuovo sistema operativo o un software più complesso (e performante) di quello abituale.
Non sempre tutto andrà come previsto, anzi è molto probabile che in più occasioni avvertiremo un senso di smarrimento e di scoraggiamento.
È quell’ansia ottimale che ci dice di osservare, analizzare, e comprendere la nuova situazione. In una parola dobbiamo identificare la paura. Nel momento esatto in cui riusciamo a darle un nome ecco che (magicamente) la zona di comfort si dilata e va a lambire nuovi confini.

Va da sé che non si può stare perennemente fuori dalla zona di comfort. È fondamentale ritornare in una condizione di sicurezza psicologica per poter elaborare l’esperienza. Solo in questo modo acquistano valore le cose sottili e apparentemente invisibili del quotidiano.

[bctt tweet=”Parlare come se fosse l’ultima frase che ci è concessa. (Elias Canetti)” username=”giowile”]

Detto tutto questo (Era proprio necessario? Ma sì!), ecco 5 consigli “scomodi”, e fuori dalla zona di comfort, per parlare in pubblico senza svenire.

1. Parlare in piedi, sempre!

Parliamo in piedi in piedi tutte le volte che possiamo, e quando non è possibile inventiamoci il modo per farlo.
Non c’è solo una ragione, per così dire, fisiologica (diaframma, respirazione, energia e tutte quelle cose lì), ma c’è in ballo anche un aspetto più squisitamente comunicativo. Il nostro corpo è una superficie di comunicazione, perché nasconderne il 70% rimanendo seduti o stando dietro a un leggìo?

2. L’improvvisazione è figlia dello studio, tanto studio

Rimaniamo letteralmente affascinati quando ascoltiamo quegli oratori che non incespicano sulle parole, che non leggono il loro intervento, che non perdono mai il filo del discorso. Come fanno? Ovvio, studiano.
Non solo sono padroni della loro materia (e hanno l’umiltà di riconoscere che non si finisce mai d’imparare), ma scelgono con cura i termini più efficaci, sincronizzano tono della voce e gestualità, non si accontentano mai e ogni volta puntano a fare meglio.

[bctt tweet=”I migliori oratori danno l’impressione di improvvisare, ma in realtà si preparano tutto. (JFK)” username=”giowile”]

3. Nessuna vergogna a chiedere aiuto

Prendiamo il telefono, mandiamo una mail, chiediamo suggerimenti a chi ne sa più noi. Lo so, abbiamo sempre paura di apparire sfacciati e non ci piace svelare le nostre debolezze. Vinta questa (naturale) ritrosia, nella stragrande maggioranza dei casi dall’altra parte troviamo sempre una persona molto disponibile a dare suggerimenti e consigli. I grandi, quelli veri, sono tali perché non se la tirano. Ricordiamocelo anche quando, forse, lo diventeremo.

[bctt tweet=”Occorre raccontare lentamente per far capire velocemente.” username=”giowile”]

4. Parlare in pubblico: e se adesso toccasse a me?

Cosa succede se all’improvviso ci chiamano sul palco per sostituire l’oratore ufficiale? Scappiamo? Ci nascondiamo in bagno? Simuliamo un incurabile abbassamento di voce?
Fortunatamente, si tratta di evenienze piuttosto rare. Ma non si mai, ed è meglio farsi trovare pronti.
Io faccio così: quando sono fra il pubblico, cerco di elaborare mentalmente una possibile narrazione inerente l’argomento. Ovviamente, nel 99% dei casi non dovrò salire sul palco, ma questo esercizio mi aiuta a individuare i punti chiave del discorso e ad acquisire dimestichezza con l’ansia ottimale. Già, proprio quella.

[bctt tweet=”Non mettere il pagliaio attorno all’ago. (Fabrizio Cornalba)” username=”giowile”]

5. Mettersi in discussione, anche quando tutto sembra andare bene

Ormai dovrebbe essere chiaro: se ci adagiamo sulla nostra zona di comfort, oltre a non correre particolari rischi, non facciamo nemmeno alcun progresso.
Ecco perché per parlare in pubblico in maniera persuasiva è necessario mettere continuamente in discussione i nostri risultati, anche quando ci sembrano sostanzialmente buoni.
Essere aperti al cambiamento significa modificare l’attacco del discorso (anche se apparentemente ancora funziona), aggiornare le metafore (anche se fanno ancora ridere), raccontare una nuova storia (anche se quella “vecchia” ancora emoziona).

Photo by Freely Photos

Di Sergio Gridelli

Sono nato e vivo a Savignano sul Rubicone (FC), una piccola città della Romagna attraversata dal fiume che segnò i destini di Roma. PERCHÉ LO FACCIO Ho sempre pensato che l’impronta di ciascuno di noi dipenda da un miscuglio di personalità e di tecnica. Se questi due ingredienti sono in equilibrio nasce uno stile di comunicazione unico, subito riconoscibile fra tutti gli altri. Perché in un mondo tutto marrone, una Mucca Viola si vede eccome! COME LO FACCIO Aiuto le persone a trovare le motivazioni che le rendono uniche. Non vendo il pane, vendo il lievito. COSA FACCIO Mi occupo di comunicazione aziendale e della elaborazione di contenuti per il web. Curo i profili social di aziende e professionisti. Tengo corsi sulla comunicazione interpersonale, il public speaking, il marketing digitale e su come realizzare presentazioni multimediali efficaci.

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