La vita è un rullino da sviluppare, non una fotografia istantanea

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Gatto che suona il pianoforte

Ci sono cose che si capiscono solo dopo aver accumulato un bel po’ di anni sulle spalle.

Cambiano le generazioni, ma per buona parte dell’età “giovanile” (il termine non ha confini netti e tanto meno universali) l’attrazione continua ad andare in un’unica direzione, quella della gratificazione immediata.

Un vortice di istantaneità che i social hanno avuto solo il compito di renderlo visibile a tutti. Così i like diventano la soluzione rapida al bisogno atavico di cercare continue conferme sul proprio senso di “stare al mondo”. Un espediente facile, semplice e, ovviamente, veloce.

Poi arriva il giorno in cui il “tutto e subito” non è più possibile o, per altri versi, insufficiente a farci stare (e sentire) bene. Scopriamo all’improvviso come le conferme esterne siano sempre più inconsistenti e che non esistono scorciatoie effimere per raggiungere la felicità.

Da quel momento i nostri passi diventano più lenti e ragionati, l’attesa si trasforma in piacere e cominciamo a pensare prima di consumare (o bruciare) qualsiasi esperienza.

L’attesa del piacere è essa stessa un piacere.
(Gotthold Ephraim Lessing)

Potrebbe sembrare una contraddizione, ma ritardare la gratificazione ci rende felici anche nel breve termine.

La risposta è nei perché

Dai due/tre anni fino ai sette/otto anni ognuno di noi ha attraversato la cosiddetta “età dei perché”. Crescendo, sembra quasi che nulla possa più meritare la nostra curiosità e che, invece, sia molto più attraente il meccanismo del premio istantaneo. Per poi passare immediatamente alla gratificazione successiva.

Da (molto) adulti non possiamo che vedere in tutto questo il senso capovolto dell’esistenza. Come dire, quando abbiamo ancora tutta la vita davanti sembra che il tempo sia un tiranno, mentre quando gli anni che ci restano si assottigliano, ecco che i significati li andiamo a cercare dentro la lentezza dei momenti.

I giovani partecipanti ai miei corsi di formazione si stupiscono (e non escludo che qualcuno mi prenda anche per pazzo, con l’aggiunta di vecchio) quando all’improvviso chiedo perché l’acqua è bagnata, perché i gatti miagolano o perché gli uccelli volano.

Evidentemente, non sono interessato alla risposta scientifica, ma a capire se hanno un “perché” che governa la loro vita.

Io stesso, se l’avessi saputo alla loro età, avrei di certo commesso meno errori, imboccato prima le direzioni migliori, causato meno dolore.

Infatti, una volta scoperto il nostro “perché” diventiamo molto più consapevoli di ciò che cerchiamo nella vita. È in quel frangente che ci appare, come una regola incisa nel marmo, che il tempo c’è sempre, quello che manca sono solo le motivazioni.

Riconquistare l’abitudine di dire di sì

La velocità ci fa dire più spesso “no” che “sì”. Tutto quello che non prevede una soddisfazione istantanea lo escludiamo dai nostri orizzonti, ma così facendo non sapremo mai cosa ci stiamo perdendo.

Facciamoci caso, quante volte abbiamo migliorato la nostra condizione grazie a occasioni, a connessioni e a relazioni che stavano dall’altra parte del “no”?

Quella conferenza a cui non volevamo andare, quella fiera di settore che immaginavamo banale, quell’appuntamento di lavoro che ritenevamo tempo sprecato, si sono rivelate fondamentali perché alla fine abbiamo detto “sì”. Più “sì” diciamo e più la vita ci risponde nella stessa identica maniera.

Riportando la questione sul pratico, immagino che la gran parte di noi non faccia ogni cosa al solo scopo di ottenere una ricompensa. Per essere più espliciti, non aiutiamo la proverbiale vecchietta ad attraversare la strada con l’unico obiettivo di ottenere una mancia. Almeno me lo auguro.

Le cose si complicano quando entra in gioco il lavoro. Qui il binomio fare-ricompensa si impone con maggiore forza perché il profitto è sempre in primo piano.

Pur tuttavia, se le nostre competenze le mettiamo a disposizione per una causa che ci appassiona, vengono a trovarsi sulla stessa linea di mira il piacere del dare e la soddisfazione di perseguire uno scopo. Ecco svelato il famoso “perché” di cui parlavo poc’anzi.

Se da tutto questo si può ricavare uno stile di vita appagante, allora il significato non può che essere racchiuso qui dentro: alla fine della giornata sono riuscito a diventare la persona che volevo essere?

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La vita è un rullino da sviluppare, non una fotografia istantanea
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La vita è un rullino da sviluppare, non una fotografia istantanea
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Meglio un uovo oggi o una gallina domani? L'eterna lotta tra istinto e ragione al tempo della civiltà on demand.
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Sergio Gridelli Blog
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Di Sergio Gridelli

Sono nato e vivo a Savignano sul Rubicone (FC), una piccola città della Romagna attraversata dal fiume che segnò i destini di Roma. PERCHÉ LO FACCIO Ho sempre pensato che l’impronta di ciascuno di noi dipenda da un miscuglio di personalità e di tecnica. Se questi due ingredienti sono in equilibrio nasce uno stile di comunicazione unico, subito riconoscibile fra tutti gli altri. Perché in un mondo tutto marrone, una Mucca Viola si vede eccome! COME LO FACCIO Aiuto le persone a trovare le motivazioni che le rendono uniche. Non vendo il pane, vendo il lievito. COSA FACCIO Mi occupo di comunicazione aziendale e della elaborazione di contenuti per il web. Curo i profili social di aziende e professionisti. Tengo corsi sulla comunicazione interpersonale, il public speaking, il marketing digitale e su come realizzare presentazioni multimediali efficaci.

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