Reputazione è la parola del momento. Fra tutte le questioni che riguardano la sfera personale, la reputazione è quella che più di altre determina il livello di credibilità individuale. Ci vuole moltissimo tempo per costruirla e basta un niente per comprometterla seriamente.
Se fino a un po’ di tempo fa si poteva pensare di “gestire” una eventuale crisi incassando e sopportando il colpo per qualche giorno, dopo l’avvento di internet ciò non è stato più possibile. Google, per dirne una, è in grado di spiattellare in prima pagina per mesi (se non addirittura per anni) un risultato “scomodo” sul nostro conto o su quello di un’azienda.
Non è mia intenzione fare l’elenco delle condotte non propriamente specchiate che vanno a minare la considerazione di una persona, mi limito a prendere in considerazione le “leggerezze” comunicative che di tanto in tanto compiamo sulle varie piattaforme sociali. Dettagli cui spesso non ci facciamo caso, ma che pesano come macigni quando si vanno a tirare le somme della nostra contabilità reputazionale.
[bctt tweet=”Cosa dire e cosa non dire, le due facce della reputazione.” username=”giowile”]
Mi riferisco a cinque categorie di post che consiglio di evitare se si vuole dare una rappresentazione di sé stessi il più possibile seria ed equilibrata.
Il post di condoglianze
Che si tratti del vip che manco si sapeva chi fosse o del (più o meno) conoscente, istantaneamente parte la gara per vedere chi fa il RIP più veloce del Far Web. Queste manifestazioni di “vicinanza” al dolore sono quasi sempre solo di facciata e la loro stucchevole reiterazione fa perdere la fiducia che ripone in noi la nostra cerchia relazionale. Le condoglianze, quelle davvero sentite, si fanno di persona, al telefono o con un telegramma.
Il post un tanto al chilo
Una pubblicazione approssimativa e senza un’opportuna verifica delle fonti compromette fortemente la credibilità. Uno spensierato Mi Piace sulla bufala di Marte che “sarebbe stato visibile della stessa grandezza della Terra” demolisce il nostro senso di realtà, anche se non siamo degli astrofisici. Prestiamo massima attenzione anche quando pubblichiamo nomi di persone e contesti non verificati.
Il post settario
Le domande, i contest e i sondaggi sono fra le tecniche migliori per fare engagement sui social media. Tuttavia, siccome non tutti la pensiamo nella medesima maniera, schierarsi rabbiosamente da una parte denigrando deliberatamente l’altra, non depone favorevolmente per la nostra attendibilità. Specie per le questioni che riguardano le scelte di coscienza è un attimo passare dalla discussione sulle idee a quella sulle persone. Facciamo di tutto per non cadere in questo tranello.
Il post fuori tempo massimo
Per le attività di personal branding è sempre più frequente ricorrere alla programmazione dei post sui vari social media. Il tempo, oltre a essere una risorsa scarsa, è anche uno dei maggiori nemici del prestigio personale. Dimenticarsi di aver schedulato una radiosa “buona domenica” e nel frattempo si è verificata una catastrofe, ci fa perdere in un solo colpo fiducia, stima e rispetto.
Il post a reputazione zero
Quello che oggi ci fa divertire (una foto stupida, una grassa battuta, un giudizio su qualcuno) potrebbe imbarazzarci o, peggio, crearci dei problemi fra qualche tempo. La regola d’oro per salvarsi la faccia? Prima di pubblicare qualsiasi cosa chiediamoci sempre cosa ne penserebbe nostra nonna. È un metodo infallibile!

