Ce lo insegnano fin dalle elementari: la medesima frase si può scrivere in almeno due modi e con significati del tutto diversi. Dire “Stefania è una brava ragazza, ma è un po’ pigra”, non è la stessa cosa che affermare “Stefania è un po’ pigra, ma è una brava ragazza”. Anche se i contenuti sono identici, una differente articolazione nella posizione delle parole ne cambia il significato o, perlomeno, lascia percepire un messaggio che ha tutt’altro scopo.
Una cosa che invece ci insegna la pubblicità è quella di evitare costruzioni lessicali al negativo. Ci sono due ragioni pratiche alla base di questa regola:
- il messaggio negativo può venire associato al prodotto o al servizio;
- le persone vogliono sapere perché devono fare o comprare una determinata cosa.
La frase positiva
Per promuovere un corso di inglese online, possiamo fare ricorso ad un paio di slogan:
- “Impara l’inglese online. Decidi tu quando vuoi fare lezione”;
- “Impara l’inglese online. Risparmia sui libri di testo”.
Già da una prima occhiata, ci si accorge subito che il claim iniziale è quello più funzionale. Il concetto della flessibilità emerge immediatamente e porta a immaginare scenari che si adattano a svariate contingenze individuali (lavoro a tempo pieno, impegni familiari, organizzazione della giornata).
[bctt tweet=”La composizione di una frase è spesso indistinguibile dalla magia.” username=”giowile”]
Il risparmio è sempre una leva interessante e molto spesso funzionale per ottenere un risultato. Nel caso della seconda ipotesi, il messaggio fa prefigurare un risparmio di denaro derivato, si suppone, dalla disponibilità online dei materiali di studio necessari per seguire il corso. Mentre il concetto di flessibilità è chiaro (“Decidi tu quando vuoi fare lezione”), l’annuncio basato sul risparmio ha contorni meno definiti e lascia spazio ad alcuni interrogativi: “Quanto risparmio effettivamente?”, “Quali sono i vantaggi di non avere libri di testo?”, “La qualità dell’insegnamento è la medesima dei corsi offline?”.
La frase negativa
Ad ogni modo, pur privilegiando la forma positiva, ci sono alcuni casi in cui una costruzione lessicale negativa sortisce effetti migliori rispetto alla corrispettiva positiva.
“Nutrire il pianeta” è stato lo slogan di Expo Milano 2015. Un messaggio positivo, senza dubbio, ma poco motivante per far compiere qualsiasi azione se, fra le altre cose, lo scopo era anche quello di interrogarsi (e intervenire fattivamente) per risolvere l’atavico problema della fame nel mondo.
Il messaggio è positivo, ma in concreto ci dà solo l’alibi per dire “se tutti facessero qualcosa si poterebbe sconfiggere la fame nel mondo”. Viviamo tutti sullo stesso pianeta, ma il nostro mondo non è una dimensione maneggiabile, gestibile e comprensibile a livello individuale. Sulle questioni di emergenza planetaria (si pensi, ad esempio, all’inquinamento atmosferico o alla sovrapproduzione di rifiuti) pochi hanno coscienza del fatto che un piccolo comportamento virtuoso di tutti si traduce in grandi benefici globali.
[bctt tweet=”Nelle parole si nasconde sempre un’azione.” username=”giowile”]
È sempre una questione di distanze o, se si preferisce, di vicinanze. Emotivamente, ci fa più effetto la notizia di una fuga di gas nella nostra città, invece del bombardamento di un ospedale pediatrico dall’altra parte del mondo.
Questa è la ragione per cui, riprendendo l’esempio della fame nel mondo, una frase con connotazioni negative può risultare più efficace. Senza voler insegnare nulla ai guru dell’advertising, metterla sul piano che “100 persone del tuo quartiere ieri non hanno mangiato” avvicina l’attenzione e molto probabilmente innesca anche una maggiore predisposizione ad aderire alla donazione di prodotti alimentari promossa allo scopo dal supermercato sotto casa.