E già, come va? Forse, è questo il convenevole che più utilizziamo quando vogliamo “rompere il ghiaccio” con qualcuno incontrato per strada o, come succede adesso, in videocall.
Fatemi indovinare, scommetto che anche le risposte da voi ricevute, innescate dallo stesso meccanismo automatico che ha generato la domanda, non si discostino molto da “Bene, grazie”, “Non c’è male” oppure, con una modalità tutta romagnola, ecco l’onnicomprensivo “Mo di’” che contiene in un colpo solo uno stato apprezzabile di salute, una discreta serenità familiare, pochi problemi per quanto riguarda il lavoro.
La verità? Nella stragrande maggioranza dei casi non ci interessa molto di “come stanno” i nostri interlocutori e questi, da par loro, sono ben consapevoli di affidare la risposta al vento.
È così, prima ne prendiamo coscienza e meglio è. Ora, come facciamo a sostituire questi salamelecchi “vuoti e inutili” con un attacco davvero interessato?
È sufficiente una piccola variazione “sul tema” per aprire il dialogo in maniera assai più coinvolgente: “Come va la giornata?”.
Potrebbe apparire un’aggiunta di poco conto, e invece fa una grande differenza.
Pensiamoci. Con l’interrogativo posto in questa maniera, “stringiamo il campo” e invitiamo la persona che abbiamo di fronte a elaborare, a riflettere sulle sue azioni, ad aprirsi con maggiore cognizione.
Prendere l’abbrivio con “Ci sono novità?” non ci porta molto lontano
Il campo è infinitamente aperto e, ahinoi, anche in questo caso difficilmente otterremo le indicazioni richieste.
È un po’ come quando, a fine cena, il cameriere ci chiede “Desidera altro?”. Nove volte su dieci la nostra risposta è “No, grazie”. Perché? La domanda non pone dei confini e dato che il cervello tende sempre a massimizzare (e risparmiare) le risorse, ci viene “naturale” declinare l’invito a “ordinare altro”.
Invece, sarebbe di gran lunga più efficace (e vantaggiosa per il ristorante) una domanda secca come “Dolce o caffè?”. Ecco che il nostro cervello, sempre per il principio del “risparmio energetico”, ci invita “magicamente” a scegliere l’uno o l’altro.
Tornando a noi, il “Ci sono novità?” per essere proficuo necessita di un legame preciso, chiaro, evidente. Per dire, il metal detector ci fornirà segnali più intensi se operiamo in una zona circoscritta e definita.
A questo punto, è del tutto evidente come l’aggiunta che farà la differenza sarà la specificazione a quale novità ci riferiamo: “Ci sono novità sul progetto XYZ?”.
“Posso essere utile?”, anche no
Molto spesso le domande vaghe ricevono, quando va bene, delle risposte vaghe.
Certo, l’intenzione di offrire un aiuto è apprezzabile, ma la generalizzazione non aiuta il nostro altruismo e tanto meno risolve i problemi di chi riceve la proposta, cui deleghiamo tutto il “duro lavoro” di trovare una risposta.
“Potrei essere utile per completare XYZ, cosa ne pensi?”, è una domanda che prende la mira e, ancora una volta, mette a fuoco un aspetto determinato, definito, nitido.
“Abbiamo dei margini di miglioramento?”, sì, forse, non lo so
Chi non vuole migliorare una cosa che sta già facendo? Tutti. Il problema è sempre nell’indeterminatezza della domanda. Migliorare cosa di preciso? Il funzionamento? La remunerazione? La relazione?
Come nei casi precedenti, il buen retiro del cervello si adagia su un comodo “Andiamo già abbastanza bene così”… e buonanotte!
Più le domande sono specifiche e più le risposte lo saranno di conseguenza: “Abbiamo trascurato la promozione sui social?”, “Come stanno pubblicizzando il prodotto i nostri concorrenti?”, “In quanto tempo riusciremo a fare il prototipo?”.
Le domande giuste tracciano la strada per soluzioni giuste. Nella vita di tutti giorni o in ambito professionale, evitiamo gli interrogativi di routine che suscitano solo risposte disarticolate, inutili, anonime.