Lo sappiamo tutti, ottenere un like, un commento o, addirittura, una condivisione del nostro post ci fa stare meglio. La faccenda ha risvolti fisiologici ed è legata al rilascio di dopamina, un neurotrasmettitore coinvolto nei fenomeni di dipendenza. Ne deriva che affermare “sono drogato di Facebook” non è solo un modo di dire.
Le “crisi da astinenza” sono in forte crescita (Nomofobia e Fomo rappresentano le patologie più diffuse) e solo il (non facile) passaggio da scopo a strumento può ricollocare le piattaforme sociali nella loro giusta dimensione.
Dunque, i social media sono mezzi di relazione e come tale vanno considerati, comprese le tecniche più efficaci per massimizzare la comunicazione.
I fondamentali
Anche se pubblichiamo dei post di assoluto “alleggerimento”, da quelli “salutari” (“Buongiorno”, “Buonasera”, Buonanotte”) ai cosiddetti “vaguebooking” (“Ecco, è appena successo”, “Dannato karma”, “Non voglio parlarne”), rispondiamo ad almeno tre presupposti comunicativi:
- Perché l’abbiamo scritto, ovvero qual è la ragione che ci ha portato a condividere con il mondo il nostro punto di vista;
- A chi l’abbiamo scritto, ovvero a chi ci rivolgiamo (abbiamo sempre in mente qualcuno e non una massa indistinta di soggetti);
- Come l’abbiamo scritto, ovvero uno stile letterario che, anche inconsciamente, riteniamo rappresenti la nostra personalità.
Rendere espliciti a noi stessi questi meccanicismi significa dare caratteri di concretezza all’efficacia delle relazioni che instauriamo sulle piattaforme sociali.
Le tecniche
Le persone amano i benefici
Da un post, prima ci si aspetta la soluzione e solo secondariamente vengono prese in considerazione le caratteristiche.
Pertanto, che si tratti di un prodotto, di un servizio o di una “semplice” notizia, le persone ci dedicheranno il loro tempo solo se ne potranno ricavare un vantaggio. Questa è la ragione per cui il loro approccio mentale a un post segue cronologicamente il modello perché-come-cosa.
Si spiega così il motivo per cui piacciono così tanto i post che iniziano con “Perché non riesci a…”, “Come fare per…”, “11 cose che non sai su…”.
Chi legge?
Il lettore ideale è colui che dobbiamo avere in mente quando scriviamo un post. Siccome non è possibile scrivere qualcosa che possa andare bene a tutti, ci dobbiamo sintonizzare con le aspettative della persona con la quale vogliamo entrare in relazione (Una casalinga? Un professionista? Uno sportivo?).
Di certo, questa è la fase più critica e solo molta pratica ci potrà man mano far avvicinare al tono di voce corretto.
In via generale, per qualsiasi approccio vale il rapporto paretiano 80:20 dove l’80% del contenuto deve far riferimento al lettore (“tu”, “te stesso”, “il tuo lavoro”, “la tua famiglia”), mentre per il restante 20% possiamo concentrarci sul “noi” (es. “la nostra azienda”).
A parte la “freddezza” numerica, in questo caso l’applicazione del Principio di Pareto sottende alla verità psicologica secondo la quale la stragrande maggioranza delle persone ama sentirsi al centro dell’attenzione.
Narrare è sempre meglio che (solo) informare
Un elenco di caratteristiche non ha mai emozionato nessuno. Cresciamo con le storie (le favole sono il primo esempio di storytelling con il quale veniamo in contatto) e pertanto ci appassionano scenari verosimili (quindi, non necessariamente veri), parafrasi della vita reale, racconti nei quali ci immedesimiamo. Un mulino bianco, un mugnaio-pasticcere, una gallina finta e il gioco è fatto.
Baci e schiaffi
Fra le tante, ci sono due tecniche che sarebbe bene averle sempre a portata di mano: KISS (Keep It Simple, Stupid) e SLAP.
Il più delle volte non riuscire a catturare l’attenzione del lettore dipende da quel “tanto e contorto” che abbiamo voluto scrivere. “La semplicità è l’estrema sofisticazione”, e se lo dice Leonardo da Vinci…
Un misto di rabbia e disperazione, spesso associato allo stupore, sono gli stati d’animo che avvertiamo quando riceviamo uno schiaffo. Perché il lettore si soffermi sul nostro post dobbiamo sferragli uno schiaffo emotivo, cioè un contraccolpo che lo faccia fermare, guardare, agire. (“Hey tu! L’hai vaccinato il tuo gatto?”).
Zaino in spalla
Un post che non contempla un invito all’azione (la famigerata call to action) è un post praticamente inutile. Non necessariamente deve comparire una sollecitazione a comprare qualcosa, l’invito all’azione è tutto ciò che fa dire al lettore “ok, adesso lo faccio” (cliccare su un link, salvare un’immagine, condividere il contenuto e/o commentarlo).
Tutto è migliorabile
Il post perfetto non esiste, possiamo però migliorarlo. Modificare, cancellare, riscrivere sono una specie di mantra che ci deve risuonare costantemente nel cervello.
Se i tempi lo consentono, lasciamo decantare il contenuto e rileggiamolo con la mente più distaccata. Magari va già bene così, ma avremo avuto un’ulteriore conferma dalla sopraggiunta obiettività.
“La frutta va lavata prima di essere consumata” è una frase sintatticamente corretta, ma se la rileggiamo con occhi nuovi possiamo conferirle più sprint mettendo in primo piano il verbo: “Lavare sempre la frutta prima di consumarla”.