Comincio subito a cento all’ora: quante volte abbiamo condiviso un post leggendo solo la prima riga? Senza generalizzare, direi che il club del “click più veloce del West” è molto folto. Poi, a furia di prendere delle autentiche cantonate, col tempo siamo diventati più scafati, ma tutte le ricerche continuano sistematicamente a smentirci.
Per esempio, un’indagine della Columbia University e del French National Institute mette in luce come il 59% dei link condivisi su Twitter non sia mai stato cliccato. In altre parole, le persone si fermano alla superficie (il titolo) senza approfondire il contenuto.
Possiamo fare peggio? Certo! Il 70% degli utenti di Facebook legge solo il titolo di quello che condivide. Lo ha dimostrato chiaramente il sito americano The Science Post che ha ottenuto ben 46mila condivisioni di un articolo tutto scritto in lorem ipsum. E il bello della faccenda è che il titolo del post recitava proprio “Il 70% degli utenti di Facebook legge solo il titolo di quello che condivide”.
Queste ricerche raccontano anche molto su come si possono diffondere le fake news e sul livello di analfabetismo funzionale che abbiamo raggiunto, ma per ora mi limito a coglierne l’aspetto meramente semantico.
Ricapitolando, se vuoi che il tuo articolo possa avere qualche chance, investi molto tempo nel confezionare il titolo o, per altro verso, la prima riga.
Voglio essere ottimista. Al netto di quelli che collezionano like o condivisioni come fossero punti del supermercato, mi piace pensare che le persone (vanno tutte di fretta, lo so) siano disposte a “spendere” una parte del loro prezioso tempo se vengono incuriosite dal titolo. In sostanza, un buon titolo stimola a cercare la risposta.
La scrittura di grandi titoli ha a che fare con le parole (of course), ma anche (e, forse, soprattutto) con la spinta emotiva che riesce a imprimere nella mente del lettore.
Le 6 intramontabili armi della persuasione di Robert Cialdini
E già, in un titolo la psicologia sociale c’entra eccome. Ovviamente, ogni leva persuasiva andrà tarata sul tipo di pubblico che si vuole intercettare (la buyer persona, sempre lei) e sullo specifico risultato che si vuole ottenere.
Per cui, far capire fin da subito che il lettore avrà solo da guadagnarci (principio di reciprocità) è un buon modo per tenerlo “incollato” ai nostri contenuti.
Per altre vie, fanno il loro dovere l’urgenza (principio di scarsità), la credibilità (principio di autorità o, per meglio, dire di autorevolezza), la conformità ai principi individuali (principio di coerenza), l’adesione alle scelte della maggioranza (principio della prova sociale) e, non da ultimo, il cosiddetto “effetto alone” (principio della simpatia).
La specificità piace
Appartengono a questa modalità tutti i titoli che hanno una forte impronta di realtà. In particolare, i numeri creano specificità proprio perché aiutano vividamente il cervello a immaginare “logicamente” il contenuto.
Per massimizzare l’effetto, 5 (in numero) funziona meglio di cinque (in lettere) e 11 è più “credibile” di 10 (una cifra troppo “tonda” sa di finto).
La curiosità è la regina
Siamo attratti dalle novità e ci piace apprendere delle informazioni (saperi e conoscenze) che fino a quel momento ignoravamo.
La curiosità fa leva sulla ricompensa (“Come ho fatto a vivere fino a oggi senza sapere questa cosa?”). Tuttavia, va da sé che esistano diversi “gradi di curiosità” e una grande variabilità da persona a persona. Per esempio, c’è chi è attratto dal trigger per superare il livello di un videogames e chi, invece, va matto per i “dietro le quinte” della storia.
Arrivare al cuore prima possibile
Esiste una miriade di consigli sulla lunghezza ideale di un titolo. Spesso, si tratta anche di indicazioni contrastanti. Infatti, c’è chi sostiene che le migliori performance si ottengano con un titolo corto (non più di 6 parole), chi predilige maggiore “verbosità” (16-18 parole) e, ovviamente, non manca nemmeno l’esercito di quelli che sono assolutamente certi di come la lunghezza non influisca sui tassi di apertura o di lettura.
Di certo, un esercizio sempre valido è quello di allenarsi alla sintesi. Infatti, più riusciamo a concentrare il concetto e maggiore potenza emotiva trasmetterà ogni singola parola del titolo.
Un esempio? Eccolo: “7 regole per scrivere un titolo che spacca (la numero 5 non te la immagini)”. E via che scivoliamo sul velluto.

