Un leader che non sa comunicare, non è un leader

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Statua di Cristoforo Colombo che indica la direzione come un vero leader

Si chiama glossofobia ed è la paura di parlare in pubblico. Al solo pensiero di farlo, molte persone cominciano a sudare freddo e farebbero volentieri qualsiasi altra cosa che non sia morire.

La faccenda diventa preoccupante quando una di quelle persone è un leader, perché una delle sue abilità più importanti dovrebbe proprio essere la comunicazione, specie quella esercitata faccia-a-faccia.

Nonostante i leader non siano degli oratori professionisti, hanno comunque lo scopo di influenzare (e guidare) i loro collaboratori, sia quando condividono con loro delle “semplici” informazioni, sia quando li devono convincere in merito alle decisioni da prendere.

La paura di parlare in pubblico

Posto che la paura di parlare in pubblico molto spesso nasce dalla carenza di argomentazioni, cioè meno siamo preparati e più siamo terrorizzati, lo studio rappresenta già un buon antidoto per questa fobia.

Il primo pensiero da demolire è che il pubblico (tre persone sono un pubblico) non è lì per processarci. Detto in altri termini, non gli interessa un fico secco di giudicarci, ma vuole esclusivamente opinare il nostro messaggio, cioè quello che abbiamo da dirgli.

Per questa ragione, una robusta preparazione (leggasi conoscenza dell’argomento) consente al leader di comunicare con sicurezza. Senza dimenticare che la cattura dell’attenzione del pubblico si base invariabilmente su due cose:

  • la convalida di ciò che sa già
  • le nuove idee che gli proponiamo

Gli elementi fondamentali di un buon discorso

Dal momento che la presentazione perfetta non esiste, il compito del leader è quello di fare di tutto per migliorarsi continuamente, discorso dopo discorso. Dale Carnegie ci ricorda che la teoria è estremamente semplice, in realtà ogni discorso in pubblico ne racchiude almeno tre: quello che abbiamo preparato, quello che abbiamo effettivamente detto e quello che avremmo voluto dire.

Un discorso efficace è sostanzialmente una storia che risponde a tre scopi ben precisi:

1) può essere raccontata in 30 secondi secondo i presupposti dell’elevator pitch (racchiudere una storia in tre o quattro frasi significa aver ben chiara la sua essenza)

  • Buongiorno, sono Sergio Gridelli e faccio corsi di formazione che aiutano le persone a vincere la paura di parlare in pubblico, la stessa che ha accompagnato anche me per molto tempo. Utilizzo il metodo 2-a-1, il pubblico parla il doppio di quello che ascolta. In questo modo, l’esperienza oratoria entra a far parte delle zone di comfort individuali

2) richiede continuamente di porsi la domanda sul “perché” lo facciamo (parlare in pubblico non è mai un atto fine a stesso, è sempre un’azione che ha un obiettivo)

  • Parlo in pubblico per lasciare alle persone un sentire e, non da ultimo, per imparare io stesso delle cose nuove

3) dà l’opportunità di apparire vulnerabili (i supereroi esistono solo al cinema) e quindi sinceri agli occhi del pubblico

  • Piuttosto che parlare in pubblico, avrei volentieri dissodato con la vanga un paio di ettari…

Va da sé che una storia esprimibile in una manciata di secondi si presta anche a una narrazione molto più articolata. Mentre fare il contrario è molto più difficile, se non addirittura impossibile.

La “tua” storia si evolve con te. Ovviamente, il passato non lo puoi cambiare, ma possono essere sopraggiunte delle evenienze che ti consentono di variare almeno il tono del tuo racconto.

Così, un fatto nuovo ti può suggerire di iniziare la tua “vecchia storia” con una frase memorabile, con una domanda e, perché no, con un silenzio prolungato che produrrà l’effetto di far pensare al pubblico “Cosa avrà di così importante da dirci?”.

Ricapitolando. Un leader è efficace nella misura in cui lo è la sua abilità a comunicare.

Al netto dei presupposti appena elencati (studiare, studiare e studiare), la caratteristica irrinunciabile resta quella di amare profondamente il proprio lavoro.

Vedere la gioia negli occhi di un leader che parla è il più grande messaggio che è possibile trasmettere.

Sommario
Un leader che non sa comunicare, non è un leader
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Un leader che non sa comunicare, non è un leader
Descrizione
Tutti sappiamo che c'è una differenza abissale fra il capo e il leader. In particolare, la differenza la fa la capacità di comunicare.
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Sergio Gridelli Blog
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Di Sergio Gridelli

Sono nato e vivo a Savignano sul Rubicone (FC), una piccola città della Romagna attraversata dal fiume che segnò i destini di Roma. PERCHÉ LO FACCIO Ho sempre pensato che l’impronta di ciascuno di noi dipenda da un miscuglio di personalità e di tecnica. Se questi due ingredienti sono in equilibrio nasce uno stile di comunicazione unico, subito riconoscibile fra tutti gli altri. Perché in un mondo tutto marrone, una Mucca Viola si vede eccome! COME LO FACCIO Aiuto le persone a trovare le motivazioni che le rendono uniche. Non vendo il pane, vendo il lievito. COSA FACCIO Mi occupo di comunicazione aziendale e della elaborazione di contenuti per il web. Curo i profili social di aziende e professionisti. Tengo corsi sulla comunicazione interpersonale, il public speaking, il marketing digitale e su come realizzare presentazioni multimediali efficaci.

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