Una buona presentazione è il risultato di un equilibrio pressoché perfetto fra contenuti testuali, immagini e un mezzo di rappresentazione. Un mix che assomiglia molto a ciò che succede in natura dove ogni organismo interagisce con l’ambiente secondo una logica di ecosistema.
Ritornano oikos e logos attraverso una dimensione dialettica che rende indistinguibili le singole parti, almeno fino a quando non subentrano elementi di rottura (inquinamento?) che vanno a deteriorare tutto l’insieme. È il caso dei micidiali elenchi puntati, dei muri di testo, delle immagini che sembrano essere state appiccicate sulla slide per puro caso. La brutta notizia è che tutti noi, da involontari testimoni, possiamo di certo confermare come tali aberrazioni siano più una costante che un’occasionale anomalia.
Molto spesso all’origine di tutto questo cattivo stato di cose c’è la mancanza di consapevolezza circa lo scopo della presentazione che ci apprestiamo a fare. Vogliamo informare? Vogliamo educare? Vogliamo influenzare? Se non ci poniamo fin da subito il tema di cosa ci interessa che rimanga nella testa delle persone alla fine della nostra carrellata di slide, difficilmente potremo creare qualcosa di efficace.
Innanzitutto, la domanda delle domande è “mi serve realmente PowerPoint per ciò che devo raccontare?”. Preparare una presentazione per qualsiasi cosa “perché così fanno tutti” o perché ci è stato chiesto di “fare due slide” è sempre un pessimo punto di partenza.
Siccome, come già ampiamente detto, una presentazione multimediale funziona solo se i contenuti, il mezzo e lo speaker sembrano una cosa sola, va da sé che ci sono situazioni in cui, in luogo di slide al “limite dell’umano”, altre soluzioni si impongono con tutto il loro potenziale persuasivo. Ecco alcuni esempi.
1. Il braistorming o la generazione di nuove idee
In questi casi, l’elemento istantaneo non filtrato domina la scena. Per quanto ben fatte, le slide andrebbero comunque a costituire un contesto estremamente rigido. Ciò non significa, di contro, che siano sufficienti un pennarello e una lavagna a fogli mobili (e anche un sorriso non ci starebbe male), ma un buon punto di partenza potrebbe essere un poster con una serie di keyword (scritte a mano) dalle quali partire per sviluppare nuove idee secondo lo schema del clustering.
2. Illustrare un progetto ancora in fase di definizione
Alcune slide potrebbero fissare gli elementi cardine del progetto (normalmente, 5 o 6 sono più che sufficienti), lasciando alla ormai onnipresente lavagna a fogli mobili il compito di innescare la discussione. In che modo? Scrivendo man mano i punti di maggiore criticità, le possibili contromosse, i nuovi punti di vista.
Con questa tecnica, gli elementi multimediali fungono da apripista per un confronto creativo che diversamente rimarrebbe imbrigliato nella rigida sequenzialità delle slide.
3. Trasferire conoscenza
In tutti i corsi di formazione le slide la fanno da padrone. Ovviamente, non sussistono controindicazioni, a patto che la presentazione contempli momenti del tipo “imparare facendo”.
Come prassi ormai consolidata, ma anche in virtù dei migliori risultati in termini di apprendimento, le persone “catturano” meglio le nozioni se sono impegnate a fare qualcosa. Guardando semplicemente lo scorrere delle slide… si impara a guardare PowerPoint.
In conclusione, una presentazione di PowerPoint fatta bene si fa sempre notare, ma ci sono occasioni dove una bella infografica disegnata a mano passo-a-passo può asfaltare decine e decine di slide al limite della vergogna. In fondo, il nostro scopo è sempre quello: farsi ricordare. Il mezzo utilizzato, per l’appunto, è solo un mezzo.
![PowerPoint ci serve davvero?](https://i0.wp.com/www.sergiogridelli.it/wp-content/uploads/2017/03/acqua-scivolo-small.jpg?w=180&ssl=1)
![Sergio Gridelli Blog](https://i0.wp.com/www.sergiogridelli.it/wp-content/uploads/2016/06/SG_logo-rich.png?w=180&ssl=1)