C’è un’età in cui si comincia a riflettere seriamente sulla fine delle cose, del tempo, della vita. A dire il vero, è da un po’ che cerco di fissare il minuto esatto dentro il quale nella mia testa si è sedimentata questa impronta.
Da una parte, l’infinito orizzonte della conoscenza o, per qualcuno, della fede, dall’altra i riferimenti materiali che si sbriciolano con velocità a passo variabile.
Noi finiamo. Per quanto questo assunto sia incontrovertibile e, per molti versi, semplice, raramente ci interroghiamo su come l’inevitabile possa diventare un potente stimolo vitale. Ce ne rendiamo conto tutte le volte che qualcosa di nostro volge al termine, può essere una carriera professionale oppure, assai più frequentemente, tutte quelle routine personali con cui imbastiamo le nostre relazioni quotidiane.
Da questi territori della fine nascono nuove essenze di vita. È come se dovessimo imparare nuovamente a camminare, a parlare, a scrivere. Un nuovo corpo, quello vero. Almeno fino alla prossima rinascita.
Il vecchio, per quanto presente solo come ricordo, ci mette continuamente di fronte degli specchi per farci vedere chi eravamo e perché dobbiamo ritornare a esserlo. In questa lotta le armi sono impari ed è molto facile che prenda il sopravvento il recupero, la restaurazione, la parvenza del passato. Ma c’è un’altra possibilità.
La scelta non è solo limitata fra “Perché proprio a me?” e “Perché non posso più essere quello di prima”. L’opzione vincente è “Ok, in quale modo sfrutto questa nuova situazione?”. La storia, contrariamente a ciò che possiamo pensare, è sempre davanti a noi.
La paura della fine
Avere paura è naturale. Ci fanno paura le malattie, le opinioni delle altre persone, i rischi che dobbiamo affrontare.
Poi, succede di colpo che perdiamo tutto: le persone, il lavoro, le cose. La cosa incredibile è che non ci fanno paura le cose finite, perché per l’appunto non esistono più, ma il nuovo che in ogni caso arriverà. E così, solo se lasceremo andare le paure della vecchia vita (non ritorneremo mai più a essere quelli di prima) potremo abbracciare quel “nuovo noi” che aspetta unicamente di sprigionare tutta la sua forza vitale.
Amarsi
I punti di riferimento ci fanno crescere. Se siamo capaci di cogliere i valori autentici nelle esperienze degli altri, possiamo addirittura correggere i nostri difetti e migliorarci.
Tuttavia, se ci limitiamo a emulare la vita delle altre persone perdiamo di vista chi siamo realmente. Il “noi” è la principale fonte di ispirazione per la vita che vogliamo vivere. Ogni giorno.
A chi appartiene il nostro cuore? È nostro e di tutti. Dal punto di vista strettamente anatomico ci tiene in vita, ma può anche servire a tenere in vita un altro essere umano, quando a noi non serve più. Alla stessa maniera, sotto il profilo più squisitamente sensoriale, è l’organo che in ogni istante pulsa la nostra storia. Una storia che è degna di essere scritta solo se viene condivisa con i nostri affetti più cari e intimi.