Ho fatto lo spettatore di PowerPoint. Infatti, nelle ultime settimane ho passato più tempo fra il pubblico che nel ruolo di presentatore di un qualche argomento. La prima constatazione, ovvia, che mi viene da fare “da quest’altra parte” è che le presentazioni multimediali sono diventate la forma più comune di comunicazione pubblica. Ormai, una manciata di slide non si nega più a nessuno. Nemmeno quando non ci sarebbe bisogno e basterebbe inviare un report via mail. Ma tant’è.
Tuttavia, dalla prospettiva dello spettatore si ha un’ottima percezione delle cose che danno maggiormente fastidio in una presentazione.
1. Il presentatore legge parola per parola il testo contenuto nelle slide
Un autentico evergreen. Possibile che non ci si renda conto del tracollo dell’attenzione quando si voltano le spalle per declamare un testo che il pubblico, nel frattempo, ha già letto per proprio conto?
2. Lo spettatore di PowerPoint non fa una visita dall’oculista
Ho visto (si fa per dire) slide zeppe di testo in corpo 8 che anche dalla prima fila apparivano come righe continue indecifrabili.
Guy Kawasaki uno dei guru delle presentazioni multimediali, suggerisce di adottare la regola “10-20-30”. Ovvero, 10 slide da esporre in 20 minuti con una dimensione del testo di non meno di 30 punti.
Un regola che vale sempre? Certo che no! Spesso occorre tenere conto di variabili come la profondità della sala, la grandezza (o piccolezza) dello schermo di proiezione, l’argomento trattato e, perché no, l’età media dell’audience. In ogni caso, la regola di Kawasaki è sempre un buon punto di partenza.
3. Comunicare tutto non fa mai rima con fare capire tutto
Siccome le slide non sono contingentate, perché non spezzare su più diapositive i contenuti complessi? Non c’è cosa più irritante di vedere mille argomenti tutti insieme. Stesso discorso per diagrammi talmente complicati da costringere il presentatore stesso a interrompere la sua esposizione per raccapezzarcisi. Finisco con la perla delle perle: dov’è il senso di mettere in una slide un intero foglio di Excel?
4. Ne facciamo di tutti i colori? Meglio di no
Posso capire che non si nasca con la patente di PowerPoint, ma un minimo di senso estetico bisognerebbe salvaguardarlo. Un testo fucsia su un fondo blu elettrico fa a cazzotti, il bianco sul giallo non si legge, il verde sull’arancione fa spiralare gli occhi. Devo continuare?
5. Senza né capo, né coda
Una presentazione deve avere uno scopo (perché è necessario farla) e un obiettivo (risolvere un problema). Per queste ragioni, il flusso delle argomentazioni dovrebbe seguire una storia e sfruttare le immagini per evocare emozione, sorpresa, umorismo, passione.
Se tutto questo non succede, ecco sopraggiungere la noia e il punto di non ritorno. Quando l’esposizione degli argomenti è male organizzata, dapprima il pubblico cerca di arrangiarsi per trovare un senso e un significato, poi quando si accorge che l’impresa è del tutto vana decide unilateralmente che è tempo perso e abbandona il presentatore al suo triste destino. A quel punto l’unico desiderio è che l’agonia finisca il prima possibile.
Se questo è il risultato, non solo bisogna interrogarsi sui danni che abbiamo fatto, ma anche su quanti soldi stiamo sprecando. Infatti, una presentazione poco chiara richiede un tempo supplementare per approfondire le ricerche, per elaborare un nuova documentazione aggiuntiva, per le discussioni di gruppo. E, come ben sappiamo, il tempo non è mai gratis.
PowerPoint si è così guadagnato una cattiva reputazione. Death by PowerPoint è diventato una sorta di marchio di fabbrica per questo software Microsoft. Anche se non ho mai visto morire per davvero nessuno durante la visione di slide raccapriccianti, è vero che la sensazione di trapassare nel mondo delle tenebre gli astanti ce l’hanno spesso ben presente.
Ovviamente, lo strumento non è il problema
L’anello critico è sempre il presentatore ed è necessario intervenire qui per cominciare a cambiare. La comunicazione efficace è ben altro rispetto a qualche effetto di dissolvenza.