Firmi qui!

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Ragazza che fa la sua firma su uno smartphone

Ormai da diverso tempo, Amazon ha eliminato la “scocciatura” di autenticare con la propria firma la ricezione del pacco. Anzi, il prezioso fardello viene velocemente lasciato (lanciato?) nell’androne del condominio o nel giardino.

Mi è ritornata alla mente questa modalità qualche giorno fa, quando, con mio grande stupore, un corriere mi ha fatto invece apporre nome e cognome su un palmare (usando il mio indice a mo’ di penna), forse igienizzato l’ultima volta un anno fa. Ma questo è un altro discorso.

La cosa curiosa è che avrei potuto scrivere George Clooney, Tex Willer o Paperino che sarebbe andato bene ugualmente. Anche perché io stesso non sarei in grado di decifrare i “graffi” che ho impresso su quel display.

Ora, con tutta la tecnologia che abbiamo a disposizione (biometria compresa), la firma appare sempre più come qualcosa di anacronistico e inutile.

In generale è tutta la scrittura manuale in corsivo a venire considerata un’abilità non più necessaria. Ciò in conseguenza della dematerializzazione di quasi tutte le procedure di archiviazione dei documenti e, in larga parte, per la disaffezione verso l’insegnamento scolastico della cosiddetta bella calligrafia. Una condizione essenziale, quest’ultima, per riuscire a vergare in maniera intelligibile la propria firma.

Ricordo che nella scuola dei miei tempi, più o meno mezzo secolo fa, si passavano mattinate intere a ricopiare “in bella” i pensierini e, successivamente, i temi.

Nonostante la penna a sfera fosse già diventata una commodity da alcuni decenni, i maestri (almeno quelli che ho avuto io) si ostinavano a farci scrivere con pennino, calamaio e… macchie ovunque. Per questo motivo, i mancini venivano obbligati a scrivere “contro natura” con la destra per evitare di trascinare l’inchiostro su tutto il quaderno. Roba che, se succedesse oggi, alla Corte internazionale di giustizia dell’Aia ci sarebbe una fila interminabile di insegnanti in attesa di condanna.

Che ci sia un nesso fra la minore dimestichezza a saper scrivere in corsivo (di conseguenza, a firmare) e l’evoluzione del digitale mi pare assai evidente. In passato, per documenti di capitale importanza come, ad esempio, la Magna Carta, la firma identificava univocamente i sottoscrittori. Essendo difficilmente replicabile, in questi casi la firma era quasi l’equivalente delle impronte digitali. Ma stiamo parlando di otto secoli fa.

Oggi, con buona pace dei periti calligrafici, siamo davvero sicuri che la firma possa certificare, senza alcun dubbio, il riconoscimento del suo autore?

Se ci limitiamo a considerare gli appartenenti alla Generazione Z o, ancora di più, quelli della Gen Alpha, quando si troveranno nella condizione di dover fare la loro firma? Forse mai, o più verosimilmente mai. Nemmeno quando sottoscriveranno il loro primo contratto di lavoro.

Riportiamo le meningi a piombo e chiediamoci realmente se oggi la firma può considerarsi ancora un mezzo di identificazione efficace. Al supermercato, avete mai visto qualcuno a cui è stato rifiutato il pagamento con carta di credito perché gli veniva contestata la veridicità della firma?

Anzi, sarebbe proprio una inusuale forma di protezione firmare lo scontrino sempre con un nome diverso. Poiché, nel caso di furto della carta di credito, il ladro firmerà “naturalmente” con il vostro nome e in questo modo si potrà facilmente riconoscere la transazione truffaldina.

Pensare che nel XXI secolo gran parte delle operazioni finanziarie (apertura di un conto, accensione di un mutuo, acquisto di titoli) si reggano ancora sulla firma è qualcosa che, per essere eleganti, fa rabbrividire.

Per non dire di tutte quelle procedure sbrigate (si fa per dire) via email in cui viene utilizzata la firma scansionata (ancora qualcuno è convinto che sia l’equivalente della firma digitale). Una volta che la firma autografa viene “scannerizzata” e mandata in giro per il mondo, e considerato che ancora per molte pratiche “fa fede”, quanti rischi si corrono con la massima leggerezza?

Torniamo a insegnare l’arte della scrittura, ma mandiamo in pensione l’autenticazione per mezzo della firma. Non ha più senso. Non serve più. È altamente rischiosa.

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Firmi qui!
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Firmi qui!
Descrizione
La firma fatta alla "vecchia maniera", usando la penna, ha ancora senso? O, meglio, è un mezzo efficace per identificare il suo autore?

Di Sergio Gridelli

Sono nato e vivo a Savignano sul Rubicone (FC), una piccola città della Romagna attraversata dal fiume che segnò i destini di Roma. PERCHÉ LO FACCIO Ho sempre pensato che l’impronta di ciascuno di noi dipenda da un miscuglio di personalità e di tecnica. Se questi due ingredienti sono in equilibrio nasce uno stile di comunicazione unico, subito riconoscibile fra tutti gli altri. Perché in un mondo tutto marrone, una Mucca Viola si vede eccome! COME LO FACCIO Aiuto le persone a trovare le motivazioni che le rendono uniche. Non vendo il pane, vendo il lievito. COSA FACCIO Mi occupo di comunicazione aziendale e della elaborazione di contenuti per il web. Curo i profili social di aziende e professionisti. Tengo corsi sulla comunicazione interpersonale, il public speaking, il marketing digitale e su come realizzare presentazioni multimediali efficaci.

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