Si può essere felici sempre, anche a dispetto delle avversità? A questa domanda ho dedicato uno dei miei ultimi corsi di formazione aziendale.
Come era prevedibile, si è trattato del classico quesito “spacca opinioni” in cui non esiste la via di mezzo: o sì o no. E così, fra ottimisti e pessimisti, è saltata fuori un’interessante discussione che mi ha fornito moltissimi spunti di riflessione su come gestire il team di lavoro e, di converso, le relazioni con l’esterno.
Va detto che alla radice di una pessima presentazione, di una telefonata poco garbata o di un dialogo non proprio idilliaco con un cliente, c’è spesso il nostro precario stato d’animo. La delusione, la preoccupazione, la frustrazione e finanche la rabbia, sono condizioni che difficilmente riusciamo a mascherare e, come ben sappiamo, incidono fortemente sulla qualità delle nostre relazioni.
Sia ben chiaro, i “momenti no” li abbiamo tutti, ma ognuno reagisce a modo suo. C’è chi si deprime e rimane come paralizzato di fronte alle circostanze difficili e chi, prendendo la situazione in mano, dà un senso alla sua resilienza.
La resilienza, in fin dei conti, è la persistenza della positività anche in situazioni negative. Allenarsi a interpretare i momenti neri come eventi sempre e comunque circoscritti e temporanei richiede l’adozione di un metodo. Da qualsiasi trasformazione, ancorché minacciosa, è possibile ricavare un’opportunità. Non esistono i problemi, esistono le sfide.
Mettiamo nero su bianco i risultati
Una situazione spaventosa o un fatto improvviso ci provocano ansia e come prima reazione ci arrovelliamo immediatamente su come uscirne. Il risultato che ne ricaviamo è quello di accumulare ulteriore ansia.
Prima di fare qualsiasi cosa, un valido aiuto deriva dallo scrivere i successi che abbiamo ottenuto fino a quel momento. Vederli sotto gli occhi aumenta la fiducia in noi stessi e, di converso, attenua la paura di non farcela.
Potrebbe andare peggio così? Sì, ma anche no
Immaginare scenari peggiori di quello che realmente stiamo fronteggiando ci farà capire che molto difficilmente, anche nella peggiore delle ipotesi, non succederà la fine del mondo. E nemmeno segnerà il tramonto della nostra carriera professionale.
Certo, avvertiremo un forte dolore interiore, ma durerà poco. Il tempo necessario perché tutta la nostra paura diventi l’energia necessaria per migliorare.
Un dettaglio ci salverà
Il panico è mille cose tutte insieme. Sono le persone sedute nella sala dove dobbiamo fare la nostra presentazione, sono le decine di email inevase, sono i compiti (tutti urgenti) della giornata. Insomma, un guazzabuglio di inquietudini che prende la forma di una valanga pronta a travolgerci.
L’uscita di sicurezza è rappresentata dalla concentrazione. E questa si trova nella messa a fuoco di un dettaglio (per esempio, un oggetto che ha qualcuno nella sala), nel cominciare ad aprire un’email fra le tante che languono nella posta in arrivo, nel decidere quale compito affrontare per primo.
Scendiamo dalla ruota del criceto
Pensare troppo a una situazione che ci preoccupa è il modo migliore per restarne intrappolati.
Dobbiamo parlare in pubblico? Ok, svuotiamo la mente (ad esempio, parliamo con qualcuno di altre questioni) e andiamo. Tutto il contrario di quello che ci succede di solito, ovvero pensiamo continuamente alla paura di farlo. Il risultato? Maggiore paura.
Non dimentichiamoci di respirare
Respirare è un fatto naturale, un automatismo fisiologico cui non dobbiamo pensare. Tuttavia, quando ci concentriamo su questo meccanismo vitale fondamentale scopriamo i suoi effetti rilassanti. Bastano pochi minuti per lenire lo stress e recuperare la nostra positività.
Giochiamo d’anticipo
Lo sappiamo già, la paura è paralizzante. Come se non bastasse, ci annebbia i pensieri e rallenta i nostri processi decisionali.
Pertanto, identificare la sensazione di panico prima che arrivi a livelli molto intensi, è essenziale per mantenere la lucidità necessaria che occorre nei momenti di sbalordimento.
Quando avvertiamo che stiamo perdendo il controllo della situazione, impediamo alla mente di vagare in maniera irrazionale. Ciò che ci turba, spesso sono cose che abbiamo già risolto e che possiamo risolvere di nuovo. I dubbi sono solo nella nostra testa.
Investiamo nella persona che conosciamo meglio, noi
“Non posso farlo” è probabilmente il peggior danno che infliggiamo alla nostra intelligenza. Ciò che difetta non sono mai le risorse, i titoli o perfino il tempo, quello che ci limita è sempre la mancanza di motivazioni.
Investire su noi stessi significa dare un senso a quello che facciamo. E perché questo significato sia utile a noi e agli altri c’è bisogno di passione. Di tanta passione.