Come da tradizione, l’inizio dell’anno è sempre l’occasione per darci degli obiettivi (acquisire nuovi clienti, imparare una tecnica migliore, guadagnare di più, etc.) che immancabilmente, a consuntivo, ci presentano il conto (salato) della probabile approssimazione con cui li avevamo fissati.
Anche quando ce la mettiamo tutta per definirli con i crismi necessari (s.m.a.r.t., as usual), spesso molti traguardi rimangono solo sulla carta o nella nostra testa.
Nonostante gli obiettivi siano il cardine ineludibile per definire la nostra direzione, perché quando li manchiamo ci assale un senso di inettitudine o, addirittura, di fallimento? Stati d’animo che finiscono per mettere in discussione anche il senso del nostro agire: stiamo sbagliando tutto? Non siamo all’altezza della situazione? Dobbiamo cambiare lavoro?
C’è da dire che il nostro cervello non distingue fra un fatto reale e uno vividamente immaginato (è il caso degli obiettivi), per cui dal punto di vista delle sensazioni percepite non trova alcuna differenza fra mordere un limone e fantasticare di farlo.
Ecco allora che “pensare” unicamente in termini di obiettivi, più o meno realistici da raggiungere, rischia di farci perdere la cifra del paesaggio di senso che ci ha portato a definirli. Ovvero, tutto ciò che siamo e tutto ciò che abbiamo fatto fino a quel momento.
L’esperienza è il nostro sistema di riferimento
Come dire, perdiamo di vista il collegamento fra i vari puntini che costellano la nostra esperienza. In una parola, agiamo come se il sistema “qui ed ora” non esistesse.
Ad esempio, se ignorassimo l’obiettivo di acquisire un maggior numero di clienti e concentrassimo tutte le nostre energie per migliorare ogni giorno le nostre abilità professionali, saremmo nella condizione di raggiungere comunque il risultato? Con ogni probabilità, sì.
Il “sistema” di ciascuno di noi (perché lavoriamo, come lavoriamo, cosa lavoriamo… grazie Simon Sinek!) è una specie di zaino con dentro il paracadute (compreso quello d’emergenza) che ci consente di arrivare a terra sani e salvi. Prima di lanciarci per raggiungere un nuovo obiettivo, verifichiamo o no che tutta l’attrezzatura (il sistema) sia a posto? Sarebbe folle non farlo.
Ora, lungi da me sostenere che gli obiettivi non servano a nulla, ma diventano pura fantascienza nel momento in cui, volendo atterrare in sicurezza, non teniamo conto delle “manutenzioni” da fare al nostro sistema.
Per dire, non si può escludere l’eventualità di atterrare da qualche parte, ma di certo un paracadute più performante aumenterà di molto le possibilità di arrivare al centro del bersaglio.
Per farla semplice, obiettivo e sistema non si elidono a vicenda. L’obiettivo è il cuore della pianificazione, mentre il sistema è la garanzia che possa continuare a pulsare.
Quindi, se l’obiettivo è il risultato che vogliamo ottenere, il sistema è l’insieme di tutte le condizioni che ci porteranno a conquistarlo.
Tutti gli atleti hanno il medesimo obiettivo: vincere. E anche le aziende non fanno eccezione, nel senso che il loro scopo è primeggiare nella competizione con i loro concorrenti.
Eppure, alla fine solo un atleta (o un’azienda) sale sul gradino più alto del podio. Ci riesce solo chi aveva l’obiettivo di vincere più forte degli altri? Sicuramente, è possibile. Ma è più verosimile sostenere che anche tutti gli altri nutrivano la stessa intenzione, ma hanno perso.
Allora, non è la dimensione del desiderio in sé, ma è come strutturiamo il nostro sistema a fare la differenza.
Se ci poniamo l’obiettivo di leggere tre libri al mese, contro il solo che leggiamo attualmente, non succederà nulla se non modificheremo il nostro sistema (ad esempio, leggere un’ora in più tutti i giorni). L’obiettivo è la destinazione, il sistema è il mezzo che ci porta lì.
Gli obiettivi sono sempre a disposizione di tutti, ma ciò che distingue davvero i vincitori da tutti gli altri è il processo di sistema che, con grande caparbietà, hanno implementato (allenamenti specifici, assunzione di talenti, costanza).
Pertanto, solo intervenendo sul sistema secondo una logica di processo in continuo divenire è possibile evitare il “blocco da obiettivo”. Cioè, il classico “effetto elastico” delle diete che fanno perdere rapidamente peso (il nostro obiettivo), a colpi di frullati ipocalorici, per poi riprendere più chili di prima appena molliamo, perché letteralmente ci adagiamo sul temporaneo risultato.
Tutti vogliamo diventare migliori di ciò che siamo e, per converso, cambiare il mondo. Ma è ciò che facciamo ogni giorno che trasforma i nostri pensieri in realtà. Se vogliamo vincere, è in questo territorio che dobbiamo trascorrere la gran parte del nostro tempo.
Foto di Paolo Lentini