Già, il divano. Questa invenzione, che meriterebbe il riconoscimento del Nobel per il suo inventore, è diventata il centro di una ragnatela mediatica sempre più densa e, senza contraddizione di termini, altrettanto liquida.
Comodamente seduti su questo trono da re, facciamo rimbalzare i vari programmi televisivi, generalisti e non, nei social network attraverso i nostri commenti live. Cambia così la fruizione dell’intrattenimento catodico e, al tempo stesso, si inaugura un inedito modo di partecipazione: gli spettatori diventano attori, per di più protagonisti. Ormai uno standard di fatto per i talk show a carattere politico, la striscia con i tweet che scorrono in sovrimpressione viene sempre più spesso sdoganata anche in altri spettacoli, determinando interazioni che la vecchia scatola parlante non si sarebbe mai sognata. È la convergenza dei media o, per dirla alla buona, è la televisione 2.0, bellezza!
In una recente misurazione della social TV, l’istituto di ricerca Nielsen ha rilevato che nel solo mese di settembre oltre due milioni e mezzo di tweet sono stati collegati a un programma televisivo. Circa 240 mila persone hanno commentato almeno una volta su Twitter quello che stavano guardando in televisione, innescando a loro volta qualcosa come 128 milioni di impression. Numeri da capogiro che, ovviamente, le strategie pubblicitarie non si sono lasciate sfuggire. Su questo (doppio?) canale, TV e internet, trova caratteri concretezza l’individuazione dell’affinità fra consumatore e marca, lasciando come memoria del passato la “vecchia” brand awareness.
Ma c’è dell’altro. L’intrattenimento in rete, che sembrava voler decretare la fine repentina della televisione, ha invece riportato il pubblico davanti al piccolo schermo. Forse, i ricorsi della storia l’avevano già preconizzato dal momento che nessun nuovo media era mai riuscito a far sparire quello precedente. È già successo, cronologicamente, con il teatro, il cinema, la televisione. Abbiamo assistito più che altro, al netto del contraccolpo iniziale, a forme di compenetrazione e, talvolta, di vera e propria ibridizzazione fra i media.
Ecco allora che l’audience radiotelevisiva non è più solo un numero, vale a dire una quantità, ma diventa un “sistema” che interagisce determinando nuovi significati e ulteriori traiettorie dei messaggi confezionati dentro i palinsesti. In una parola, i pubblici sono diventati “attivi” nel qui ed ora. Su tutte le piattaforme sociali va in scena una nuova era dei lumi. Lo spettatore esce dall’ombra e dice la sua in un confronto circolare che interessa più mezzi e una moltitudine di persone.
Stiamo parlando di un pezzo di realtà aumentata? Forse sì, forse no. È chiaro tuttavia che cambia l’architettura mediatica della fruizione televisiva. La nuova geometria è diventata tridimensionale. Il tele-dibattito familiare sul divano del salotto si è fatto globale, raggiungendo con i bit altri salotti e altri divani.
Cambia quindi il consumo dei media, ma aggiungerei che cambiano anche le nostre strutture di pensiero: dall’assorbimento passivo dell’informazione al suo nuovo confezionamento arricchito dal dibattito in tempo reale.
Se, come pare, questa sarà la direzione, azzardo a dire che con il tempo la rapidità avrà più peso specifico dell’estetica. Insomma, il contenuto (il liquido) diverrà via via più importante della forma (la bottiglia). Non sostengo che il bello stia passando di moda, semplicemente mi pare di scorgere come il “giornalismo dal basso” tenda a prevalere sul vestitino che gli ha confezionato il designer. E credo che ciò sia dovuto soprattutto a questo il prevalere “televisivo” dell’essenzialità di Twitter rispetto al luna park di Facebook. Insomma, a una sorta di futile intonaco digitale si preferisce di gran lunga il contenuto.
L’approdo è verso nuove forme di conoscenza e di intelligenza condivisa. Così, nei vari fattori-x, reality show e tribune perennemente elettorali, quello che una volta veniva chiamato “l’ospite in studio” o “in collegamento da…” siamo finalmente diventati noi. La televisione destinata al dimenticatoio sarà quella i cui palinsesti ignoreranno le discussioni in real time che avvengono nelle piazze virtuali. Il telespettatore lineare e unidirezionale si è estinto.