Ogni età è buona per diventare persone migliori

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Un uomo e una ragazza che guardano il mare

La cosa più sorprendente del mio lavoro di formatore è incontrare dei ventenni che ostentano la sicurezza di “sapere già tutto” e, al tempo stesso, manifestano poca (o nessuna) curiosità di conoscere cose nuove. La prova del nove si rivela appena pongo la fatidica domanda “Quali sono le cose belle della vita?”. Quasi sempre, nell’elenco sono praticamente assenti le cose intangibili, mentre conquista invariabilmente la vetta della graduatoria tutto il “concreto” che ammicca esclusivamente all’apparenza.

Ad ogni modo, nonostante queste “certezze” affiora un’insoddisfazione di fondo, sia rispetto alle proprie prerogative che in ordine alla scommessa sul futuro. Insomma, per tagliare corto, ai post-adolescenti il mondo così com’è non piace, ma l’unica riscossa che riescono a mettere in campo si arena sulle spiagge dell’edonismo puro e duro.

Mi sono spesso chiesto se la mia incredulità rispetto a questi atteggiamenti fosse dovuta allo scarto generazionale (peraltro, nemmeno di poco conto), oppure alla bulimia di informazioni che, complice la civiltà digitale, investe le giovani generazioni fin dalla culla.

Trovare il baricentro della trasformazione

Andando a fondo nella questione ho scoperto che i giovani vogliono (perché in fin dei conti a qualcosa anelano) un cambiamento da imputare prevalentemente a dinamiche poste al di fuori di sé. È come se assumessero il ruolo di osservatori esterni del mondo, ignorando il fatto che loro stessi sono la parte più importante della trasformazione. Il risultato si legge anche nell’aggressività gratuita che si prende gran parte della scena sui social media. Poi si sa, chi è violento con le parole è molto probabile che, prima o poi, lo diventi anche con le azioni.

Voglio la pace nel mondo” (al di là della parodia che viene fatta sul concorso di Miss Italia) è un desiderio praticabile solo iniziando a trovarla dentro ciascuno di noi. Un esercizio di creazione che inizia con l’ascolto. Ascoltare le proprie emozioni è il primo passo per ascoltare quelle degli altri.

Per diventare persone migliori il segreto è donare

Nessuno di noi sa fare tutto, ma qualcosa sa fare. Per esempio, possiamo regalare il nostro tempo, il nostro cuore, il nostro amore. È partendo da questi presupposti che impariamo a non considerare un nemico chi non condivide le nostre opinioni. Poco importa se non siamo riusciti a far cambiare idea al nostro interlocutore, quello che conta è che gli abbiamo regalato un pezzo di noi (cosa sono le nostre idee se non un dono che offriamo agli altri?).

Il punto è proprio questo, la parola regalo è molto diversa da gratis. Il regalo, a differenza dell’omaggio, crea una connessione emotiva che rimanda a una retroazione successiva. Il meccanismo è lo stesso del regalo di compleanno, quando ne riceviamo uno ci sentiamo poi in dovere di ricambiare.

Hai mangiato?

Una delle frasi più potenti e, per certi versi, rivoluzionaria che possiamo pronunciare è “Hai mangiato?”. Qui dentro c’è l’attenzione per l’altro, c’è il sentire, c’è tutto l’affetto che possiamo manifestare a un nostro simile. Praticare questa sensibilità è una mano che si allunga verso un’altra mano.

Viviamo di connessioni, siamo fatti di connessioni. Se così non fosse, nessuno scriverebbe più libri, farebbe più strade, costruirebbe più scuole.

Progettiamo per i secoli futuri

Per uscire dall’egoismo che tutto ci appartenga di diritto (il posto in cui siamo nati, la verità su ciò che dorrebbero fare gli altri, i confini del nostro benessere), proviamo a fare progetti a cento o duecento anni. Cioè, immaginiamo già oggi cosa ci sopravviverà e potremo così lasciare a chi verrà dopo di noi.

A qualcuno sarà venuta in mente la pressoché eternità della nostra identità digitale (nulla si distrugge, in ottemperanza alla legge della conservazione dei nostri contenuti sui social media), a qualcun altro si saranno materializzate le varie forme dell’espressione artistica, ma probabilmente pochi avranno intuito in tutto questo una dialettica estrema fra passato e futuro.

Possiamo considerare la linea del tempo come la strada che noi percorriamo, oppure immaginare il futuro come una sorta di tapis roulant che avanza verso di noi. Tutti ci ricordiamo i primi videogames dove in basso c’era una macchinina (o un aeroplanino) che si poteva muovere solo per vie orizzontali e tutto lo scenario gli andava incontro, ostacoli da schivare compresi. Ecco, il futuro me lo immagino più o meno così.

Costruire il proprio futuro secondo questa teoria fa sì che già oggi possiamo immedesimarci nei pensieri, nelle sensazioni, nelle emozioni di coloro che, fra un secolo o due, entreranno in contatto con quello che abbiamo lasciato. Una cosa che è possibile solo se utilizziamo la storia come strumento di immaginazione.

La nostra storia non è altro che la storia di tutti gli altri. Il passato e il futuro sono storie che aspettano solo di essere raccontate di continuo, almeno fino a quando esisteranno gli uomini.

Un giorno chiesi a mio nonno se esisteva il paradiso. Mi guardò per qualche secondo con una punta di perplessità, probabilmente perché ormai immaginava che mi fossi fatto un’idea del suo ateismo, poi con la cadenza giusta (che solo gli anziani conoscono) mi ha detto di fare del bene a tutte le persone che avrei incontrato. Infine, ha aggiunto “Se il paradiso esiste verrai premiato, se non esiste avrai comunque fatto del bene e reso felici delle persone”.

Molti anni dopo ho capito che quella è stata la più grande eredità che mi poteva lasciare.

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Ogni età è buona per diventare persone migliori
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Ogni età è buona per diventare persone migliori
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Le cose migliorano se ciascuno di noi fa qualcosa di buono. Sono le piccole attenzioni che manifestiamo agli altri a trasformare il mondo
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Sergio Gridelli Blog
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Categorie: Coaching

Di Sergio Gridelli

Sono nato e vivo a Savignano sul Rubicone (FC), una piccola città della Romagna attraversata dal fiume che segnò i destini di Roma. PERCHÉ LO FACCIO Ho sempre pensato che l’impronta di ciascuno di noi dipenda da un miscuglio di personalità e di tecnica. Se questi due ingredienti sono in equilibrio nasce uno stile di comunicazione unico, subito riconoscibile fra tutti gli altri. Perché in un mondo tutto marrone, una Mucca Viola si vede eccome! COME LO FACCIO Aiuto le persone a trovare le motivazioni che le rendono uniche. Non vendo il pane, vendo il lievito. COSA FACCIO Mi occupo di comunicazione aziendale e della elaborazione di contenuti per il web. Curo i profili social di aziende e professionisti. Tengo corsi sulla comunicazione interpersonale, il public speaking, il marketing digitale e su come realizzare presentazioni multimediali efficaci.

2 commenti

  1. Che grande saggezza caro Sergio,

    Molto bene ricordarla e sempre alimentarla con ogni mezzo,
    comprese le frasi, i “detti” dei nostri Nonni ;-))

    Penso che tutti noi se ci fermiamo a pensare ci ricordiamo un detto delle nostre nonne o nonni sempre pieni di saggezza, si e’ vero per la vecchiaia, ma anche perchè una volta … era diverso !

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