Lo cancello? Rispondo? Faccio finta di niente? Quando arriva un commento negativo sul nostro blog o sulla timeline dei nostri profili (o pagine) social veniamo assaliti da un misto di rabbia e disorientamento. In fondo, siamo umani e le critiche (soprattutto quelle immotivate) ci fanno sempre molto male.
[bctt tweet=”Non credere a nessuno che dice sempre la verità. (Elias Canetti)” username=”giowile”]
I più pericolosi sono i primi minuti. Infatti, “a caldo” l’istinto ha il sopravvento e in questi casi non sempre consiglia l’azione migliore da intraprendere.
Consiglio numero uno: manteniamo la calma.
Respiriamo profondamente e cerchiamo di raffreddare la mente per almeno una decina di minuti. Dopodiché, leggiamo e rileggiamo il commento incriminato, cercando di interpretare bene il nocciolo della questione. Si sa, l’italiano ha molte sfumature e il contesto di comunicazione è in grado di cambiare senso, tono, significato. Non sono marginali, inoltre, le limitazioni del mezzo che escludono elementi importanti come la comunicazione non-verbale e para-verbale (le emoticons non sempre sono la panacea). Quindi, evitiamo di rispondere di getto e, soprattutto, una rilettura in più del nostro riscontro non è mai troppa.
[bctt tweet=”Non siamo mai né buoni né cattivi quanto le nostre opinioni. (G. B. Niccolini)” username=”giowile”]
Consiglio numero due: vietato cancellare!
Ovviamente, questo precetto non può avere un valore assoluto. Di fronte a contenuti chiaramente offensivi (gergo inappropriato e fortemente scurrile, insulti del tutto gratuiti, immagini lesive della morale pubblica) è quasi inevitabile la rimozione. Per tutti gli altri commenti, dobbiamo entrare nell’ottica che una risposta garbata è sempre la soluzione più efficace. In ogni caso, la cancellazione di un commento è anch’essa una modalità di risposta. E, il più delle volte, non si esaurisce con l’azione medesima.
Consiglio numero tre: le calende greche non esistono.
Fatto salvo il tempo necessario per calmarsi e ragionare sull’impostazione della risposta, non possiamo permetterci di far passare ore o addirittura giorni prima di dare un feedback al “cattivo” interlocutore. La tempestività è sinonimo di trasparenza e correttezza.
Consiglio numero quattro: la metamorfosi.
Le critiche, argomentate e circostanziate, sono eccezionali occasioni di crescita. Al contrario, il confronto esclusivo con coloro che ci danno sempre ragione e la pensano come noi su tutto, ci impoverisce intellettualmente. Pertanto, cerchiamo di gestire il confronto in maniera costruttiva e con il necessario pragmatismo. In questo modo accresciamo il nostro bagaglio culturale e, con ogni probabilità, riusciamo a farci un nuovo amico. Un’ultima cosa da non dimenticare: chiedere scusa, quando necessario, non è sinonimo di sconfitta e tanto meno di debolezza.
[bctt tweet=”Solo chi non ha fame è in grado di giudicare la qualità del cibo. (Alessandro Morandotti)” username=”giowile”]
Consiglio numero cinque: click, la fotografia.
Una buona norma è quella di fare uno screenshot del commento. Quando le discussioni si ingrossano al limite del flame, scappa sempre una parola di troppo ed è facile perdere il controllo. A questo proposito, esisterebbe addirittura una presunta dimostrazione “scientifica”, nota come Legge di Godwin: “Più si allunga una chiacchierata online, più la probabilità di un paragone riguardante i nazisti o Hitler si avvicina a 1” (reductio ad hitlerum). A scanso di equivoci, e per tutelarsi eventualmente anche in sede legale, un’immagine della discussione, qualora questa intacchi pesantemente la nostra reputazione, consente di avere una prova documentale in caso di eventuali rimozioni del commento da parte del suo autore.
A margine, va sempre tenuto presente che la rete non è il diario che da adolescenti chiudevamo segretamente nella nostra cameretta. Il commento che scriviamo diventa immediatamente pubblico, anche se lo cancelliamo dopo pochi secondi. Da qualche parte, c’è sempre qualcuno che l’ha visto e “fotografato”.
Lo sa bene Cella, una ragazzina americana, che per effetto di un suo post inopportuno è riuscita a farsi licenziare addirittura il giorno prima di cominciare a lavorare.
Purtroppo, non è il primo (e nemmeno l’ultimo) caso del genere. Anzi, lo sport del commento “senza pensare alle conseguenze” è così diffuso che esiste addirittura un sito-archivio dei licenziamenti causati dall’estrema e inconsapevole “disinvoltura” con cui moltissimi si esprimono sui social media.