Subito, una cattiva notizia: il post perfetto non esiste. Ogni persona rappresenta il mondo sulla scorta delle sue personalissime esperienze e quello che può andare bene per uno può lasciare del tutto indifferente un altro. Questo è il motivo per cui il post universale è di fatto una granitica utopia.
Per fortuna, possiamo migliorare (e di molto) le nostre abilità di scrittura con l’obiettivo di non passare inosservati.
A cosa serve un post?
Prima di fare qualsiasi altra considerazione, chiediamoci a cosa serve un post. Una domanda talmente banale che raramente ce la poniamo quando buttiamo giù quelle proverbiali “due righe”. In realtà, tutto nasce da questo interrogativo e la risposta decisiva, fra le tante possibili, è allo stesso tempo ovvia e rivoluzionaria: collegare persone.
Infatti, possiamo anche avere avuto l’idea del secolo, ma senza un “confezionamento” comunicativo che assicuri un elevato impatto, tutto si rivelerà vano.
1. L’inizio del post
La prima riga (o il titolo nel caso di un articolo sul blog) è il gancio che fa decidere al lettore se proseguire o no. Quante volte abbiamo comprato un libro solo perché affascinati dal titolo? Certo, anche la grafica e i colori hanno il loro peso, ma è soprattutto quel concentrato testuale-cognitivo che ci attrae come fosse una calamita.
Allora, quali sono gli espedienti più efficaci? Senza andare a indagare le numerose teorie al riguardo, è sufficiente riflettere sui nostri comportamenti. Nella grande maggioranza dei casi ci incuriosiscono:
- i numeri (11 modi per scrivere un post che spacca)
- i vantaggi (Il post che è impossibile non leggere)
- i verbi (Scrivi subito il tuo post vincente)
- le iperboli (Il post da un milione di euro)
- gli interessi specifici (Il post giusto per vendere case)
2. Il corpo del post
Il concetto è quello della piramide rovesciata: mettiamo all’inizio le cose più importanti. Ciò assicura, in questi tempi del “tutto e subito”, una fruizione veloce e immediata. Se saremo stati in grado di accendere la scintilla dell’interesse, la lettura di tutto il resto sarà praticamente cosa fatta.
[bctt tweet=”Mentre scriviamo c’è sempre almeno un lettore che ci sorveglia. Noi.” username=”giowile”]
3. Il segreto del più è nel meno
Poche righe, scattanti e col giusto ritmo. Il vortice dell’istantaneità e della quantità delle informazioni, ci costringe a letture per così dire scansionate. Sul web, i testi vengono fotografati in luogo della “classica” elaborazione sequenziale.
Procediamo secondo quella che è stata definita “fruizione a F”. Un approccio che rifugge dai “muri” di testo e, all’opposto, trova sollievo e appagamento dalla separazione dei paragrafi. Ne deriva così una “cattura” (e ritenzione) delle informazioni che procede a rimbalzo fra un contenuto e l’altro. Il vantaggio? L’attenzione si conserva più a lungo.
4. La messa a fuoco
Un soggetto per ogni frase, un solo argomento, al bando i concatenamenti. In una parola: chiarezza.
Una frase come “Se si mettono più concetti nella stessa frase, i lettori fanno confusione fra i vari argomenti e, una volta che hanno perduto il filo del discorso, finiscono anche la loro dose di attenzione dedicata al post” assume una maggiore concretezza con “I post con più di un argomento pregiudicano l’attenzione dei lettori”.
Molto spesso è possibile ridurre la lunghezza di un post semplicemente togliendo di mezzo le congiunzioni semplici, quelle composte e anche molte locuzioni congiuntive. Un bel punto nel posto giusto è per il lettore una vera e propria boccata d’ossigeno.
[bctt tweet=”Non c’è ferro che possa trafiggere il cuore con più forza di un punto messo al posto giusto. (I. Babel’)” username=”giowile”]
5. L’estetica del testo
Lo sappiamo, il tono di un discorso orale è molto difficile da rendere in ugual modo attraverso la sua trasposizione scritta.
Oltre alle (ormai) onnipresenti emoji, funzionano ancora piuttosto bene i vecchi espedienti tipografici. Il grassetto aiuta a mettere in evidenza i passaggi chiave, mentre il corsivo allenta lo stress della lettura nel caso di citazioni, dichiarazioni, parole adottate da altre lingue.
[bctt tweet=”L’arte di scrivere consiste nel far dimenticare al lettore che ci stiamo servendo di parole. (Bergson)” username=”giowile”]
6. Come una conversazione fra amici
Il gergo (“il politichese”, “il burocratese”, “l’aziendalese”) e l’eccessiva formalità (i vari S.V., scriverLe, invitarVi) sono la via più rapida per buttare alle ortiche l’interesse del lettore.
Senza la forzatura del voler fare l’amicone a tutti i costi, la scrittura asciutta e priva di fronzoli stucchevoli è quella che ha maggiori probabilità di “passare” attraverso le strette maglie della concentrazione del lettore.
7. Le immagini “parlano” e “agganciano”
Quando scorriamo (velocemente, of course) la timeline di qualsiasi social veniamo prima di tutto agganciati dagli stimoli visivi. Un’immagine vale l’altra? Ovviamente, no!
Le image bank pullulano di foto stereotipate che se non vengono attentamente selezionate diventano perfettamente inutili e “invisibili”.
8. Come se lo dovessimo spiegare a nostra nonna
Il “parolone” non è sinonimo di intelligenza, e men che meno è indice di conoscenza dell’argomento. Anzi.
L’esempio, la metafora, il riferimento a un fatto della quotidianità funzionano sempre con tutti. Anche con coloro che non hanno alcuna dimestichezza con il tema che stiamo trattando.
9. I link alleggeriscono
È impossibile sapere il livello di conoscenza della nostra audience. In questo caso, ci viene in soccorso la potenza dell’ipertesto. I link esterni, oltre a contribuire al posizionamento sui motori di ricerca, colmano le eventuali lacune di conoscenza dei lettori. Per altro verso, sono fondamentali anche per coloro che hanno “fame” di ulteriori dettagli.
10. Più bianco che si può
Il cervello umano è una “macchina a contrasto”. Quando distinguiamo immediatamente il “contenuto” dal “non contenuto”, la nostra attività cerebrale elabora le informazioni con maggiore efficacia. Lo stesso concetto vale per gli elenchi, le liste, le distribuzioni ordinate.
È proprio il caso di dire che in questi casi il cervello “respiri” a pieni emisferi.
11. Una questione di igiene lessicale
Un consiglio di buona scrittura che si perde nella notte dei tempi è quello che invita a far sedimentare (o raffreddare) il testo. Quando riprendiamo i nostri scritti dopo qualche ora, o addirittura il giorno dopo, il più delle volte rimaniamo sorpresi delle tante cose inutili, dalle ripetizioni, dalla mancanza di incisività.
Una bella pulizia lava via tutto lo “sporco” che inevitabilmente si accumula durante la prima stesura. Il risultato sarà un contenuto molto più a fuoco, più scorrevole, più interessante.
Un’ultima cosa
Di solito, quando leggiamo un libro ci mettiamo comodi sul divano e decidiamo di dedicarci in via esclusiva a quel tipo di lettura.
Ora, cosa succede quando il testo è sul web? La fruizione avviene in contesti sicuramente meno rilassanti: in piedi sull’autobus, durante la fila alle poste o, addirittura, mentre comminiamo. Pertanto, la scrittura va pensata e adattata a quei contesti. A questo proposito, esiste una regola? Sì, scriviamo alla stessa maniera di come ci piacerebbe leggere e il gioco è fatto.
Complimenti! Sto collezionando tutti i tuoi preziosi consigli. Presto aprirò un blog e i risultati saranno frutto dei tuoi insegnamenti.
Grazie mille e Buon 2017!
Grazie mille!
Buon Blog 2017 😉
Grazie, ottimo articolo. Lo copio e lo incollo come bozza sul mio blog. Una sorta di check list prima di pubblicare!
Vedo che non hai trattato la lunghezza del testo. Su questo c’è discussione tra i blogger, in generale tutti incitano a scrivere contenuti lunghi, di almeno 1000 battute. Io invece penso che occorra essere più snelli. Tu come la pensi?
Grazie mille Elena!
Come hai giustamente sottolineato, sulla lunghezza (ideale) del testo ci sono diverse scuole di pensiero. La mia opinione è che con i nuovi algoritmi di ricerca, il numero delle battute sia meno importante di un tempo (anche se il plugin Yoast SEO continua a segnalare se un pezzo è troppo corto).
Personalmente, pur non rimanendo fedelissimo a un certo numero di battute, cerco di attestarmi su una cartella/una cartella e mezzo. In ogni caso, alla fine è sempre il contenuto (il re) che fa la differenza e, quindi, sposo la teoria del “peso specifico” in luogo della quantità.
Buon anno!
Beh, io scrivo direttamente su WordPress…. Non so quanto, ma in genere mi attesto sulle 700/800 parole. Ma alcuni post sono da approfondire, 1200/1300….