Presentazioni con PowerPoint, chi non le ha mai realizzate? Almeno una ce la siamo fatta tutti, mettendoci anche dell’impegno.
Giorni, se non addirittura settimane, trascorsi ad aggiustare slide a colpi di tabelle, grafici ed elenchi puntati. Poi, arriva il gran momento e dopo due o tre minuti ci accorgiamo che il pubblico ha già l’occhio offuscato e la palpebra abbassata. La nostra presentazione, confezionata con così grande impegno, in un battibaleno ha steso gran parte delle persone.
Perché il 99% delle presentazioni con PowerPoint fa dormire?
Sveglia, siamo nel 2016! Chiunque seduto in platea ha uno smartphone in cui passano migliaia di immagini al giorno, a casa la televisione lo bombarda con visioni luminescenti senza soluzione di continuità, appena fuori dall’ambito domestico viene investito da una quantità incalcolabile di stimoli visivi, e noi pretendiamo di attrarre la sua attenzione con un elenco puntato fitto fitto?
Purtroppo è quello che succede nella stragrande maggioranza delle presentazioni.
Non ripeterò che le slide non vanno lette (non sono un blocco per gli appunti), che il testo va limitato al minimo indispensabile (per quegli scopi esistono già i documenti), che la presentazione siamo noi e non PowerPoint (le persone non sono lì per imparare a usare il software di Microsoft), ma voglio spostare l’accento su tre elementi cardine che trasformano in qualcosa di accattivante qualsiasi presentazione multimediale.
1. Stupire con le immagini
Molte immagini e poco testo sono gli ingredienti base per non fare addormentare il pubblico. D’accordo, ma che tipo di immagini? Ovviamente, vanno scartate quelle con scarsa risoluzione (i pixel grandi come delle mattonelle non sono belli da vedere), stereotipate (le clipart sono sconsigliatissime, ma ahimè sembrano essere ritornate di gran moda nelle riunioni aziendali) e senza alcun senso (ok, ci piacciono i fiori, ma non li possiamo utilizzare come sfondo per tutto).
[bctt tweet=”La comunicazione più efficace è quella che dà un senso alla visione.” username=”giowile”]
L’immagine giusta è quella che stimola la curiosità del pubblico e che stabilisce un collegamento con l’argomento che stiamo per trattare. L’aggiunta del testo deve essere funzionale alla comunicazione o, per meglio dire, alla sua rappresentazione più efficace. Impariamo dalla pubblicità.
2. Le storie creano l’attenzione
Gli elenchi puntati sono meglio delle benzodiazepine, specie se numerosi e in corpo 10. Al contrario, tutti prestiamo attenzione ai racconti, agli aneddoti, alle storie.
[bctt tweet=”Una storia non del tutto vera è spesso indispensabile per raccontare una grande verità.” username=”giowile”]
Una buona storia è quella che centra quattro obiettivi: narra una vicenda (meglio se personale), è divertente (“All’inizio non sapevo nemmeno cosa fossero i social, quando ho installato WhatsApp alla voce il tuo stato attuale ho scritto Italia”), stimola ricordi in cui quasi tutti si riconoscono (“Una volta suonavamo al citofono, adesso mandiamo un messaggino…”), è emozionante (Quante storie si possono raccontare con l’immagine qui sotto?).
3. La prova rafforza il ricordo
Abbiamo raggiunto l’obiettivo di non diffondere sostanze soporifere nella platea. È un grande risultato, ma non è sufficiente. La dimostrazione concreta di ciò che abbiamo raccontato è essenziale affinché l’emozione si trasformi in un ricordo pressoché indelebile. Ancora una volta ci affideremo alle immagini (che da sole risulterebbero incomprensibili) e alla nostre parole che avranno il compito di dare un senso compiuto a tutto l’insieme.
[bctt tweet=”All’inizio si fa immaginare, poi si dimostra.” username=”giowile”]
Questa immagine risulterebbe di difficile interpretazione se non aggiungessimo con le nostre parole che “il 64% delle donne americane con un figlio predilige il telelavoro”. Ecco svelato il nostro compito di presentatori: dare significato al perché siamo lì.
Il tempo è denaro, e in un mondo in cui tutto sembra tendere all’istantaneità, assume sempre più caratteri di assoluta concretezza. Una presentazione vuota che fa addormentare le persone è una perdita di tempo che nessuno si può più permettere.