In rete (e non solo) le parodie su Apple si sprecano, anche se parecchie di queste sono agghiaccianti, come direbbe il neo CT della nazionale di calcio. Tuttavia, fra le più riuscite ce ne sono senz’altro due. La prima ha fatto la sua apparizione qualche tempo fa presentando il prosciutto Pata Negra quasi fosse un prodotto della Mela, l’altra è più recente e l’ha assemblata (è proprio il caso di dirlo) niente meno che il colosso svedese dei mobili.
Entrambe fanno perno sulla ormai proverbiale user experience dei marchingegni della Apple, ma collezionano milioni di visualizzazioni soprattutto perché riescono a mescolare sapientemente due ingredienti formidabili: il tempismo e la viralità.
Per crearsi un’audience significativa è necessario “cogliere l’attimo”, cioè riuscire a sfruttare a proprio vantaggio un evento planetario sul quale l’attenzione in quel momento è massima. Nel caso dell’iJam erano stati da poco annunciati l’iPod nano e l’iPod touch, mentre Ikea ha saputo cavalcare istantaneamente l’attesa presentazione dell’iPhone 6. Il newsjacking, così si chiama questa tecnica citata per la prima volta dallo stratega del marketing Dadiv Meerman Scott, ovviamente può essere applicato anche senso opposto, cioè per distogliere l’attenzione da un fatto o da un prodotto concorrente.
Con tutta evidenza, una volta inquadrato il processo di newsjacking siamo solo a metà dell’opera. Ecco allora che entrano in gioco la creatività esplosiva, lo storytelling dal ritmo incessante, il protagonista in tutto e per tutto sovrapponibile a quello ufficiale Apple. In tutto questo, l’elemento catalizzatore è poi la comicità, essenziale per innescare il processo virale della condivisione. Un hashtag azzeccato et voilà, les jeux sont faits!
Raccontato così sembra facile e alla portata di tutti, ma proprio quando esclamiamo “perché non ci ho pensato io?” ci accorgiamo che dietro queste “semplici” campagne c’è invece un lavoro di pianificazione complesso che coinvolge un gran numero di figure professionali, dagli esperti di web marketing agli art director, passando per i content editor. Magari c’entra anche un pizzico di lato B, ma spesso in questi casi la fortuna è solo l’amplificazione di un lavoro ben fatto.