“Faccio questo mestiere da trent’anni e mi vuoi insegnare a me come si fa?”. Chi si occupa di formazione, questa frase (e molte altre analoghe, ma ben più colorite) l’avrà sentita un milione di volte. Infatti, lo scoglio principale non è rappresentato tanto dalla qualità dell’aggiornamento (comunque importante), quanto dalla difficoltà a far comprendere la necessità di prevedere attività periodiche di formazione continua.
Se la formazione obbligatoria viene accettata obtorto collo, tutto il resto è lasciato sullo sfondo dell’effimero o del pressoché superfluo.
Lungi da me l’idea di mettere in dubbio le qualità imprenditoriali di chi si è fatto un gran mazzo per “tirare su” dal niente una realtà che dà lavoro e produce utili, ma mi sia concesso far notare come oggi le cose cambino alla velocità della luce. Nokia, Blockbuster e, da ultimo, Toys “R” Us sono stati molto bravi a crearsi dei mercati di assoluto monopolio, salvo poi evaporare nel volgere di qualche mese.
Per quanta dimestichezza possiamo avere con il nostro labirinto, qualcuno che ce lo fa vedere dall’alto ci aiuta senz’altro a trovare nuovi sentieri, nuove possibilità, nuove vie d’uscita. In fondo, lo scopo delle attività formative non è quello di sostituirsi all’imprenditore, ma dotare quest’ultimo di occhi nuovi o, ancora meglio, di veri e propri telescopi intellettuali per vedere più lontano che si può.
Allora, detto questo, a cosa serve davvero la formazione?
Nessuno può sapere tutto
Un grande formatore, vissuto duemilacinquecento anni fa, sosteneva di sapere di non sapere. Nulla di più vero.
Al pari, non esistono cose facili e cose difficili, ma solo cose che conosciamo (e che sappiamo fare) e cose che ignoriamo (ma che possiamo imparare). Poi, e anche questo è un fondamento universale, succede che le aziende vengano travolte dalla quotidianità (problemi interni, malfunzionamenti delle linee produttive, cambiamenti normativi) e non abbiano materialmente il tempo di fermarsi a riflettere per occuparsi di strategie.
Il formatore del XXI secolo è una sorta di coach che mette a disposizione la propria esperienza. L’imprenditore, anziché scandagliare (e studiare) tutti gli scenari possibili, può avvalersi di qualcuno che per mestiere ha già fatto tutto il lavoro. Ne viene fuori un distillato di buone idee e di insidie che, nella peggiore delle ipotesi, avrà comunque avuto il merito di innescare un dibattito che diversamente non sarebbe mai avvenuto.
Da fuori è tutta un’altra cosa
Succede come per le persone, anche le aziende fanno una gran fatica a guardarsi dentro. Fermo restando il deficit ormai cronico inerente il tasso di comunicazione interna, l’auto-analisi aziendale rimane uno degli aspetti meno esplorati, soprattutto quando le cose vanno bene.
Il punto di vista esterno porta allo scoperto le debolezze e i punti di forza dell’azienda (spesso in egual misura ignoti a chi ha responsabilità di leadership). Nessuno ha la bacchetta magica, ma una boccata di “aria fresca” è sempre un buon argomento per iniziare a ragionare su come migliorare ciò che va già bene e, magari, trasformare in vantaggi quelli che superficialmente appaiono come elementi di criticità.
La formazione continua è motivante
Almeno una volta nella vita, tutti ci siamo trovati a un passo da quella svolta che per noi avrebbe potuto significare un cambiamento epocale. Poi, vuoi per la mancanza di un pizzico di coraggio, oppure per l’assenza di un’azione complice, ecco che abbiamo lasciato arenare il progetto.
Ci sono dei passaggi professionali che avvengono solo se c’è un incoraggiamento. Dirò di più, confrontarsi con qualcuno è già di per se un valido motivo per sentirsi responsabilizzati e per insistere nel trovare le motivazioni che danno la spinta per perseverare.
I problemi sono sfide
La parola “problema” è autolimitante per natura. La prima cosa che fa un coach è quella di sostituirla con un termine più energizzante: sfida.
Coi tempi che corrono, nessuno può più permettersi di stare alla finestra e guardare. Se nel recente passato l’osservatorio sulla concorrenza era, per così dire, sotto casa, oggi la competizione è a livello planetario. “Dimenticarsi” di guardare sempre un po’ più avanti di dove si è, lascia spazio a routine sempre meno preformanti. E un’azienda che ristagna, in un battibaleno viene sbattuta fuori dal mercato.
Quindi, arriva il momento in cui diventa indispensabile una scossa. La formazione introduce nuovi scenari, fa traguardare obiettivi più ambiziosi (ma allo stesso tempo realistici), stimola il miglioramento continuo. Volendo parafrasare l’attività fisica, la formazione è un allenamento che ci fa trovare pronti quando si prospettano le gare più impegnative.
La concentrazione è tutto
Sono innumerevoli gli aspetti che interagiscono con un’azienda. Ed è proprio in questi contesti che spesso si impone l’assunzione di decisioni simultanee. Il rischio è quello di distrarsi e di perdere di vista ciò che realmente conta.
Anche in queste situazioni, la formazione contribuisce alla messa a fuoco delle cose davvero funzionali al miglioramento del business aziendale. Molte idee confuse valgono assai meno di una piccola idea precisa, attuabile, sostenibile.