Sì, proprio loro: le emoticon o emoji che dir si voglia. Ormai le troviamo ovunque, ma da quando esistono? La loro nascita è piuttosto controversa, ma a quanto pare il primo utilizzo documentato risalirebbe al 1982.
Le faccina sorridente 🙂 venne introdotta per etichettare un testo come “scherzoso”, dando così inizio a quella che potremmo definire una sorta di psicologia delle emoticon. Infatti, lungi dall’essere dei semplici segni grafici, le faccine vengono elaborate dalle stesse aree del cervello coinvolte negli incontri faccia-a-faccia. Per farla breve, portano dentro la scrittura il contagio emotivo che si esprime con il para-verbale e il non-verbale.
Le faccine cambiano i nostri modelli linguistici
È del tutto evidente che le emoticon non vengono scansionate mediante le procedure sequenziali che riserviamo alle parole, ma le “leggiamo” simultaneamente come comunicazioni emozionali. In questo senso, le faccine cercano di aggiungere alla scrittura il tono e la gestualità che utilizziamo abitualmente nelle interazioni “dal vivo”.
Tuttavia, per effetto della loro integrazione dentro la frase, inevitabilmente finiscono per subire il medesimo orientamento. L’impianto emotivo “funziona” solo se l’emoticon assume la direzione da sinistra verso destra 🙂 e non vale per il contrario )-: in cui la disposizione inversa fa perdere l’interpretazione immediata dei segni.
Emoticon e la comunicazione professionale
Come la mettiamo con il business? Non è che le faccine ci fanno passare per dei dilettanti? Il testo “arricchito” non rischia di apparire poco professionale? Tutte obiezioni legittime, ma poco al passo con le trasformazioni smart che da qualche tempo stanno investendo la comunicazione digitale a tutti i livelli.
Messe al bando le formule barocche “con la presente mail”, “i nostri ossequi” e l’inguardabile “le SS.VV.”, tutto è pronto per lo sdoganamento delle emoji. Del resto, soprattutto in un contesto istituzionale e/o commerciale l’attenzione maggiore è sempre sulle espressioni facciali. Cosa meglio delle faccine per tentare la surroga degli atteggiamenti che assumiamo (e interpretiamo) nelle relazioni a tu per tu?
Io stesso, negli A/B test per la mia newsletter ho potuto constatare l’incremento dei tassi di apertura per gli oggetti contenenti una o più emoji. Ovviamente, le mie sperimentazioni non hanno nulla di scientifico (sto parlando di qualche centinaio di indirizzi mail), ma consentono comunque di interpretare il cambiamento comunicativo in atto.
La trasformazione che vedo io va via via sostituendo i toni impersonali, freddi e, per molti versi, asociali (odio i risponditori automatici) con “segni” emotivi di varia natura, ma ovviamente pertinenti al contesto scritto.
Psicologia delle faccine
Rimanendo fedeli alla loro origine, le emoticon possono “dare una mano” nel caso si debbano smorzare gli effetti di un feedback negativo. Di converso, possono innescare una retroazione a più alto contenuto di comprensione e collaborazione.
Non posso partecipare alla riunione di oggi causa sopraggiunti impegni personali. Fammi sapere cosa mi sono perso.
Non posso partecipare alla riunione di oggi causa sopraggiunti impegni personali. Fammi sapere cosa mi sono perso 😉
Nella seconda versione, il messaggio acquista un “sapore” di maggiore complicità e probabilmente aumenta anche l’eventualità di una risposta.
Inoltre, non va sottovalutata l’attrazione magnetica delle emoji nell’oggetto della mail (non fosse altro per distinguersi dalla selva di messaggi che popolano quotidianamente il nostro client di posta), come pure una certa influenza sulla memorizzazione dei contenuti.
Esempi di emoji marketing
La General Electtric ha realizzato una tabella periodica degli elementi (emojiscience) associando a ogni simbolo un esperimento o un video di approfondimento.
L’organizzazione no-profit PETA (People for the Ethical Treatment of Animals) ha lanciato la campagna Cruelty Beyond Words utilizzando solo le emoji.
Ikea, consapevole degli equivoci che si generano in ambito domestico, ha realizzato un’app per la “comprensione e l’amore universale” nelle case.
Più o meno sulla stessa lunghezza d’onda si posiziona Mentos con le sue Ementicons.
Conoscere per non improvvisare
Appare scontato dirlo, ma i significati delle emoji non sempre sono così ovvi come potrebbe sembrare a prima vista. Per esempio, il senso dei colori dei vari cuori utilizzati su Instragram sono tutto fuorché equivalenti.
A prova di errore, c’è anche chi ha proposto la guida ufficiale ai significati delle emoji.
Ad ogni modo, prima di avventurarsi in una comunicazione a base di faccine, è sempre bene verificare che i significati non abbiano subito delle trasformazioni in relazione al gergo di alcuni gruppi culturali, all’età, alla posizione sociale.
Come è noto, il segreto della comunicazione efficace risiede nella sua autenticità. Se fino a ieri la nostra azienda parlava in doppiopetto, ribaltare completamente i canoni espressivi a colpi di emoticon apparirebbe forzato e finto. In questi casi, occorre una politica di transizione accompagnata, come non dirlo, anche da un look&feel omogeneo in tutte le attività di comunicazione.