Parlare in pubblico è un po’ come la prova del nove di quello che abbiamo imparato. Come dire, è la verifica infallibile dell’efficacia dei nostri studi, approfondimenti, miglioramenti.
Come tutti, ho sperimentato direttamente la grande differenza che passa fra sapere le cose e raccontarle. Un abisso.
Se ci ricordiamo, anche ai tempi della scuola, le nostre preferenze andavano prioritariamente per gli insegnanti con maggior capacità di coinvolgimento dell’aula. Non era in discussione la preparazione di tutti gli altri professori, semplicemente il “racconto” che facevano della loro materia ci lasciava (quasi) del tutto indifferenti.
A parte le abilità teatrali intrinseche alla faccenda, anche recentemente ho colto in molti relatori la massima attenzione sugli elementi da infilare dentro (dati, citazioni, video), senza tenere in nessuna considerazione cosa invece togliere. Mi ha fatto riflettere, ad esempio, il ricorso a frasi ormai stereotipate e, a mio avviso, del tutto negative ai fini di un buon risultato.
“Sto per farvi ridere”
Perché anticipare una battuta? E se, dopo questa sicura premessa, la platea non ride? I passaggi spiritosi (senza tuttavia abusarne) devono arrivare come un fulmine a ciel sereno. Cosa c’è di meglio dell’ironia che si insinua silenziosa e, ancora meglio, fa esplodere una fragorosa risata dopo qualche secondo?
“È la prima volta che parlo in pubblico”
Sei sicuro che questa sorta di alibi ti metta automaticamente al riparo dalle possibili critiche del pubblico? Anzi, con ogni probabilità, fin da subito le persone si convinceranno di aver sprecato il loro tempo. Se è la prima volta che parli in pubblico è un problema tuo o del pubblico?
“Scusate il mio nervosismo”
L’ansia da prestazione ti accompagnerà tutte le volte che salirai su un palco. L’esperienza ci dice che la tensione non è quasi mai visibile, per lo meno nella misura in cui la percepiamo noi. Tanto più che appena cominci a parlare, l’energia che si sprigiona brucia quasi subito gran parte della tensione. Quindi, perché se il pubblico spesso non nota nulla, devi raccontargli i tuoi stati emotivi?
“Siete stanchi?”
Per quanto possa essere interessante il tuo intervento, in platea ci sarà sempre un certo numero di persone attente, altre annoiate e altre ancora che non faranno certo mistero dei loro sbadigli leonini. Fatta questa precisazione, se hai ben dosato i tempi della tua presentazione, è del tutto inutile chiedere se la platea ne ha avuto abbastanza. Non sei un jukebox.
“Ho saputo solo ieri che dovevo fare questo intervento”
E allora? Non te l’avranno mica intimato con una pistola puntata alla tempia. Il pubblico si aspetta un intervento utile e impegnato. Se non sei sicuro di fare una grande presentazione, non farla.
“Non sono sicuro”
Tutto quello che è controverso, parziale e impreciso, va tolto dal discorso. Dire una cosa a metà (o meno) è peggio che non dirla per niente.
“Credo”
Va bene esprimere le proprie opinioni, ma mai e poi mai azzardare risposte su quesiti che ignori (quasi) completamente. Il pubblico apprezza molto più la sincerità (“non lo so”) che il “tirare a indovinare”.
Ho lasciato per ultimo quello che sembra essere diventato il new black delle presentazioni multimediali. Qualcuno mi spiega il senso di scrivere nell’ultima slide “Grazie per l’attenzione”?

