Fine anno: tempo di bilanci, di definizione dei budget e di presentazioni che spesso con la buona novella hanno ben poco a che fare. Il riferimento non riguarda l’andamento finanziario dell’azienda, quanto il modo con cui vengono esposti i numeri che, nella maggior parte dei casi, si trasformano in veri e propri “numeri” da circo.
Anche una relazione di fine esercizio si può trasformare in un’esperienza memorabile in grado di catturare l’attenzione, ispirare nuovi scenari, insegnare tecniche inedite. Peccato che gli unici istinti presenti siano quelli della noia, dell’apatia e dello “speriamo che finisca presto”.
E pensare che passare dal “fare tanto per fare” al fascino di una presentazione convincente serve solo una cosa: il tempo. Già, preparare una relazione, un intervento o una presentazione richiede del tempo, gran parte del quale speso a immaginare “se fossi dall’altra parte, ne sarei entusiasta o mi lascerei andare agli sbadigli?”.
È un dato di fatto, l’attenzione delle persone dipende esclusivamente dal vantaggio che ricavano da ciò che gli diciamo. Se questo non succede, stiamo buttando il nostro tempo e ne facciamo perdere agli altri.
Allora, cos’è che rende le presentazioni speciali, spettacolari, indimenticabili?
Focus sui vantaggi
Il “come funziona” manda tutti fra le braccia di Morfeo, mentre il “perché funziona” produce un coinvolgimento molto più efficace. Quando compriamo un trapano, vediamo solo il tassello conficcato nel muro dove appenderemo la foto di nostro figlio. In questo caso, se il commesso del megastore continua imperterrito a sciorinare solo le caratteristiche dell’attrezzo, ci ha irrimediabilmente perduti.
Allo stesso modo, una relazione di bilancio, dove il protagonista è solo un fitto foglio di Excel, ha lo stesso appeal di un paracarro. Al contrario, quando l’esposizione “parla” del futuro di ciascuno dei presenti, tutto diventa molto più coinvolgente.
Già nel primo minuto di relazione occorre aver dato una risposta plausibile alla domanda che tutto il pubblico si è fatto appena abbiamo preso in mano il microfono: “Perché dovrebbe interessarmi ciò che sta per dire questo qui (cioè, noi)?”.
Altri luoghi, altre persone
Sovente ho la sensazione (in alcuni casi è proprio una certezza) che i relatori vivano in un mondo parallelo dove ci sono solo loro. Ho sentito con le mie orecchie fare la medesima presentazione davanti a una sala di potenziali investitori e alla cena pre-natalizia degli auguri. È del tutto ovvio che pubblici diversi richiedano esposizioni diverse. Non fosse altro perché cambiano gli obiettivi.
Nove volte su dieci sappiamo quasi sempre chi abbiamo di fronte. Per questo, dobbiamo tarare gli argomenti e mettere a punto il registro emotivo per ogni tipo di pubblico.
Nei pochi casi in cui “andiamo alla cieca”, diventa fondamentale scoprire cosa c’è nella testa delle persone che abbiamo davanti. Il metodo più efficace per riuscirci è quello di fare domande e entrare in sintonia con la conversazione che già hanno nella loro mente. Va da sé, ancora una volta, la necessità di una preparazione (che non si improvvisa, of course) flessibile e adattabile in ogni situazione.
Ogni presentazione ha uno scopo
Se non abbiamo ben chiaro l’obiettivo che ci prefiggiamo con il nostro intervento, allora è meglio non fare nulla. Sia che si tratti di raccontare notizie buone, meno buone o completamente cattive, la presentazione di fine anno va inquadrata come un’attività “energizzante”. Ovvero, uno stimolo a migliorarsi, anche quando le cose vanno bene. Ne deriva la necessità di prepararla al meglio delle nostre possibilità.
In ogni contesto, anche in quello più problematico (bilancio in rosso, strategie di mercato da rivedere, errori di posizionamento), al pubblico va chiaramente indicata una rotta, un modello d’azione, un approccio convincente.
Raccontare un sacco di cose tutte in una volta ha solo lo scopo di confondere le persone che, a loro volta, si ritroveranno ancora più disorientate di quanto non lo fossero già.
“Ora siamo qui, insieme puntiamo ad arrivare qua”, ecco un modo per far sentire i partecipanti protagonisti dentro un processo che li riguarda direttamente. Così facendo, lo “scontato” Buon Natale pronunciato alla fine della relazione assume il suo significato più autentico: la sincerità.