6 cose che ho smesso di fare

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Strisce di colore lasciate dai fari nella notte.

Il mondo che abbiamo lasciato fuori dalla porta si reggeva sull’eccesso. Fare di più, sempre di più, era il mantra cablato sulle nostre azioni quotidiane.

E così ci siamo ritrovati a venerare l’accumulo di impegni e di cose senza nemmeno avere più il tempo di interrogarci su quello che stavamo facendo. In un certo senso, avevamo riempito il garage di scatoloni senza ricordarci più cosa gli stessi contenessero.

In questo periodo di quarantena non si può dire che ci manchi il tempo. Anzi, l’abbiamo proprio ritrovato, come quando ci accorgiamo di avere sulla testa gli occhiali che cercavamo affannosamente dappertutto, all’infuori che lì.

Questa imprevedibile situazione o, per lo stesso verso, l’aumento del tasso di autoriflessione, ci ha portato a valutare il senso delle nostre rotte dentro il cosiddetto consorzio umano.

La mia scoperta è stata la forza della moderazione. Una specie di filosofia basica in cui il “togliere” ha dato più valore a ciò che è restato.

1. Ho smesso di illudermi di poter fare tutto, per dare più valore al “poco”

Quando le tue routine vengono forzatamente stravolte, la prima cosa che ti balena in mente è quella di chiederti “E adesso cosa faccio?”. Io sono andato un po’ più avanti e ho aggiunto “Ma quello che faccio è tutto necessario?”.

Il primo ostacolo da superare è rappresentato dalla credenza che “fare qualcosa” è sempre meglio che non fare niente. Ma l’incongruità sta proprio qui, pur di confermare l’assunto (soprattutto agli occhi degli altri), va bene fare qualsiasi cosa.

Invece, ho trovato molto più produttivo (nel vero senso del termine) concentrarmi sulle cose essenziali. Per fare l’inventario di tutti i compiti quotidiani è sufficiente un minuto. È importante che questo elenco sia messo nero su bianco per vedere (che non significa guardare) dove è più utile concentrare i nostri sforzi. Et voilà! All’improvviso la gomma, quasi fosse dotata di vita autonoma, ci prende la mano.

2. Ho smesso di preoccuparmi delle critiche degli altri

Piacere a tutti è un’utopica illusione. Tanto più che i giudici più severi sono poi quelli che non risparmiano nessuno. E, in definitiva, finiscono solo per parlare male di loro stessi.

Quindi, anziché inseguire il “sogno” di convincere tutti, in particolar modo sui social media, ho preferito investire sul mio miglioramento. Non ho mai letto così tanto come in queste settimane.

Allo stesso modo, e ancora una volta il terreno è quello delle piattaforme sociali, ho imparato che non ha senso rammaricarsi per le offese. Perdevo un sacco di tempo a confutare, ribattere, arrabbiarmi, prima di realizzare che lo “sfregio” era sostanzialmente una mia percezione mentale. Il risultato immediato? Se non mi “sento” danneggiato, di fatto non lo sono.

Così, messo da parte l’ego, ho portato al centro il sistema delle credenze che, giocoforza, è diverso per ciascuno di noi, e di lì sono partito per andare oltre l’attacco personale a favore di una nuova opportunità per imparare ed espandere le mie conoscenze.

3. Ho smesso di credere nella soddisfazione che non ha uno scopo

Nel mondo di prima, più o meno consapevolmente, eravamo tutti (chi più, chi meno) vittime sacrificali di una sorta di dittatura edonistica. Una nuova specie di drogati alla ricerca ossessiva della prossima “botta di piacere”. Evidentemente, mai del tutto appagati a giudicare dall’incessante e martellante marketing dell’effimero.

E poi cos’è successo? Pur di uscire di casa (banale, eh?), abbiamo cominciato a bramare i 10 minuti di passeggiata col cane, la scusa della spesa più volte al giorno (“Ho finito lo zenzero”), la nonna, la zia, la cugina che hanno bisogno delle medicine. Morale? Lo scopo più importante della vita è vivere.

4. Ho smesso di guardare il futuro col telescopio

Come ti immagini fra 10 anni?”, era una delle tante domande “spiazzanti” fatte dai recruiter ai candidati di turno. Sono abbastanza sicuro che, passata la pandemia, non la sentiremo più fare per molto tempo.

Nel mondo veloce, dove tutto evaporava sul filo dei nanosecondi, il nostro pensiero andava subito al tetto, senza preoccuparci del singolo mattone necessario per costruire la casa.

È inevitabile che finiremo nel futuro, ma sarà il nostro modo di preoccuparci di quel tempo ignoto che farà la differenza. Non so dire cosa succederà da qui a un mese, a un anno e più, ma ho la certezza dei mattoni che oggi, giorno dopo giorno, sto posando.

Ovviamente, ho un progetto-guida, ma ho imparato a lavorarci con un mattone alla volta. Uno dopo l’altro. Ho cominciato ad apprezzare i piccoli, e piccolissimi, traguardi che, come un’inedita coda lunga, rendono il futuro meno incerto.

5. Ho smesso di lamentarmi di ciò che mi manca

Spesso, ciò che desideriamo è la sola cosa che vediamo. Ma siamo sicuri che la felicità abiti da quelle parti?

Anche qui, ho preso l’abitudine di scrivere tutti i giorni due o tre cose che mi appartengono (attenzione, sentire delle cose come “nostre” non significa che le stesse le possediamo) e ho scoperto che il mio concetto di scarsità non mi faceva vedere l’abbondanza che avevo attorno.

Tutti abbiamo molte più cose di quante immaginiamo. Così come, a conti fatti, sono più le situazioni favorevoli rispetto a quelle avverse.

6. Ho smesso di rimandare ciò che è davvero importante

Pensiamo di vivere mille anni e per questo non facciamo altro che rimandare a domani ciò che invece, proprio perché importante, andrebbe fatto subito.

Poi, inevitabilmente, ci ritroviamo a fare i conti con quella telefonata che ora non possiamo più fare, con quella risposta che adesso non arriverà più da nessuna parte, con quel nostro compito che poteva cambiare la vita di qualcuno, ma che oggi è diventato del tutto inutile.

Come facciamo a capire quali sono le cose importanti? Le cose importanti non sono cose, sono persone.

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6 cose che ho smesso di fare
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6 cose che ho smesso di fare
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Un mondo che corre veloce non ti dà il tempo di riflettere nemmeno su dove stai andando. Solo rallentando cominci a vedere il significato della tua corsa.
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Sergio Gridelli Blog
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Categorie: Coaching

Di Sergio Gridelli

Sono nato e vivo a Savignano sul Rubicone (FC), una piccola città della Romagna attraversata dal fiume che segnò i destini di Roma. PERCHÉ LO FACCIO Ho sempre pensato che l’impronta di ciascuno di noi dipenda da un miscuglio di personalità e di tecnica. Se questi due ingredienti sono in equilibrio nasce uno stile di comunicazione unico, subito riconoscibile fra tutti gli altri. Perché in un mondo tutto marrone, una Mucca Viola si vede eccome! COME LO FACCIO Aiuto le persone a trovare le motivazioni che le rendono uniche. Non vendo il pane, vendo il lievito. COSA FACCIO Mi occupo di comunicazione aziendale e della elaborazione di contenuti per il web. Curo i profili social di aziende e professionisti. Tengo corsi sulla comunicazione interpersonale, il public speaking, il marketing digitale e su come realizzare presentazioni multimediali efficaci.

4 commenti

  1. Una reale resa dei conti con se stessi e con propria coscienza.
    Illuminante come la singolarità del pensiero tenda all’universalità!
    Grazie Sergio!

  2. Grazie a te Michele!
    La ricerca continua dell’equilibrio è sostanzialmente un lavoro di sottrazione. È il “troppo” che ci rende instabili e per molti versi egoisti. Un esercizio che, come dici tu, non può che assumere caratteri di universalità.

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