Facebook e il “suo” anno meraviglioso

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“È stato un anno meraviglioso. Grazie di aver contribuito a renderlo tale”. Anche se in questi giorni di festa avete deciso di limitare le vostre scorribande su Facebook è comunque molto probabile che vi siate imbattuti in questa frase. Si tratta sostanzialmente di una cartolina digitale con le vostre foto più significative dell’anno che sta per finire.

A parte la grafica piuttosto dozzinale, il “diario personalizzato” viene imbastito da un algoritmo che “decide” quali siano stati i vostri momenti più belli. Ma un algoritmo, per quanto raffinato e complesso, è pur sempre un algoritmo. Succede quindi che i “momenti belli” possono essere tali per molte persone, ma non per tutte. Anzi, in alcuni casi il “riassunto” di un anno può rivelarsi molto fastidioso, se non addirittura crudele.

Questa involontaria crudeltà dell’algoritmo è il risultato di un codice che funziona nella stragrande maggioranza dei casi: ricorda alla persone l’anno fantastico che hanno avuto, mostra i loro selfie alle feste, la spiaggia all’esterno della loro casa delle vacanze o le balene fotografate durante un viaggio in nave. Ma per quelli tra noi che hanno subito la perdita dei familiari, o che hanno trascorso molto tempo in ospedale, o che hanno divorziato, perso il lavoro o che altro, forse potremmo non voler rivedere un’altra volta il nostro anno passato.

Sono le parole dello scrittore e consulente di web design Eric Meyer che all’inizio di quest’anno ha perduto sua figlia di sei anni a causa di un terribile cancro al cervello.

“È stato un anno meraviglioso. Grazie di aver contribuito a renderlo tale.”
“È stato un anno meraviglioso. Grazie di aver contribuito a renderlo tale.”

Nonostante Eric avesse evitato in tutte le maniere di aprire questo diario annuale (proposto con una certa insistenza da Facebook sulla sua timeline), non ha potuto però fare a meno di vedere il volto della figlia al centro della prima pagina dell’anteprima, peraltro attorniato da una serie di omini festosamente saltellanti. Va comunque detto che è poi possibile personalizzare l’intera carrellata di immagini, ma l’anteprima viene proposta automaticamente, senza alcun tipo di intervento da parte dell’utente.

Ora, è chiaro che la colpa non è dell’algoritmo. Un algoritmo interpreta esattamente le operazioni e le istruzioni di colui che l’ha realizzato. Per questa ragione, il padre della bambina ha suggerito a Facebook una serie di correzioni (aggiungerei, ovvie), come quella di lasciare all’utente la possibilità di vedere l’anteprima e di non pre-caricare le immagini senza il consenso dello stesso.

La risposta di Facebook è arrivata per bocca di Jonathan Gheller, product manager di questa funzione, denominata “Year in Review”. Sinteticamente, si legge sul The Washington Post, il colosso di Menlo Park ringrazia per l’attenzione e dice che terrà conto di questi suggerimenti in una prossima occasione.

Alla fine della storia le questioni sono sempre le stesse. Si può lasciare a un algoritmo (ripeto, che in quanto tale non ha colpa alcuna) la manipolazione delle nostre emozioni? Abbiamo bisogno di istruzioni matematiche per farci dire che ogni contatto è un nostro “amico” e che il nostro anno è stato “meraviglioso”? Ma, soprattutto, abbiamo davvero la necessità di pubblicare qualsiasi cosa, qualsiasi fatto, qualsiasi foto? È ovvio che Facebook non si inventa nulla, si “nutre” (anche molto avidamente) esclusivamente dei nostri e degli altrui “A cosa stai pensando?”, e allora tutta questa vicenda ci insegna (se questo può essere il termine giusto) che i nostri momenti più intimi andrebbero goduti prima ancora di fotografarli e appiccicarli nella nostra bacheca.

Non è mia intenzione fare alcuna morale, ma è molto probabile che il “nostro anno meraviglioso” sia solo quello che conserviamo dentro il cuore e che condividiamo con quelle due o tre persone che abbracciamo tutte le volte che possiamo.

Di Sergio Gridelli

Sono nato e vivo a Savignano sul Rubicone (FC), una piccola città della Romagna attraversata dal fiume che segnò i destini di Roma. PERCHÉ LO FACCIO Ho sempre pensato che l’impronta di ciascuno di noi dipenda da un miscuglio di personalità e di tecnica. Se questi due ingredienti sono in equilibrio nasce uno stile di comunicazione unico, subito riconoscibile fra tutti gli altri. Perché in un mondo tutto marrone, una Mucca Viola si vede eccome! COME LO FACCIO Aiuto le persone a trovare le motivazioni che le rendono uniche. Non vendo il pane, vendo il lievito. COSA FACCIO Mi occupo di comunicazione aziendale e della elaborazione di contenuti per il web. Curo i profili social di aziende e professionisti. Tengo corsi sulla comunicazione interpersonale, il public speaking, il marketing digitale e su come realizzare presentazioni multimediali efficaci.

4 commenti

  1. Sergio, quanto scrivi è sacrosanto!
    Trovo aberrante la manipolazione delle nostre emozioni da parte di un algoritmo che, come giustamente dici, non ha colpa, ma chi l’ha realizzato sì. E’ indegno che qualcuno che neppure sa chi sono decida il “mio anno meraviglioso” e lo metta in “piazza”.
    Quando non conoscevo facebook mi veniva spiegato da chi invece lo frequentava che è come trovarsi in “una piazza virtuale” dove c’è tanta gente che si incontra, ma non avevo capito che l’attività di queste persone venisse manipolata a tal punto.
    Quello che mi piace di facebook è la facilità e il piacere di condividere con altri notizie, avvenimenti, luoghi, pareri e opinioni, ma non capisco la necessità di pubblicare qualsiasi cosa, qualsiasi attimo privato della propria vita e di quella degli altri, spesso inconsapevoli di essere messi “in piazza” e di dire a tutti, e fra “tutti” ci si dimentica anche chi c’è, “a cosa stai pensando”…
    Il bisogno di una vetrina dove esporsi? Dove esporre le bellezze dei propri figli? Il bisogno di non sentirsi soli? O semplicemente volersi sentir parte di un comunità, se pur virtuale?

  2. Ci sono due livelli che convergono verso lo stesso obiettivo: Facebook lavora per fare soldi.
    Da una parte i “quindici minuti di celebrità” che tutti rincorrono, da ancora prima che lo dicesse Andy Wharol. Se un tempo andare in televisione non era esattamente alla portata di tutti, oggi il web 2.0 può far diventare delle “star” chiunque.
    Dall’altra il business di Facebook. Profilare le persone fino alle emozioni più intime per il marketing non ha prezzo. Anzi, ha un grande prezzo e Facebook lo sa.
    Allora, chiudiamo Facebook? Certo che no, ma almeno rafforziamo il nostro senso critico.
    Alla fine batto sempre lì: perché la scuola anziché insegnare i vari copia-incolla e salva-con-nome spacciati come “competenza informatica” (leggasi ECDL) non istruisce a una maggiore consapevolezza nell’uso di questi strumenti?
    Una volta c’era l’educazione civica. Sarebbe davvero il caso di rispolverarla, anche in chiave digitale.

  3. Vero, ma comunque Facebook ha solo aumentato nelle persone la ‘notorietà dell’effimero’. Ogni notizia, ogni foto che ci mostra in un momento di ‘gloria’ o di autocelebrazione è già persa nel cyberspazio non appena essa scende di qualche cm al di sotto della visuale del monitor; direi che lo scroll verticale che azionamo col mouse è un patetico tentativo di rievocare il passato; non è ciò che facevamo un tempo girando le pagine ingiallite di un album fotografico? Non sarei così tragico quindi: cambiano i tempi e in un certo senso i modi per proporci e farci ricordare. Quello che alla fine conta davvero è che dobbiamo ricordarci di vivere anche e soprattutto nel presente.

    1. Ciao Andrea, come non essere d’accordo? Del resto, come si vede tutti i giorni, si preferisce “annunciare” sulla rete la propria presenza in dato luogo piuttosto che viverlo in prima persona.Tuttavia, “vivere nel presente” come dici tu, oggi ha molto il sapore di una ricerca spasmodica di essere soprattutto presenti nel presente. E le sponde di questo modus vivendi vanno dalle varie forme di addictions digitali fino alla negazione del futuro. Dagli stimoli del tuo post ho ricavato questo: https://www.sergiogridelli.it/2015/01/01/tre-parole-per-il-nuovo-anno/
      Buona vita!

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